Capitolo 25

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"Allora, accetti o no?".
Dimitri si era allontanato di nuovo, l'espressione sul suo viso era imperscrutabile, era di nuovo il re dei vampiri. Non era piú Dimitri, quello che si era avvicinato a me e mi aveva sussurrato all'orecchio. Ero felice di questo cambiamento. Era tornato al suo posto, permettendomi di pensare.
Non sapevo cosa avrei voluto rispondere. Certo, l'offerta era allettante, la mia libertà in cambio del suo trono, ma altrettanto impossibile. Rowena non mi avrebbe mai permesso di lasciare il suo regno. Non dopo tutto quello che era successo.
E non sapevo ancora cosa pensare su James e su ció che aveva fatto a me. A Reina. Avevo bisogno di tempo per pensare, pensare davvero. Dopo un mese, da quando ero entrata nel turbine di intrighi, lotte ed amori, non mi ero mai presa del tempo per pensare a me, a quello che volevo davvero: ero sempre stata influenzata dal tempo, dai vampiri, dai loro nemici.

"Non lo so." ammisi, infine.
Dimitri non avrebbe avuto tanto tempo quanto me, per poter riprendersi il potere, ma era necessario che la scelta fosse mia. Davvero mia. Non di Reina. Non di Dimitri. Mia.
Dimitri annuí lentamente, controllava i propri movimenti, non lasciando trapelare nulla.

"Allora, le auguro una buona giornata." mi congedó, aprendo un braccio verso la porta, invitandomi ad uscire.
Ignorai le formalità che mi aveva rivolto Dimitri, probabilmente con tono canzonatorio, ed uscii velocemente dalla stanza.
Avevo bisogno di tempo. Avevo bisogno di stare da sola.
Ma non feci in tempo a chiudere la porta della sala degli allenamenti, che sentii la voce di una donna rimbombare tra le pietre del corridoio, che portava alla mia camera.

"Com'è possibile che sia uscita senza che tu la vedessi?" gridava.
Anche a quella distanza, la voce di Rowena era inconfondibile, come le sue parole. Era furiosa. Me la immaginavo già, che gesticolava ed inveiva contro qualcuno di innocente, qualche sua guardia che non aveva svolto il proprio dovere al meglio.
Ma, non appena mi avvicinai e Rowena entró nel mio campo visivo, mi accorsi che la persona contro cui inveiva Rowena non era una persona totalmente innocente.
Rowena stava ancora gridando, investendo di insulti la guardia della mia stanza, che teneva gli occhi bassi e tremava, ogni tanto gridava qualche scusa e si inginocchiava, poi si rialzava e ripeteva il tutto. Si dimostrava la guardia debole ed obbediente di Rowena. Ma non era realmente cosí. E Rowena non lo sapeva.
"È venuta in camera ed è scomparsa?!" gridava Rowena.
Al suo fianco, il Capitano teneva le braccia incrociate al petto, all'apparenza tranquillo, come se non stesse assistendo ad un possibile caso di omicidio: nel caso Rowena avesse voluto uccidere la guardia, avrebbe potuto farlo. Qualsiasi colpa avesse o non avesse avuto la guardia.
Mi avvicinai lentamente, cercando di non farmi accorgere dai tre, per poter origliare la loro conversazione, ma non riuscii a capire molto di ció di cui stavano parlando, prima che il Capitano puntasse i suoi occhi su di me. Toccó la spalla di Rowena, attirando la sua attenzione, e la fece voltare verso di me.
Cavolo.
Feci finta di niente, ripresi a camminare normalmente, come se non avessi visto niente. Mi avvicinai alla porta, consapevole dello sguardo di tre licantropi su di me, tre paia di occhi che scorrevano sulla mia pelle e sul mio vestito. Camminare davanti a loro mi metteva in soggezione, come se, solo guardandomi, avessero potuto capire cosa avevo appena fatto. Con chi avevo parlato. Cosa che avrebbe fatto infuriare ancora di piú Rowena, che, ora, si trovava dietro di me, mentre aprivo la porta di legno della mia camera, superando la guardia.
Abbassa la maniglia ed entra!, mi ordinai, mentre afferravo il pezzo di ottone. Non aspettare!
"Dov'eri finita?".
Per poco non saltai, quando Rowena gridó, rivolta a me. Le sue parole erano accusatorie, sospettose. Ma erano anche velate da un leggero strato di preoccupazione.
Non girarti.
Se l'avessi ignorata, se fossi riuscita ad entrare in camera, avrei potuto avere del tempo per pensare. Avrei potuto allontanare Rowena.
Come non detto.
Rowena capí le mie intenzioni e mi afferró per il braccio, le sue dita sottili aggrappate al mio gomito, le sue unghie che si conficcavano nella mia pelle, lasciando segni sempre piú rossi. Non potei piú evitarla.
Mi voltai verso di lei e cercai di divincolarmi dalla sua stretta, ma invano: la sua pelle era ancora attaccata alla mia, come i suoi occhi, incollati ai miei, accusatori. Era come se qualcuno mi stesse scavando dentro, cercando di capire a cosa stessi pensando. Ma Rowena non era brava come il Capitano. I suoi occhi, oltre alla preoccupazione, oltre al sospetto, oltre ad essere accusatori, erano pieni di rabbia. Non riusciva a vedere dentro di me per la rabbia.
Perció, non sarebbe riuscita a capire ció a cui stavo pensando, non come i vampiri.

"Lasciami!" sibilai, sostenendo il suo sguardo.
Mi sentivo a pezzi. Dopo la confessione della rossa. Dopo la confessione di Dimitri. Avevo bisogno di tempo.
Rowena, peró, strinse la presa e mi fulminó con lo sguardo.

"Lilith, dove sei stata?" ripetè lei, il tono cupo, come il mio.
Rimasi un secondo ad osservarla. La sua fronte era quasi aggrottata, non erano ancora comparse rughe, ma questo solo per il sospetto. Se Rowena non fosse state sospettosa, si sarebbe trasformata in un lupo in un secondo, per la rabbia. Perchè non le avevo risposto subito, come uno dei suoi cagnolini.
Ma era chiaro che avrebbe scoperto tutto, se avessi tenuto ancora la bocca chiusa. E questo avrebbe complicato ancora di piú le cose.

"Avevo bisogno di pensare." mentii.
La mia scusa non reggeva. Perchè sarei dovuta andare in giro per la struttura, se avessi avuto bisogno di pensare? Mi diedi uno schiaffo mentale per la stupidaggine che avevo detto.
Tuttavia, Rowena sembró accettare la mia scusa, sembró piú comprensiva, quasi. Allentó la presa sul mio braccio e si ritrasse.

"Mi dispiace per il poco preavviso. Ero venuta a dirti che abbiamo un Consiglio." disse.

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