Capitolo VII

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Mancano tre giorni allo spettacolo. Tre fottutissimi giorni. Elena è super agitata e la sua insegnante non fa che peggiorare la situazione. È appena uscita dalle prove, dove non ha fatto altro che provare e riprovare la sua parte per ben tre ore. Si sente stanca, prosciugata da tutte le sue energie dopo una giornata così. E se pensa che domani dovrà ritornare per altre prove e la prova dell'abito, ha quasi un mancamento. Ma deve tenere duro, non manca molto.
Con in spalla il suo borsone nero dell'Adidas si incammina verso la fermata dell'autobus pregando in cuor suo di non dover aspettare molto. Siamo a fine settembre e il freddo in alcune giornate comincia già a farsi sentire. Caso vuole che oggi sia proprio una di quelle giornate. Elena ovviamente non si è preoccupata di portarsi un qualcosa di più pensante oltre al suo giacchetto di pelle. Ci manca solo che le venga la febbre, pensa, poi Natascha la ucciderebbe veramente.
In fermata ci sono poche persone ma questo basta per farle tirare un sospiro di sollievo. Forse l'autobus non è ancora passato. Butta il borsone per terra e recupera una sigaretta dalla tasca del giubbotto. L'accende e fa il primo tiro mentre si guarda intorno, mentre osserva la sua città, le macchine sfrecciare davanti a lei. E si perde nei suoi pensieri, alla settimana che sta quasi per giungere a termine, a tutte le cose che ha fatto che sono ben poche.
Quando siamo piccoli non vediamo l'ora di crescere e di diventare grandi, ma la realtà è che siamo degli ingenui perché una volta adulti non abbiamo più tempo per fare tante di quelle cose che abbiamo sempre sognato. Siamo schiacciati dagli impegni lavorativi, dallo studio e anche da tutti quei pensieri che a volte la notte non ci permettono di dormire bene. Da piccoli invece non abbiamo pensieri, non abbiamo preoccupazioni, ci sembra tutto perfetto. Ed Elena si ritrova a pensare che vorrebbe tanto tornare in quei periodi, anche se non ha mai avuto rapporti con i suoi genitori, anche se la sua infanzia non è stata rosa e fiori, perché sarebbe pur sempre migliore di quella che ha adesso da adulta.
La sigaretta le si consuma fra le dita, in quella fredda giornata d'ottobre mentre aspetta questo maledetto autobus che oggi non vuole proprio saperne di arrivare. È stanca di aspettare quindi decide di camminare verso la fermata metro più vicina anche se il solo pensiero di prendere quel mezzo le fa accapponare la pelle. Non sa precisamente perché, ma non è un amante della metro, la prende solo se necessario,come in questo momento.
Quando riesce finalmente a tornare a casa è ancora più stanca di prima. Sono le due e tra tre ore deve essere a lavoro. Dovrebbe studiare lo sa, cominciare a preparare qualche esame ma davvero non ne ha le forse, per cui decide di rintanarsi in camera sua e buttarsi sul letto per riposare un po'. Non ha nemmeno la forza di prepararsi da mangiare, vuole solo dormire altrimenti non riuscirà a superare la serata di oggi, anche se di solito durante la settimana il locale non è poi tanto affollato.
Suo fratello come al solito non c'è, è a lavorare e non tornerà prima dell'ora di cena. Questo vuol dire che non si vedranno sino alla fine del suo turno. Sbuffa infastidita e recupera bruscamente la coperta, dalla sedia accanto alla scrivania e si sdraia a letto, coprendosi con quella. Imposta la sveglia per le tre e mezza e poi si addormenta.
Sono le sei precise del pomeriggio quando Elena mette piede nel locale. Viene accolta dalla collega, dietro al bancone, che le sorride.
"Sto morendo di fameee" gli fa sapere sedendosi sullo sgabello di fronte a lei e accasciandosi sul bancone. Forse non era stata una buona idea quella di saltare il pranzo. A dimostrazione di quello che ha appena detto il suo stomaco brontola, facendola sbuffare esasperata e facendo ridacchiare Karen che la guarda divertita.
" Guarda che qui si mangia anche è" la prende in giro.
"Dammi un panino allora ti prego" la supplica Elena che davvero non c'è la fa più.
L'amica ridacchia prima di dirigersi in cucina e tornare poco dopo con un bel panino per lei.
Elena sembra riprendere vita perché si solleva di scatto dal bancone e guarda la collega, anzi quello che ha in mano con esattezza, con gli occhi a cuoricino. Karen gli posa il piatto davanti e le sorride.
"Grazie" gli dice sinceramente grata prima di afferrare il panino.
Sa che non dovrebbe mangiare carboidrati a quell'ora del giorno ma davvero sta morendo di fame e non può di certo lavorare così, rischiando di svenire per la fame durante il servizio. Quindi fanculo, di sicuro non sarà questo ad ammazzarla. Si ripromette però che non salterà più un pasto prima di andare a lavoro.
" Perché non hai mangiato?" indaga la collega davanti a lei che intanto sistema il bancone, finendo di posizionare i bicchieri appena usciti dalla lavastoviglie.
Gli altri ancora non sono arrivati quindi hanno tutto il tempo di scambiare quattro chiacchiere in sanata pace. C'è solo Bob, ma lui non esce quasi mai dal suo ufficio, se non per comunicare qualche cambio di programma o cose simili e per controllare ogni tanto come va la serata.
" Non avevo voglia di cucinare" le risponde pulendosi la bocca con il fazzoletto e alzandosi per buttare il tutto nella spazzatura.
Ora si che si sente molto meglio.
"Sei proprio una cogliona" le dice Karen e lei non può proprio controbattere.
Per cui la raggiunge dietro al bancone prendendo il suo grembiule.
"Tu tutto apposto?" le domanda avendola vista strana.
Non è allegra e pimpante come sempre. Di solito l'accoglie con un abbraccio o con una palpata al suo didietro. Invece oggi niente, solo un misero sorriso.
"Si vede così tanto é?" risponde sarcascastica forzando un sorriso.
"Che cosa è successo?" gli domanda apprensiva poggiando la mano su quella di lei intanta ad asciugare un bicchiere.
Karen si ferma e la guarda sospirando.
"Ho litigato con Laura" le risponde sincera abbassando lo sguardo.
"Vuoi dirmi che cosa vi ha portato a litigare?" prova a farla aprire.
Perché a volte parlare con una persona che ti vuole bene può aiutare. E lei questo lo sa bene. Così lascia che l'amica si sfoghi con lei e gli racconti tutto.
"Vedrai che risolverete tutto. Vi amate, si vede, ed è questo quello che conta" gli dice alla fine di tutto abbracciandola.
Gli sfrega le mani sulla schiena finché non si è tranquillizzata.
"Grazie. Mi ci voleva proprio" ammette staccandosi da quell'abbraccio.
Ed Elena le sorride come per dirle che è tutto apposto ed è contenta che ora si senta un po' meglio.
"Tu invece hai parlato con Elijah?" gli chiede e lei scuote la testa colpevole, ricevendo così una canovacciata sul braccio che la fa lamentare.
"Ma che cosa aspetti a farlo!" le dice con voce stridula.
" Non riesco mai a trovare il momento giusto. Le poche volte che lo vedo stiamo così bene che non c'è la faccio a tirare fuori l'argomento. Non voglio rischiare di rovinare quei pochi momenti che abbiamo" ammette sincera abbassando la testa.
" Lo so. Ma non potete andare avanti così se non sei più felice" cerca di farla ragionare la collega.
"Ma io sono felice, non più come prima é vero. Ma sono felice" ribatte cercando di convincere soprattutto se stessa.
Forse la verità è che non vuole ammettere a se stessa che è da un po' di tempo che non si sente piu come prima. Che non sente più lo stesso sentimento travolgente nei confronti del suo ragazzo. Non sa perché o come sia potuto succedere e questo la destabilizza. Forse se riuscisse a trovare il coraggio di affrontare la situazione le cose potrebbero migliorare.
Karen non fa in tempo a ribattere che nel locale fanno ingresso Perrie seguita da Tom. Quest'ultimo le saluta solare mentre la bionda le sorpassa senza dire nulla chiudendosi negli spogliatoi. Elena e Karen si guardano negli occhi a questo comportamento e poi alzano le spalle ridendo. Perché in fondo a nessuna delle due importa veramente.
Il loro turno é cominciato già da qualche ora e la serata procede tranquilla. Non c'è tanta gente per fortuna e così le due colleghe hanno il tempo di respirare. Elena ha già fatto la sua pausa sigaretta trenta minuti fa, ma sente improvvisamente la voglia di fumare ancora quando al Momo fa il suo ingresso Zayn Malik con appresso i compari. I loro occhi si incrociano e lei smette per un attimo di respirare quando lui le regala un sorriso. Nessun saluto, nessuna parola, nemmeno quel suo modo di chiamarla che tanto la irrita. Solo quel suo solito sorriso arrogante. Come se avesse voluto dirle "lo so che sei felice di vedermi". Così gli è semplicemente passato davanti per andare poi a sedersi al suo solito posto. Ed Elena durante il resto della serata tra un cliente e un altro non ha potuto fare a meno di guardarlo di tanto in tanto. Di domandarsi il perché questa sera non sia ancora venuto al bancone per stuzzicarla. Perché lo aveva capito che lo faceva apposta solo per infastidirla. E forse a lei cominciava a piacere quel loro continuo battibeccare. In questa settimana avevano avuto più occasioni per parlare. Il moro si era presentato più volte durante gli incontri pomeridiani con i suoi amici, o semplicemente all'uscita dell'università per venire a prendere Liam. Non aveva cambiato idea sulla sua persona ma semplicemente la sua presenza non la infastidiva più tanto come prima. Non sapeva esattamente il perché, forse lo stava solo conoscendo meglio e capendo che non era poi cosi male come pensava. Con questi pensieri per la testa non si accorge nemmeno che è arrivata l'ora della chiusura. Perrie e Tom sono intenti a pulire il pavimento mentre lei pulisce il bancone e Karen mette tutto nella lavastoviglie. La svuteranno domani mattina i loro colleghi. Bob abbandona finalmente il suo ufficio per venire a calcolare l'incasso della serata. E evidentemente felice per il risultato ottenuto viene ad abbracciarli tutti congratulandosi con loro per l'ottimo lavoro svolto.
"Elena?" la richiama Bob poco prima che lei lasciasse il locale.
"Ti aspetto fuori" le sussurra Karen accanto a lei.
"Si Bob?" si gira prestando tutta la sua attenzione al suo capo.
"La prossima settimana potresti sostituire Perrie di mattina?" le chiede.
E lei si passa una mano tra i capelli in difficoltà. Quando aveva fatto domanda per questo posto di lavoro, aveva specificatamente chiarito che non poteva assolutamente lavorare la mattina per via delle lezioni all'università.
"Bob lo sai, io..." comincia ma il suo capo non la fa finire nemmeno di parlare
"Ti prego Elena, non te lo chiederei se avessi altre alternative. Ma purtroppo non ne ho" gli dice quasi con tono disperato.
E lei non può proprio evitare di accettare. In fondo può saltare per una settimana l'università non succederà niente no? Poi ha sempre Ludovica che la terra aggiornata su tutto. Per cui si ritrova ad annuire.
"Va bene" gli risponde anche se a malincuore.
"Grazie. Mi hai salvato" gli risponde contento venendo ad abbracciarla.
Gesto che le fa venire la pelle d'oca. Non sa perché si sia preso tutta questa confidenza, lei non gliela ha mai data. Così indietreggia subito per levarselo di dosso, mascherando però il suo fastidio con un sorriso di circostanza.
"Ovviamente verrai pagata per queste ore in più" le fa sapere.
"Perfetto Bob" gli sorride.
Almeno con questa cosa gli entreranno dei soldi in più.
"Ora devo proprio andare. Non vorrei fare tardi" cerca di congedarsi perché non vuole stare da sola per troppo tempo con lui.
Soprattutto dopo che è venuta a conoscenza delle sue scappatelle con Perrie. Non vuole che pensi di poter fare la stessa cosa anche con lei. Solo il pensiero le fa venire il voltastomaco. E poi Karen la sta aspettando fuori.
" Certo Elena" le dice con un sorriso.
Così gli volta le spalle avviandosi verso l'uscita.
"Ti serve un passaggio a casa?" é di nuovo la sua voce a farla fermare sul posto.
Lo sente avvicinarsi e posargli una mano sulla spalla quando lei ha già la sua sulla maniglia. Domanda che la fa gelare sul posto e spalancare gli occhi. Non sarebbe mai salita in auto con lui anche se fosse stata l'unica alternativa possibile.
Si gira a guardalo mantenendo quell'espressione scioccata e fa un passo indietro in modo da far scivolare quella mano via dalla sua spalla.
"N-no. C'è mio fratello qua fuori" risponde insicura, balbettando all'inizio perché davvero questa domanda non se l'aspettava, la spaventava anche.
Così senza aggiungere niente altro si congeda con un cenno dell capo e una volta messo piede fuori, nell'aria fredda di Londra torna a respirare. Non si é nemmeno accorta di aver smesso di farlo.
Karen, che è rimasta fuori ad aspettarla come promesso la guarda con un sopracciglio alzato per via della sua espressione metà scioccata e metà terrorizzata. Nemmeno Bob le avesse messo le mani addosso. Ma quella richiesta così inaspettata l'ha spaventata lo stesso.
" Che é successo?" le domanda raggiungendola.
" Bob voleva accompagnarmi a casa" la informa sussurrando.
"Porca puttana sei seria?" sbotta la sua amica guardandola anche lei sconvolta.
E Elena annuisce soltanto.
" Che porco!" continua ancora, passandole subito dopo la sigaretta che stringeva tra le dita, permettendole di finirla.
Lei se la porta subito alle labbra aspirando avida il fumo e rilassandosi all'istante sentendo il fumo in circolo nel suo corpo.
"Tuo fratello sta arrivando?" le domanda Karen passandosi una mano sul volto stanco.
"Si" le risponde annuendo.
Ma in realtà é una menzogna.
Nessuno sarebbe venuto a prenderla quella sera. Perché Klaus era a casa malato, con la febbre alta.
"Tu vai a casa. Non c'è bisogno che mi aspetti. Vai a casa a far pace con la tua ragazza" continua dandole una piccola spinta di incoraggiamento.
Non vuole che scopra che gli ha mentito, altrimenti si offrirebbe di accompagnarla a casa e lei non vuole scomodarla. Si vede che anche la sua amica é stanca e ha bisogno di dormire.
" Va bene. Va bene" dice ridacchiando, alzando le mani in aria in segno di resa.
"Mandami un messaggio però appena sei a casa. Così sto più tranquilla" prosegue avvicinandosi per stringerla in un abbraccio e lasciarle un tenero bacio sulla guancia.
"Si può fare. Buona notte svitata" la deride ricambiano l'abbraccio.
"Buona notte brutta stronza" le risponde a tono la collega allontandosi.
La saluta con la mano mentre si dirige alla macchina. E lei aspetta che l'amica salga e si allontani prima di avviarsi a piedi verso la fermata dell'autobus più vicina.
Sono quasi le due di notte ma fortunatamente non fa tanto freddo quella sera, o per lo meno lei non lo sente. Si guarda intorno ammirando la città che poco a poco si spegne, i negozi per la maggior parte chiusi, i ragazzi, la gente intenta a tornare alle loro case. Anche lei sta aspettando di andarci se solo l'autobus glielo permettesse. Deve ammettere però che non si sente stanca come suo solito, forse perché la serata è stata piuttosto tranquilla. Si ferma a pensare, per la decima volta, crede, nell'arco della giornata che tra esattamente tre giorni ha il suo spettacolo di danza e che forse ma forse sente già l'ansia prendere il sopravvento. Ha già dato i biglietti del teatro a suo fratello, al suo ragazzo, ai suoi due migliori amici, a Liam e anche a Karen. Perciò una parte del suo compito, anche se minima l'ha già fatta. Almeno è una cosa in meno a cui pensare.
Viene distratta dai suoi pensieri dal rombo di una moto che freccia, a una velocità sicuramente non consentita dal codice stradale, davanti a lei. È passata così veloce che ha avuto giusto il tempo di vederne il colore.
Nero.
Come il nero della notte.
La stessa moto che dopo qualche minuto torna indietro e si ferma proprio davanti a lei. Ed Elena in quel momento è spaventa a morte. Perché in quella fottuta fermata c'è solo lei e nessun altro. Perché se chiunque ci sia su quella moto ha intenzione di derubarla o peggio, nessuno potrà aiutarla. Non riesce nemmeno a muoversi dal proprio posto, nemmeno a respirare, mentre stringe la mano attorno alla borsa pronta a correre in caso qualcosa vada male. Non riesce a capire chi si nasconda sopra quella moto, il volto della persona davanti a lei è perfettamente nascosto dal grande caso che indossa, anche quello rigorosamente nero come la Kawasaki sulla quale è sopra.
Lo sconosciuto alza il braccio per sfilarsi il caso ed Elena fa un passo indietro seriamente spaventata. Sente improvvisamente caldo e che potrebbe morire da un momento all'altro. Ma quando finalmente riesce a riconoscere il volto che si cela dietro al caso tutti i muscoli del suo corpo teso si rilassano e tira un sospiro di sollievo tornando a respirare normalmente.
Cazzo ha avuto una fottuta paura.
"Ciao Angelo" la saluta quella voce, la sua voce.
Accarezzando quel soprannome, che ancora si ostina a darle, con una strana dolcezza, insolita nella sua persona.
Elena sbatte gli occhi più volte ancora visibilmente scossa prima di ritornare al cento per cento in se.
"Fanculo Malik! Mi hai fatto prendere un colpo" gli fa sapere incazzata con un tono di voce decisamente alto rispetto al normale.
Ma cazzo davvero l'ha spaventata fottutamente tanto.
Lui a quell'affermazione accena solo un sorriso, cosa che la fa arrabbiare ancora di più se possibile.
Brutto stronzo.
" Cosa ci fai qui tutta sola? " le domanda ridacchiando della sua espressione ancora spaventata.
Non credeva avrebbe reagito così.
" Non sono affari tuoi" gli risponde piccata incrociando le braccia al petto e fissando gli occhi nei suoi.
" Non l'avevamo già superata questa fase?" le fa notare alzando un sopracciglio e sbuffando con quella bella bocca carnosa che si ritrova.
Non sa nemmeno perché si sia ritrovata a fissargli le labbra. Forse sarà stata attirata da quel suono. Fatto sta che non può evitare di alzare gli occhi al cielo e di sbuffare a sua volta.
"Eh va bene" si arrende.
Perché in questi gironi aveva imparato a detestarlo meno. Perché in questi giorni avevano parlato, certo non tanto, ma lo avevano fatto e a lei non era sembrato più tanto malvagio rivolgergli la parola.
" Sto aspettando l'autobus per tornare a casa" gli fa sapere lasciando ricadere le braccia lungo il corpo, ora più tranquilla.
A quelle parole lo vede annuire e smontare dalla sella. Non riesce a capire che cosa voglia fare fino a quando non tira fuori un secondo casco e glielo allunga.
"Sali. Ti accompagno io" gli spiega nel caso non lo avesse capito.
"No no, scordatelo" afferma negando anche con la testa.
Non ha alcuna intenzione di salire su quella cosa, sopratutto con lui. Vuole arrivare a casa viva e sicuramente quello non è un buon inizio affinché questo avvenga. E poi non vuole fargli sapere dove abita. Già se lo ritrova ovunque vada ormai, non vuole rischiare di ritrovarselo anche lì.
"Non era una domanda" gli fa sapere buttandogli praticamente il casco addosso.
Lo afferra tra le mani giusto per non farlo rotolare a terra.
" Non ci salgo lì sopra" obietta indicando l'oggetto in questione con un cenno del capo.
"Hai paura per caso?" la sfida sorridendo.
"Non ho paura" ribatte prontamente sostenendo il suo sguardo di sfida.
"Allora sali" la incita, sapendo di averla ormai in pugno.
Lei sembra tentennare un po' ma dopo sbuffa.
È fatta.
Ha vinto.
"Fanculo!" la sente esclamare.
E ride rinfilandosi il casco e salendo sulla sua bambina. Si alza la visiera giusto per stuzzicarla un altro po'.
"Tranquilla non andrò veloce" gli dice con tono divertito facendole l'occhiolino.
"Fottiti Malik" sputa alterata spingendolo dalla spalla.
Gesto che lo fa ridere di gusto. Ma si zittisce subito quando la sente salire dietro di se e stringergli le mani attorno al busto.
Non sono mai stati così vicini.
Riesce a percepire il suo buon profumo e il calore del suo corpo contro il proprio. Si concede un secondo per chiudere gli occhi e godersi tutto questo.
"Allora?" lo incita la sua voce.
Vuole che parta?
Bene allora. Sorride anche se non può vederlo e parte sgommando. Più va veloce più la sente stringersi a lui. Freccia per le strade di Londra senza ascoltare le indicazioni per accompagnarla a casa. Perché non è lì che vuole portarla. Perché è tutto il giorno che non la vede, che non la infastidisce e ne ha sentito la mancanza. Vuole passare un po' di tempo con lei.
Quando Elena si accorge di quello che sta accadendo gli batte un pugno sulla schiena, ma viene bellamente ignorata.
Cazzo.
Lo ammazzerà una volta scesa da lì. Se mai scenderà.
Lo sapeva che non doveva lasciarsi convincere.
Appena la moto si ferma davanti a un McDonald salta giù più incazzata che mai, levandosi in malo modo il casco è guardandolo con l'espressione più truce che riesce a trovare. Lui invece sembra non curarsi della sua espressione furente e si toglie il casco in tutta tranquillità facendoselo passare poi lungo il braccio.
"Ma che cazzo fai Malik!" comincia a sbraitare spintonandolo dal petto e portandolo ad indietreggiare.
"Dai su calmati Angelo" gli dice mantenendo quel tono calmo che la fa uscire, se possibile ancora più fuori di senno.
"Vaffanculo cazzo! Lo sapevo che non dovevo fidarmi di te" continua a sbraitare imperterrita.
"Ehi! Ti ho detto che ti avrei accompagnato a casa ma mica quando" dice in sua difesa alzando all'aria le braccia.
Lei lo guarda sconvolta, con gli occhi a palla e la bocca spalancata.
Sta scherzando spera.
Oh come vorrebbe strozzarlo.
"Mi stai prendendo per il culo?" gli dice infatti.
"Perché siamo qui?" continua indicando il fast food alle sue spalle.
E lasciando cadere l'argomento, tanto è inutile continuare non capirebbe.
"Avevo fame" si giustifica alzando le spalle.
E in quel momento se fossero stati in un cartone ad Elena sarebbe uscito il fumo dalle narici.
"E non potevi prima accompagnarmi a casa?" gli fa notare portandosi le mani sui fianchi.
"Che posso dirti, allo stomaco non si comanda" continua ridacchiando e facendola sbuffare.
Ok ora li strozza.
"Ti odio" sibila furente.
Lui la ignora e la supera toccandole un braccio per incitarla a seguirlo all'interno del locale.
A quell'ora di notte non c'è quasi nessuno, fatta eccezione per loro due e per un gruppetto di ragazzi che sembravano appena uscita da una discoteca.
Lo segue in silenzio e si ferma proprio accanto a lui davanti alla cassa.
"Che cosa prendi?" le chiede voltandosi con il capo a guardarla.
Lei solleva lo sguardo e lo fissa guardandolo ora bene sotto le luci del locale.
Gli occhi.
Gli occhi sono sempre gli stessi, di quel colore particolare che tanto le piace.
Non ha mai visto occhi così e ogni volta si ritrova a guardarli rapita dalla loro bellezza. Ha lasciato crescere la barba e deve dire che così sembra ancora più bello.
Ma cosa le prende?
Non dovrebbe proprio pensarle queste cose.
Cavolo qualche minuto fa era incazzata nera con lui ed ora si ritrova a fargli i complimenti.
Cazzo che stupida.
"Non ho fame" così gli risponde in modo scontroso per cercare di camuffare il suo vero stato d'animo.
"Sicura? Non avrai un altra occasione" la informa ridacchiando.
"Sicurissima" conferma la sua precedente risposta.
"Come vuoi Angelo" le risponde tornando a concentrare la sua attenzione ai menù appesi in alto.
Sta morendo di fame perciò decide di strafare ordinando un super menù. Lascia i soldi alla ragazza, che gli sorride, dietro al bancone e poi vanno a sedersi.
Uno di fronte all'altro.
Elena è impacciata, non sa come comportarsi.
È vero sono usciti già un paio di volte con Ludovica e Liam ma mai da soli. Perciò si guarda intorno pur di evitare lo sguardo dell'altro, che invece è concentrato sulla sua figura. Gli piace osservarla, non gli interessa nemmeno di essere beccato sul fatto. Le si legge in faccia che è stanca, dagli occhi che le sono diventati più piccoli. L'ha osservata anche al locale interagire con i clienti e ridere di non sa quale cosa con la sua collega. Sa che sta sprecando un sacco di tempo prezioso ai fini della scommessa fatta qualche tempo fa con i suoi compagni, ma lei di sicuro non è una tipa facile. Gliela sta facendo pesare, ma può farcela.
"Come è andata oggi la serata al locale?" le domanda decidendo di rompere il silenzio e di toglierla dal imbarazzo.
Vuole metterla a suo agio, farle capire che possono parlare tranquillamente.
Elena richiamata dalla voce del moro gli rivolge la propria attenzione.
" È andata bene. Oggi la situazione era tranquilla" gli risponde serena.
Che domanda poi. Dovrebbe saperlo anche lui visto che è stato la maggior parte del tempo lì.
Vorrebbe chiedergli come mai quella sera al locale avesse deciso di ignorarla, ma si morde un labbro per evitare di parlare, di dare forma ai propri pensieri perché non vuole che sappia che forse in realtà ci sperava che si fermasse a parlare con lei, anche solo il tempo per stuzzicarsi a vicenda. Quello scambio di parole, il loro scambio di parole la faceva divertire alla fine.
"La tua di serata come è andata?" gli chiede perciò alla fine.
E Zayn a quella domanda non sa proprio come rispondere. Vuole sapere come sono andati i suoi affari di droga quella sera oppure del tempo trascorso nel locale? Ma poi gli importa veramente o è stata solo una domanda di cortesia? In entrambi i casi decide comunque di evitare l'argomento droga. Non gli piace parlarne e in più è uno dei fattori che la spinge lontano da lui. Perciò meglio evitare.
"Bene" si limita a risponderle.
Non può nemmeno essere considerata una risposta. Ma a lei non sembra interessare.
Qualche minuto più tardi sono entrambi più tranquilli ed Elena si ritrova anche a ridere a causa di alcune battute del moro. Sta così bene che non si sente nemmeno più tanto stanca. Sorride allungando una mano oltre il tavolo per afferrare una delle ultime patatine dal vassoio di Zayn e sotto lo sguardo scioccato di quest'ultimo se la porta alle labbra.
"Meno male che non avevi fame" la prende in giro ridendo di lei.
"Ti sei finita tutte le mie patatine" continua ridendo.
"Non è vero!" controbatte Elena fingendosi offesa, ma alla fine si lascia sfuggire un sorriso.
"Dai mangiona ti accompagno a casa" esordisce alzandosi dal suo posto e prendendo il casco dalla sedia accanto.
Si alza anche lei recuperando la sua giacca e lo guarda con un sopracciglio alzato.
"Che c'è?" le chiede mentre si passa una mano fra i capelli.
"Questa volta mi accompagni a casa sul serio?" gli chiede sospettosa e lui ride.
"Questa volta sul serio...Croce sul cuore" le risponde divertito disegnandosi la croce sul petto.
Elena ride e lo segue all'esterno, montando dopo di lui sulla moto e infilandosi il casco.
"Non andare veloce" si raccomanda mentre allaccia le braccia attorno al suo corpo.
All'inizio aveva pensato di non farlo, ma poi per paura di cadere aveva ceduto al suo istinto di sopravvivenza.
Sa che probabilmente le sue parole non verrano ascoltate visto la sua guida spericolata precedente, ma ci prova lo stesso.
Come aveva immaginato anche questa volta il moro non ha rispettato i limiti di velocità imposti dalla legge, ma sono arrivati comunque sani e salvi davanti casa sua. Merito anche delle sue ottime indicazioni stradali.
Smontata dalla sella gli restituisce il casco e lo ringrazia del passaggio. Anche se visto l'orario avrebbe fatto sicuramente prima con l'autobus. Ormai sono quasi le quattro del mattino. Klaus probabilmente starà dormendo cosa che deve fare anche lei. Perciò gli sorride mentre indietreggia sul vialetto.
"Buona notte Malik" lo saluta così, col sorriso sulle labbra.
Lui alza la visiera del suo casco per farsi vedere e le sorride.
"Buona notte Angelo" le dice calcando sull'ultima parola.
Lei ridacchia mordendosi un labbro. Orami è così abituata ad essere chiamata così che non le da nemmeno più fastidio. E poi chissà perché la chiama così. Forse un giorno glielo chiederà.
"Smetterai mai di chiamarmi così?" gli chiede alla fine con tono divertito.
" Smetterò quando tu smetterai di chiamarmi per cognome" le risponde anche lui con lo stesso tono accompagnando il tutto con un occhiolino.
Elena non controbatte, gli volta solo le spalle lasciandosi scappare un sorriso ora che non può vederla e lo saluta con la mano, senza voltarsi, mentre raggiunge la porta.
Zayn dal canto suo aspetta che sia al sicuro dentro le mura della sua casa prima di ripartire.

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Buongiorno ragazze sono tornata!
Scusate per l'assenza prolungata ma sono stati mesi difficili e impegnativi che mi hanno tenuta lontana dalla stesura di questo nuovo capitolo che spero vi piaccia.
Beh alle prossima xx

Come un uraganoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora