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Red Hot Chili Peppers:
Dark Necessities

I passi miei e di Duncan riecheggiano nel corridoio che ho oltrepassato nemmeno mezz'ora fa, facendo da sfondo al nostro silenzio che, a dire il vero, non trovo tanto imbarazzante

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I passi miei e di Duncan riecheggiano nel corridoio che ho oltrepassato nemmeno mezz'ora fa, facendo da sfondo al nostro silenzio che, a dire il vero, non trovo tanto imbarazzante. Infondo siamo abituati a comunicare in questo modo, come se avessimo una specie di radar per captare ogni segnale di fastidio che riguarda noi due.

So bene che col suo passo svelto mi sta chiaramente dicendo "Le muovi quelle cazzo di gambette corte?!" ed io, col mio metro e settantatré, sto replicando con foga "Guarda che posso benissimo superarti ad occhi chiusi!" mettendo in mostra tutto l'orgoglio che ho, arrivando ad affiancarlo quando siamo praticamente già fuori. Anche se le mie gambe urlano pietà, non cederò con facilità.

«Hai fatto un grave errore non mettere il casco, sapevo fossi sciocca ma non fino a questo punto...» Arriviamo alla sua moto; l'ho superato per un pelo, guadagnandomi una vistosa alzata di occhi da parte della Marmotta che ha capito perfettamente tutto il gioco.

«Lo sai bene che i programmi erano altri, ma a pensarci me ne pento di non avertela lasciata lì in mezzo al nulla!» Non è vero, ma almeno non so...un piccolo grazie mica può nuocere al suo ego, no?

Fa un giro attorno al suo bolide, scannerizzandolo per bene. Una sonora pacca raggiunge la pelle lucida facendomi leggermente sussultare, riportando in seguito quegli occhi guardigni su di me, cosa che non faceva da quando si è proposto di darmi un passaggio. Non so perché questa sua iniziativa, magari vuole sdebitarsi oppure, scelta più plausibile, non vuole avermi sulla coscienza. Non che mi sia rimasto molto se riuscissero a prendermi il portafogli, ma ho il mio cellulare a cui tengo particolarmente, e sono pronta a difenderlo con le unghie e con i denti s'è necessario. Non perché sono quella maniaca che non riesce a staccarsi da esso ma è stato un auto regalo fatto col sudore della fronte, aiutando i miei nelle loro faccende o altro; non intendo certo solo faccende di casa, ma anche lavorative dove sono diventata la segretaria personale di entrambi, svolgendo cose completamente diverse sia per l'uno che per l'altra.

E qui mi fermo.

Il signore e la signora Richardson sono quei genitori che vogliono far sudare i traguardi; per loro non importa quanti soldi si abbiano, non hanno mai voluto che crescessimo con quell'ombra di ottenere le cose facili rischiando di farci diventare delle persone superficiali, senza sapere cos'è il sudore e la fatica. Spero di diventare almeno la metà di quello che sono sempre stati, dei genitori fantastici.

«Mostriciattolo, non l'avresti fatto...» Sibilla, continuando ad accarezzare la pelle cremisi. «So che non avresti avuto il coraggio.» Finisce, dedicandomi uno sguardo carico di quell'impertinenza che non lo molla mai.

«Certo che avrei avuto il coraggio...Marmotta, ma non ho voglia di sborsare altro per te quindi ho reso solo le cose molto più semplici per me stessa. E smettila di chiamarmi Mostriciattolo, non abbiamo più tredici anni!» Questo suo legame con i soprannomi deve finire, soprattutto col mio. Però mi duole ammetterlo che è un vero portento; ha sempre avuto una grande immaginazione, a partire dal dare nomi ai suoi animali, o a quel cane bianco enorme che incontrammo da bambini. Poteva scegliere qualsiasi nome da dargli, suggeritogli anche dalla pelliccia, come bianco, neve, nebbia...e lui scelse Niveo, un modo unico per riassumere l'aspetto di quel cagnone. Poi scoprimmo che si chiamava Ercules, e il padrone era un anziano signore molto dolce che pretendeva che il suo pari fosse libero da ogni catena e guinzaglio.

𝐁𝐄𝐇𝐈𝐍𝐃 - 𝑫𝒊 𝑵𝒖𝒐𝒗𝒐 𝑻𝒖Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora