Capitolo 1 ➳ "Quando tutto iniziò"

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Era il tredici novembre, quando gli Jauregui salirono al trono.

Quel maledetto giorno...

Ricordo benissimo quel giorno perché mi venne il mio primo attacco di panico, e avevo abbandonato la cena per il nodo allo stomaco che si era formato a vedere quelle persone in televisione; gli Jauregui. La mia famiglia era rimasta in silenzio e non mi aveva frenata nel ritornare in camera mia. I miei genitori non mi avevano chiesto di restare. Sapevano che dovevano darmi spazio, spazio e tempo, per piangere e disperarmi come una matta.

Gli Jauregui, erano spietati.

Josè Jauregui, fratello di Mike Jauregui, era morto per un motivo a cui non avevo nemmeno fatto caso perché ero terrorizzata al solo pensiero che qualcun altro potesse prendere il suo posto. Sua moglie, Megan, aveva abbandonato il trono per la depressione e aveva ceduto il suo posto e quello del marito a Mike e Clara.

Grande sbaglio, grandissimo.

Mike e Clara, da sempre, avevano esposto le loro idee, idee pazze che volevano soddisfare appena avuto il potere sufficiente; e tra quelle idee, ce n'era una che mi faceva tremare : ricostruire i campi di concentramento.

La cosa più pazza?

La maggior parte della popolazione era stata d'accordo. Non so dirvi come e perché, forse Mike e Clara avevano modificato i voti a loro piacimento, ma so dirvi poco e niente su questo : non ho studiato politica, è sempre stata una delle materie che più ho odiato.

L'unica cosa che posso dirvi è che bastò davvero poco per portarmi via, e per iniziare l'incubo. Un incubo che non potei evitare in nessun modo : non sarei potuta fuggire dagli Stati Uniti, la mia famiglia non aveva abbastanza soldi per potermi dare un sostegno; inoltre, se si trattava di re Mike e regina Clara, era impossibile scappare. Avrebbero potuto avere il coraggio di avvertire tutte le stazioni e tutti gli aeroporti, per non farmi fuggire; forse, mi avevano già tolto la possibilità di poter fuggire. Forse al solo tentare, sarei andata dritta dritta in un campo di concentramento perché possibilmente tutte le stazioni e gli aeroporti erano stati già avvertiti.

Non avevo possibilità di andare via. Lo sapevano le mie amiche e i miei genitori. Lo sapevano. Per questo, ogni giorno la mia famiglia e le mie amiche cercavano di passare più tempo con me, come se ben presto sarei morta.

Così arrivò quel giorno.

Il cinque dicembre... quella data, ancora è nella mia testa.

"Mila... stanno suonando alla porta" mi disse quella volta Sofì, mia sorella, dopo avermi tolto un'auricolare. "Non posso aprire io perché sai che mamma non vuole"

"Saranno i testimoni di Geova, lasciali stare" dissi io, rimettendomi l'auricolare.

"Mila, forse è urgente" disse Sofì, quasi terrorizzata, sentendo i forti rumori contro la porta. Stavolta stavano dando dei veri e propri pugni contro il legno che persino io sentì nonostante la forte musica rock che mi spaccava piacevolmente i timpani.

"Chi cazzo è?!" mi tolsi gli auricolari, facendoli scivolare sul letto insieme al mio cellulare che continuava ad emettere la mia playlist rock. Chi si era permesso a comportarsi in quel modo? Spaccare quasi la porta. Le persone erano ancora così stupide e maleducate?

Camminai a passo veloce verso la porta, e quando l'aprì, vidi tre uomini vestiti in nero. Avevano un aspetto... che mi fece spaventare e rabbrividire. Un aspetto che mi ricordava... il nazismo, ma quella volta, era ben diverso : venivano deportati nei campi di concentramento soltanto le persone che venivano sospettate di omosessualità, e questo lo intuivo : le idee di Mike e Clara erano quelle, anche se le avevano esposte un bel po' di tempo fa, prima che salissero al trono.

"Mila, chi sono?" Sofì mi tirò lievemente il bordo della maglietta, stando dietro di me con timore. Aveva solo otto anni per capire certe cose, e forse questo era il lato positivo di quella situazione. Non poteva capire che la sorella maggiore ben presto sarebbe morta.

"Karla Camila Cabello Estrabao, è costretta a venire con noi" disse uno dei tre uomini, quello più robusto.

Le gambe mi tremavano. Non riuscivo a muovermi, e non avrei comunque potuto poiché uno dei tre uomini in nero mi aveva afferrata per il polso e mi aveva messo le manette con poca delicatezza.

"Mila!" urlò Sofì.

Rimasi impassibile. Non la salutai. Non piansi, o almeno non in quel momento. Non dissi le solite frasi che si dicono nei film. Quella era la realtà. La triste realtà.

Gli uomini mi fecero scendere dalle scale del condominio, e Sofì ci seguì con le lacrime agli occhi mentre urlava cose a cui non riuscivo a dare attenzione. Ero troppo spaventata per far caso alle sue parole.

Un uomo fu costretto a interrompere il passaggio a Sofì, quando quest'ultima finì la rampa di scale.

Io tremavo, non riuscivo a dire niente. Speravo fosse solo un brutto incubo, lo speravo davvero, ma il loro forte e violento gesto di spingermi dentro un camion, e le divise di quegli uomini avevano parlato da sè.

Quando caddi sul suolo del camion, restai lì, buttata a terra con gli occhi sgranati e lacrimanti che fissavano il vuoto con incredulità.

Finalmente avevo pianto, e il camion era stato appena chiuso con violenza.

Finalmente ebbi il coraggio di ritornare alla realtà. Mi alzai dal suolo e notai altre persone all'interno del camion, disperate come me.

C'era chi aveva la testa tra le mani, chi si faceva consolare da qualcun altro, piangendo insieme, chi invece, come me, si era limitato a sedersi in un vortice del camion, per fissare il vuoto con le lacrime agli occhi e la speranza lasciata a casa da quando gli Jauregui erano saliti al trono.

*

Cosa ne pensate?
Preparatevi e tenetevi forte perché le cose non saranno per niente facili...

Homophobia ➳ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora