Capitolo 11

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Mi strofinai la manica chiara del vestito sul viso, per cancellare le ultime tracce di lacrime. Non sapevo da quanto avessi cominciato a piangere, ma sentivo la gola secca per i continui singhiozzi e lamenti.
James era accanto a me, seduto sul letto, che mi teneva stretta una mano e me la accarezzava dolcemente. Dall'altra parte, Sylver mi accarezzava la schiena, con movimenti lenti e delicati.
Tirai su con il naso, sentendo improvvisamente la loro vicinanza. Sorrisi loro, per ringraziarli. Ma il mio era un sorriso triste.
Un altro singhiozzo mi scosse. James mi strinse la mano.
Io scossi la testa, guardando la sua espressione preoccupata, sul volto.

"Scusa. Sto bene." trovai la forza per parlare.
La mia voce era rauca, graffiava contro le pareti della mia gola.
Cercai di deglutire, ma non ci riuscii. Avevo la gola asciutta.
Tentai di dargli conforto, prendendogli la mano, ma la preoccupazione non se ne andó da lui.

"Lilith, mi dispiace. Non avrei dovuto..." si fermó, scegliendo le parole, "...ho reagito in modo eccessivo.".
Abbassó lo sguardo, gli occhi puntati sulle nostre dita intrecciate.
Ora, James sembrava essere piú giovane di anni, rispetto a poco prima, quando si era mostrato per il vampiro che era. Rabbrividii e scacciai il pensiero, ancora tremante.
"Noi vampiri siamo molto...affezionati ai nostri figli. Quando mi hai detto di andarmene, ho sentito, dentro di me, una rabbia improvvisa, come se tu mi stessi allontanando da mio figlio. Mi dispiace.".
Teneva gli occhi bassi, imbarazzato per il proprio sbaglio. Ma non era stato l'unico a sbagliare.
Scossi la testa.

"Ho avuto paura." ammisi.
James alzó la testa di scatto.
Le parole scivolavano lentamente, sulla mia lingua. Guardai, con la coda dell'occhio, Sylver. Lei stava guardando la mia schiena.
"Ho avuto paura che tu...." nonostante Sylver non mi stesse guardando negli occhi, avvertii la sua sofferenza.
Non riuscii a terminare la frase. Posai solo la mano, intrecciata a quella di James, sulla mia pancia, sperando che capisse.
Scorsi la sua gola muoversi, con la coda dell'occhio. Stava deglutendo. Forse per imbarazzo, forse spaventato da se stesso.

"Ma non è stato solo quello." sussurró Sylver.
Mi voltai verso di lei, titubante.
Lei, ora, mi stava guardando negli occhi. Non per fulminarmi. Ma perchè non riusciva ad abbassare lo sguardo sulla mia pancia.
Distolsi lo sguardo, imbarazzata. Sia per la sua reazione, sia per quello che avrei dovuto dire. Come aveva fatto Sylver a capire che non avevo solo avuto paura di James, ma che era successo anche qualcos'altro?
Annuii lentamente, cercando di trovare le parole a mia volta per poter dire tutto quello che avevo visto fino ad allora. L'ultima volta che avevo cercato di spiegarlo, a James, lui mi aveva preso per pazza.
Mi strofinai di nuovo la manica del vestito sul viso, non per pulirmi, ma per darmi forza. Presi un respiro profondo.
La porta si aprí, un ticchettio inconfondibile invase la stanza, precedendo l'arrivo della rossa.
Scattai in piedi. James e Sylver se ne sarebbero dovuti andare! Ma come? La rossa li avrebbe scoperti. Li avrebbe uccisi come Mike!
No!
La rossa entró, senza bussare, nella stanza, il suo abito strisciava sul pavimento di pietra. Si fermó, non appena mi vide.

"Sei qui." disse.
Le mani mi tremavano. Non osavo muovermi. Non le risposi.
"Non guardarmi con quella faccia. Vieni in camera mia.".
La rossa si avvicinó alla porta, poi si giró verso di me.
"Adesso." ordinó, gli occhi stretti a fessure.
Deglutii, ma inutilmente. Non avevo nemmeno aria, nei polmoni.
Credevo che la rossa avrebbe reagito molto piú drammaticamente, ordinando di uccidere Sylver e James. Ma sembrava non accorgersi nemmeno della loro presenza.
"Lilith, non voglio parlare con te di queste cose qui. Non finchè ho il traditore del mio regno a piede libero, insieme al nostro nemico." i suoi occhi si addolcirono, mi prese per il polso e mi condusse alla porta.
Tentai di opporre resistenza, ma inutilmente. La rossa continuava a tirare, spingendomi sempre di piú fuori dalla mia camera.

"No!" sbottai.
Serrai la bocca e spalancai gli occhi, ma la mia opposizione fece mollare la presa alla rossa. Ritirai il braccio e la guardai, spaventata.
Avrei dovuto allontanarla dalla camera il prima possibile.
Prima che decida di uccidere Sylver e James.
Loro non intervenivano. Non si sentivano nemmeno i loro respiri.

"Lilith, sono la tua regina." scandí lentamente la rossa, ogni parola una coltellata.
Scossi la testa lentamente. Poi, annuii. Non era la mia regina. Ma era bene che lei lo credesse.
Cercai di ignorare la rabbia che leggevo nel suo sguardo, il disappunto sul suo viso.
Cosa le avrei detto?

"Cosa devi dirmi?" le chiesi.
Lei sorrise ed alzó gli occhi al cielo.

"Non posso dirtelo qui. La mia stanza è piú sicura. In questa, potrebbero esserci orecchie indiscrete a sentirci." il suo sorriso lasciava intendere che aveva capito.
Non potei evitare di guardare Sylver e James, sul mio letto, preoccupata per loro. Ma, quando lo feci, temetti di aver avuto un'altra illusione: James e Sylver non c'erano piú.
Mi voltai di nuovo verso la rossa, confusa.
Lei inarcó un sopracciglio.

"Posso..." non riuscii a trovare un'idea convincente; una goccia mi cadde lungo la schiena, "...asciugarmi i capelli?".
La rossa rimase a guardarmi, in silenzio. Il mio corpo era teso, trattenni i tremiti.
Alla fine, mi rispose.

"Va bene, ma sbrigati." uscí dalla stanza senza aggiungere altro.
Il mio corpo si sciolse dal sollievo. Lasciai andare il fiato, che avevo trattenuto fino a quel momento, da quando era entrata la rossa in camera mia.
Non appena la porta si richiuse, dietro la rossa, avvertii un rumore, dietro di me.
Mi voltai di scatto e, quasi, non credetti ai miei occhi: l'armadio era aperto. E, dal suo interno, uscirono una treccia ossigenata ed un ciuffo biondo.
Sbattei le palpebre, sorpresa.
Sylver notó la mia confusione e mi sorrise. Mi fece l'occhiolino.

"I trucchi del mestiere. Vai da quella narcisista e riferiscici quello che ti dice.".

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