Capitolo XI

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Si sveglia di colpo nel cuore della notte, Zayn. Si mette a sedere ancora scosso e si guarda in torno nel buio della sua stanza per cercare di regolarizzare i battiti del suo cuore, troppo accelerati in quel momento. Si passa una mano sul volto, cercando di controllarsi, di calmarsi, e poi tra i capelli accorgendosi che sono bagnati.
È sudato.
Non gli è mai capitato di svegliarsi nel cuore della notte per un incubo. Perché si, ha avuto un incubo. Non ricorda bene il brutto sogno che ha preso possesso della sua mente. Ricorda solo alcuni spezzoni, alcuni sprazzi e ne rimane ancora più spaventato. Perché ha sognato quell'accaduto,che tormenta i suoi pensieri anche di giorno. A spaventarlo non sono tanto i ricordi di quella giornata, ma il pensiero che questa possa ossessionarlo, che non riesca a dimenticarsene. A quella consapevolezza spalanca gli occhi sconvolto e batte i pugni sul materasso.
"Vaffanculo" sussurra incazzato.
Chiude gli occhi e appoggia la testa alla testiera del letto per cercare di smettere di pensare, per cercare di rallentare i battiti cardiaci del suo cuore che a quel pensiero, se possibile, hanno cominciato ad aumentare ancora di più.
Quando sembra essere riuscito a calmarsi decide di alzarsi dal letto per farsi una doccia, il pigiama gli si è appiccicato addosso e gli dà fastidio, urtando ancora di più il suo umore già precario. Per fortuna che ognuno di loro ha un bagno privato nella propria stanza, santo Liam che ha scelto bene, altrimenti avrebbe svegliato tutti. E l'ultima cosa che vuole è che gli facciano domande sul perché sia già in piedi o il perché della sua faccia stravolta. Perché sa di avere una faccia stravolta.
Entrato nel bagno accende la luce e si sofferma a guardare la sua immagine riflessa nello specchio. Due occhi grandi, da far paura, circondati da delle belle occhiaie e la barba troppo cresciuta. Ma non ha le forze per radersi, non ha le forze per fare nulla ora come ora. Si sente completamente stanco. Mente e corpo stravolte. Perciò decide che la lascerà così.
Fanculo.
Apre l'acqua della doccia girando la manovella affinché l'acqua esca bollente e quando raggiunge la temperatura si sbarazza dei vestiti sudati e si getta nella doccia, posizionandosi proprio sotto il getto. Chiude gli occhi non appena il vapore caldo lo travolge e sospira sollevato sentendo ogni muscolo del suo corpo rilassarsi.
Finalmente.
Ma quando esce dalla doccia, quel senso d'angoscia è ancora presente e lui davvero non sa che cosa fare. Non vuole sentirsi così. Odia sentirsi così.
Si lega un asciugamano in vita, frustrato, e ritorna in camera. Guarda l'ora sul suo orologio sopra al comodino che segna quasi le sei del mattino e sa già che non riuscirà a tornare a dormire, infatti nemmeno ci prova. Indossa solo la sua tuta nera dell'adidas, recupera il cellulare , le chiavi di casa e le sigarette ed esce senza fare rumore. Forse con una buona corsa riuscirà a scacciare i tormenti che quel sogno gli ha suscitato e che rischiano di soffocarlo.
Ma dopo un'ora di corsa, all'aria fresca delle prime luci del mattino, si ritrova al punto di partenza. Non è cambiato niente. Anzi sembra essere peggiorato perché lui sembra essere più nervoso di prima. È arrabbiato, frustrato perché non può credere che non sia servito a niente.
Cosa deve fare per sentirsi meglio?
La risposta sembra manifestarsi quasi come opera del destino. Durante la corsa passa davanti alla sua palestra e decide di entrarci. Forse tirare una serie di pugni al sacco da box potrebbe aiutarlo a liberarsi da tutto. Quello che non si aspetta di trovare è Mark, l'amico di sua madre nonché proprietario della palestra, in pantaloncini, occupato a tirare ganci al sacco. Si interrompe quando lo vede.
" Zayn!" lo accoglie sorpreso, ma allo stesso tempo felice di vederlo lì.
E il moro è costretto a fingere un sorriso e a mascherare il fastidio che prova nel vederlo in quel momento. Pensava di non trovare nessuno a quell'ora e di poter dar libero sfogo alla sua rabbia. Ma evidentemente si sbagliava.
"Mark" lo saluta perciò con poco entusiasmo avvicinandosi a lui.
"Che cosa ci fai qui così presto?" gli domanda col sorriso e in questo momento il moro vorrebbe solo prenderlo a pugni per levargli quel sorriso dalla faccia.
Allo stesso tempo però, si sente in colpa, a pensare certe cose, perché Mark lo ha sempre trattato come un figlio e non si merita la sua rabbia. Perciò cerca di darsi una regolata e respira per cercare di calmare i nervi.
"Volevo solo allenarmi un po'" si giustifica alzando le spalle.
" Mi fa piacere. Se vuoi ti tengo il sacco e ti do qualche consiglio" si offre.
Zayn sa che non ha scelta, che se anche si rifiutasse, Mark rimarrebbe sempre lì. Quindi non si oppone. In più Mark è un perfetto allenatore di box. Ricorda ancora perfettamente le ore passate al suo corso di box, tutti i consigli che ha preso e le strigliate. Ma gli sono servite, perché ora non se la cava poi tanto male in quella disciplina che ha amato sin da subito. Era proprio quello che ci voleva per far sfogare un adolescente frustrato e pieno di rabbia come lo era lui a sedici anni, quando ha messo piede per la prima volta lì dentro. Ha ancora molto da imparare da Mark. Non che sia venuto lì per un'altra delle sue lezioni ovvio. Il suo vero intento era solo quello di sferrare qualche pugno, senza pensare alla tecnica o ad altro.
" Per me va bene" gli risponde alla fine.
Ma poi si ricorda di non avere con se i suoi guantoni. Non che gli fossero serviti se Mark non fosse stato lì. Ha sempre preso il sacco a pugni a mani nude in quelle occasioni. Gli permetteva di tornare a sentire qualcosa. Di trasformare il dolore mentale, l'apatia, in dolore fisico e il fatto di non poterlo fare ora, lo irrita terribilmente.
" Non ho i guantoni con me" lo informa quasi dispiaciuto.
Ma in realtà è solo incazzato. Vorrebbe solo che si levasse dai coglioni per dare sfogo alla sua rabbia che rischia di accenderlo come un cerino, in questo momento.
" Puoi usare i mei" gli risponde allora comprensivo Mark, allungandogli i suoi guantoni arancioni.
Zayn gli sorride prima di levarsi la felpa e la maglietta rimanendo così a torso nudo. Indossa i guantoni del suo allenatore, che gli vanno un po' grandi e poi si avvicina al sacco, pronto a scatenare la sua furia. E infatti è quello che succede subito dopo. Comincia a colpirlo, ripetutamente, con tutta la forza che ha, sotto lo sguardo preoccupato di Mark che tiene saldamente il sacco per evitare che questo si rompa sotto i pugni rabbiosi del ragazzo davanti a lui. Ha capito che non sta bene, che ha bisogno di sfogarsi e infatti non dice nulla, non fa nulla, lascia che si scarichi. Almeno fino a quando non lo vede in difficoltà, col fiatone e grondante di sudore. Decide perciò di fermarlo, abbandonando la sua postazione e posandogli una mano sulla spalla per riportarlo alla realtà.
"Ehi! Ehi ragazzo piano. Così ti prenderà un infarto" gli dice sarcastico, ma allo stesso tempo serio.
E Zayn solo in quel momento sembra tornare alla realtà. Si ferma, sentendosi ora meglio e si volta a guardarlo accennando anche una risata. Però, quando sente il fiato mancargli si abbassa portando le mani sulle ginocchia per cercare di riprendere aria.
" Stai bene?" gli chiede Mark seriamente preoccupato dal comportamento del ragazzo, passandogli una mano sulla schiena sudata.
Non lo ha mai visto così.
"Si....sto...bene" riesce a rispondere il moro con il fiatone. Ma non è tanto convincente.
" Hai parlato con tua mamma questa settimana?" gli domanda cercando di capire cosa abbia scatenato tutta quella rabbia.
È a conoscenza delle loro chiamate settimanali, perché la madre del moro chiama anche lui per sapere se ha visto suo figlio, per sapere come sta realmente.
È amico di Trisha da quando andavano ancora al liceo e quando ha saputo della separazione con suo marito e del figlio lasciato allo sbaraglio ha cercato di stare vicino ad entrambi. Ha accolto Zayn nella sua palestra sperando di poterlo aiutare a ritrovare se stesso, a ritrovare quel bambino pieno di vita che aveva conosciuto tanti anni fa, e pensava di esserci riuscito ma ora vedendolo non sa più che cosa pensare. Ha sempre avuto questo istinto di protezione verso di lui. Lo ha sempre considerato come il figlio che non ha mai avuto.
" No. Perché?" gli domanda il moro irritato, rimettendosi in piedi per guardarlo negli occhi. Quasi per sfidarlo.
Ma Mark non si lascia di certo intimorire e lo fronteggia senza alcun problema.
"Perché sono preoccupato per te" gli fa sapere sincero.
E Zayn apprezza la sua preoccupazione ma allo stesso tempo lo irrita perché lui non è suo padre e non ha il diritto di intromettersi nella sua vita.
"Beh non devi" gli risponde stringendo i pugni.
" Se hai qualche problema a me puoi dirlo" insiste.
Provocando una risata da parte del moro.
"Perché dovrei farlo? Perché così lo vai a racontare a mia madre?" lo deride.
"Lo sai che non è così" cerca di mantenere la calma Mark, di fronte al suo comportamento ostile.
" Io non so proprio niente" insiste il moro con il suo atteggiamento.
" Ora se non ti dispiace devo andare" continua, distogliendo lo sguardo da quello del proprio allenatore e togliendosi i guantoni.
"Grazie per il tuo aiuto" finisce restituendoglieli.
"Zayn..."
Mark prova a ribattere ma non ne ha la possibilità, perché il moro ha già raccattato tutta la sua roba e lasciato la stanza senza dargli la possibilità di aiutarlo. Si  passandosi una mano sui capelli a spazzola, ormai ingrigiti per via dell'età, e sospira sconfitto. Ma in cuor suo sa che non appena Zayn si sentirà pronto per parlargli lo farà e lui sarà lì per ascoltarlo.

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