Capitolo 47

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Canzoni per il capitolo:
Unsteady X - Ambassadors
Echo - Jason Walker

"Shila, Darren, Trevor, Liam e Cassandra." il Capitano presentó i propri figli, dal piú grande al piú piccolo, indicandoli alternativamente, man mano che li chiamava.
Li guardai a mia volta: avevano dei lineamenti comuni, come gli occhi profondi e la mascella pronunciata. Le femmine, invece, avevano gli zigomi sporgenti e dei piccoli boccoli all'attaccatura dei capelli.
Shila era accanto a me e, quando venne chiamata, abbassó lo sguardo, come se avesse paura di essere chiamata per nome.
Al contrario, la bambina che avevo ritrovato, Cassandra, mi saltó in braccio e mi strinse in un piccolo abbraccio.
Non riuscivo a realizzare davvero quella cosa: davvero erano tutti figli del Capitano? Ma quella bambina era sotto la tutela delle guardie. Doveva aver perso i genitori.

"Cassie, vieni via dalla principessa. Papà le deve parlare." la riprese, con tono stanco, Shila, prendendola ed allontanandola da me.
Cassandra mi osservó, divertita, poi guardó la sorella, sorridente.

"Mamma è tornata!" gridó ancora e Shila le pose un dito sulle labbra, intimandole di fare silenzio.

"Papà deve parlare." la rimproveró di nuovo.
Cassandra, quindi, annuí e guardó il Capitano, trepidante. Sembrava contenta del fatto che suo padre dovesse parlare con me, come se il Capitano avesse dovuto farmi una confessione davvero importante.
I tre bambini, nel frattempo, si sedettero accanto al padre, il bambino piú grande alla sua sinistra, gli altri alla sua destra.
Il Capitano aveva le mani unite, intrecciate, in attesa di avere la mia attenzione. Il suo sguardo era nervoso.

"Capitano, la ascolto." non sapevo perchè avevo deciso di usare lo stile formale, ma mi ero rivolta al Capitano come avrei sempre dovuto fare.
Il Capitano prese un lungo sospiro e si guardó le dita, prima di cominciare a parlare.

"Questa cosa risale...a molti anni fa." cominció.
Sembrava che su di lui incombesse il peso di un macigno, che gli opprimeva il petto. Le sue spalle erano incurvate, la schiena era piegata in avanti. Il suo sguardo era puntato al pavimento.
Delicatamente, tentai di far continuare il Capitano nel modo piú confortevole possibile per lui: non mi sembrava una conversazione facile quella.

"Quanti anni, precisamente?" domandai, scandendo lentamente la frase.
Avrei dovuto mettere il Capitano a proprio agio.
Lui guardó di sottecchi il figlio a destra, Darren, poi tornó a guardare il pavimento. Quindi, rispose.

"Qualche secolo fa.".
Rimasi in silenzio, in attesa che continuasse.
Il Capitano tornó a sedersi normalmente, non piú piegato in avanti, e guardó sua figlia Shila. Non me.
"Qualche secolo fa, avevo una moglie.
Ero sposato, l'ho sposata dopo appena cinque anni di fidanzamento. All'epoca, eravamo, ero, un ragazzo spensierato. Non mi preoccupavo di ció che mi accadeva attorno, nè delle conseguenze delle mie azioni. Se volevo una cosa, cercavo di ottenerla in ogni modo. A costo di ogni cosa.
Lei era come me." Al ricordo della moglie, la bocca del Capitano si curvó leggermente verso l'alto. "Abbiamo dato alla luce cinque splendidi figli e avevamo in programma di averne altri: pensavamo che ogni possibilità dovesse essere colta al volo e che tutti avessero il diritto ad avere la vita.
Ma il nostro desiderio non si è mai realizzato.
Dopo cinque mesi da quando avevamo avuto Cassandra, io, lei e Cassandra siamo andati in un posto, il posto in cui io e mia moglie ci eravamo incontrati per la prima volta. Era una tradizione che avevamo deciso di mantenere: mostrare ai nostri figli il luogo dove i loro genitori si erano incontrati.
Ci avevano avvisato piú volte, in quei cinque anni: ci avevano avvertiti che, tra gli alberi vicini a quel posto, si aggirava un lupo. Ma io e mia moglie, anche se sposati, eravamo giovani. E credevamo che nulla avrebbe potuto rompere il nostro stato di serenità.
Ma è stata la sera dell'incendio la sera in cui il lupo si è mostrato a noi. È stata la stessa sera in cui io e mia moglie ci eravamo recati nel solito luogo da mostrare anche a Cassandra.".
Il Capitano prese una pausa, in cui chiuse gli occhi e serró la mascella, espirando.
Shila alzó gli occhi su di lui e poggió la testa di Cassandra sulla sua spalla, come se avesse voluto addormentarla. I tre bambini non ebbero alcuna reazione.
"Quella notte, sono stato trasformato." Il Capitano aprí gli occhi, fulminanti come sempre. "E ho ucciso mia moglie.
Ho cercato di trattenermi, ma sentivo il terribile bisogno di...è una cosa orribile.
Lilith, quando ti trasformano, sia in licantropo sia in vampiro, a quello che so, perdi totalmente il controllo. Appena comincia la trasformazione, entri in uno stato di follia totale, in cui vorresti solo...fare qualcosa di folle. Qualsiasi cosa. La follia puó essere voler abbandonare la propria famiglia, sapendo perfettamente che, cosí, la farai preoccupare per te, ma potrebbero essere cose ben peggiori, come il voler rovesciare il proprio regno ed il voler uccidere qualcuno. Anche la persona che ami di piú.
E io...l'ho fatto. Ho ucciso mia moglie.
Poco dopo la trasformazione, ho visto mia moglie, davanti a me, che mi stava chiamando, con Cassandra in braccio, spaventata, terrorizzata, che piangeva contro la spalla di sua madre. Anche mia moglie piangeva. E supplicava il mio nome. Aveva paura. Erano state entrambe terrorizzate. Non dal lupo, ma da me.".
Shila cominció ad accarezzare i capelli di Cassandra, mentre lei restava immobile, sulla spalla della sorella. Sembrava capire di cosa stessimo parlando io e suo padre.
"Piú guardavo mia moglie, piú sentivo il desiderio di ucciderla, o, perlomeno, di farle provare quello che avevo provato io, in quel momento. Era un desiderio folle, ma inevitabile.".
Ci fu un attimo di pausa.
"L'ho uccisa. Ho provato a trasformarla, saltandole addosso e facendo cadere Cassandra a terra, rischiando di farle davvero male, solo facendola cadere, e ho azzannato mia moglie. Sul collo. Sulle braccia. Dovunque avessi potuto farlo." Gli occhi del Capitano si richiusero. "Rowena ti avrà detto che non tutti gli umani sono adatti ad una vita da licantropi, seppur il loro fisico sia il piú forte. È una cosa che viene da dentro.
E lei, questa cosa, non ce l'aveva.
Mia moglie...non ce l'ha fatta.
Sono riuscito a fermarmi poco prima di ucciderla davvero a morsi, ma, quando sono tornato umano e lucido, l'ho vista davvero: era pallida, piena di sangue e scossa dagli spasmi. Era magra. Il suo corpo si stava coprendo di macchie. L'ho vista morire. E l'ho uccisa io.
Da quel momento, Cassandra scambia ogni persona con cui parlo e sto spesso con sua madre. Anche lei ha visto mia moglie morire. Ma lei era solo una bambina. Anche adesso lo è, ma solo fisicamente.
Cassandra ha subito un trauma e niente potrà levarla dalla situazione psicologica in cui si trova adesso, anche se abbiamo provato piú volte ad aiutarla.
Ma appena sente nominare sua madre, comincia a piangere, o scappa da questo posto, l'unico posto in cui i miei figli possono stare al sicuro, lontani da eventuali pericoli o da proteste delle altre guardie.
Nessuno sa della mia storia, se non Rowena, i miei figli e, ora, tu.
Secondo le altre guardie, io sono la guardia fedele, la guardia che ha un legame particolare con Rowena, la guardia leale. Per loro, non sono l'assassino, che, in realtà sono. E, soprattutto, per loro, non sono l'assassino di Reina, cosa che, invece sono.
Lilith, sono stato io a dare fuoco al villaggio di Reina e Rowena, quella stessa sera.".
Gli occhi del Capitano si aprirono e si puntarono su di me, magnetici. Io non riuscii ad aprire bocca.
Non riuscivo a capire cosa volesse dire.
"Dopo aver visto mia moglie morire, ho abbandonato Cassandra sola, in quel luogo, con la madre morta.
Ero ancora nello stato di follia, ma avevo deciso volontariamente di abbandonarla: non sapevo cosa mi stesse succedendo, ero sconvolto e non volevo fare del male anche a mia figlia.
Sono scappato di lí, tentando di capire dove dovessi andare e cosa fosse successo, e l'unico posto che trovai, nelle vicinanze di quel luogo sperduto in cui ero, era stato un piccolo villaggio.
Era il villaggio di Reina, James e Rowena.
Appena sono arrivato nelle strade di quel villaggio, ho sentito di nuovo l'estremo desiderio folle che avevo provato poco prima: il desiderio di far provare agli altri la stessa cosa che stavo provando io, dolore, rabbia, frustrazione.
Ho preso una torcia, attaccata al muro esterno di una casa e, senza riflettere, ho cominciato a dare fuoco al villaggio. Mi sono trasformato. Ho cominciato ad uccidere tutti gli abitanti, a morsi.
Poi, il fuoco ha raggiunto la casa di Rowena, che, distruggendosi, ha ucciso anche Reina, come ti ha detto Rowena.
Quando sono tornato umano, ho visto il disastro che avevo combinato, il fuoco che ardeva ancora ed inghiottiva tutto. E, davanti a me, una ragazza, Rowena. Mi chiedeva di ucciderla, piangendo, perchè diceva di non voler continuare a vivere senza sua sorella, appena morta.
Durante quella notte, si sono succeduti momenti di follia a momenti di lucidità, quindi non so esattamente cosa sia successo, ma, il giorno dopo, io ero sotto il suo controllo. Sapevo solo di averle chiesto di aiutarmi a controllarmi. E lei ha continuato a ripetermi che mi avrebbe aiutato a controllarmi solo se l'avessi aiutata a vendicare sua sorella.
Quindi, il vero assassino sono io. James ha solo compiuto un errore. Io ho commesso il vero crimine.".
Le parole del Capitano aleggiavano nell'aria, cariche di tensione. Il suo discorso era stato intenso e privo di leggerezza. Ogni sua parola era stata misurata, avevo visto sul suo volto lo sforzo di raccontare quella tragedia, che aveva egli stesso vissuto in prima persona.
Io avevo la gola secca. Ero sbalordita per tutto ció che aveva detto il Capitano.
Questo si alzó subito in piedi e si avvió verso la porta d'uscita. Fece scattare la serratura.
"Lilith, vieni nella stanza degli allenamenti: ho bisogno di distrarmi." mi ordinó.
Io, senza opporre alcuna resistenza, per chiudere quel discorso, mi alzai dal letto di Shila e, guardando un'ultima volta i bambini, seguii il Capitano fuori da quella stanza.

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