Capitolo 38 ➳ "Normani"

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Quando andai via da Camila e Jack, presi subito un taxi per andare in un hotel e affittarmi una stanza. Avevo ricevuto numerose chiamate dalla mia famiglia ma non avevo risposto nemmeno una volta a loro. Non mi andava di parlare. Ero nervosa con Camila, e stavo in ansia per Normani. L'avrei trovata? Speravo tanto di sì. Volevo davvero vederla. Volevo abbracciarla. Volevo ringraziarla per tutto quello che aveva fatto per me. Volevo, finalmente, dirle tutto ciò che per non molto non ero mai riuscita a dire.

Una frenata, mi fece sbattere la quasi contro il sedile di fronte.

"Cosa diamine-" provai a dire per rimproverare l'autosta, ma gli uomini in divisa, nel bel mezzo della strada, spiegarono tutto.

I miei genitori erano venuti a cercarmi con la forza. Sicuramente con il gps, o come solo loro riuscivano. In fondo erano il re e la regina. Potevano avere quello che volevano con il denaro. Che odio.

Un uomo in divisa mi uscì dall'auto con violenza, facendomi cadere e sbattere la testa a terra.  Persi quasi completamente la vista, e non riuscì a mantenermi in equilibrio. Non riuscivo proprio ad alzarmi. Poi sentì dei calci allo stomaco, che non migliorarono le mie condizioni, ovviamente. La mia vista si appannò di più, e iniziai ad avere sensi di vomito.

"Cosa cazzo!?" urlai, furiosa. "Cosa cazzo state facendo?! Vado a dirlo a mia madre!"

"È proprio la regina che ci ha ordinato ciò, signorina" disse una guardia. "Lei è sbagliata. È gay, ossessionata e psicopatica. Lei deve morire"

"Cosa?!" rimasi completamente sorpresa e allibita di quelle parole.

In risposta ricevetti un altro calcio in pieno stomaco, e a quel punto non riuscì proprio a parlare.

"Lauren?" sentì una voce che attirò subito la mia attenzione.

Come un richiamo alzai subito lo sguardo e incontrai gli occhi di Normani seppur non vedessi chissà quanto bene.

"Normani..." piansi istintivamente, ma un altro calcio mi arrivò allo stomaco, e una guardia l'allontanò.

"No, lasciatela!" urlò Normani, facendomi provare una profonda nostalgia dei nostri vecchi tempi.

"Lei è scappata sotto gli ordini della regina!" urlò la guardia. "È da tanto che la regina la cerca!"

Sgranai gli occhi. Cosa stava succedendo?

"Ha saltato la terapia!" continuò la guardia, dando spettacolo alla strada, dove nessuno interveniva sapendo che di mezzo ci fosse Clara e Michael Jauregui.

"Terapia? L'ha fatta anche Camila" dissi.

"Lauren!" urlò una ragazza, che mi raggiunse tra la folla di persone.

Sentì dei passi frettolosi avvicinarsi, finché due occhi castani non incontrarono i miei.

"Lauren..."

Quella era la Camila che conoscevo. Lo leggevo nei suoi occhi. Aveva paura. Paura di morire. Paura che io potessi morire. Paura che potessimo morire.

Provò ad avvicinarsi a me, ma una guardia le bloccò il passaggio.

"Mi dispiace!" urlò Camila, dietro le spalla forti di un uomo che cercava di portarla via. "Non volevo che i tuoi genitori ti facessero del male, per questo volevo prendere le distanze!"

Aveva il fiato corto, eppure parlava. Come se quello fosse l'ultimo attimo per poter parlare. E forse era così. Forse, quello era l'ultimo momento. L'ultimo momento per noi. Per parlare. Per morire... in pace.

Iniziò a piangere, insieme a Normani, che purtroppo, venne tirata via da una guardia, costringendosi a indietreggiare e ad allontanarsi sempre di più.

"È impossibile fuggire dall'inferno. Puoi solo cambiare girone" disse lei, ricordandomi delle volte in cui io lo avevo detto a lei. "Ma io vivrei con te nell'inferno. In qualsiasi girone sia"

"Camila..."

Respirò pesantemente. Era... distrutta. Sembrava... un addio? Aspettate. Quello era un addio? Stavamo morendo tutti?

Normani era persino scomparsa. L'avevano portata via.

Non riuscivo a calmare le lacrime ma dovevo. Volevo vedere Camila prima di morire. Volevo morire così. Non dovevo piangere. Dovevo essere forte.

"Io ti amo, Lolo. Ma si sa che all'inferno prima o poi bruci. E noi, Lolo, stiamo bruciando" lo disse in un modo che mi distrusse completamente. "Noi insieme non siamo destinate alla vita, l'ho capito fin dall'inizio. Questa storia non è una storia d'amore. È una tragedia"

"Non è vero, Camila"

Il movimento fu quasi impercettibile ai miei occhi, ma quelli di Camila furono veloci.

Uno sparo.

Un dannato sparo, davanti a me, e lei, aveva ricevuto il colpo.

Uno dannato sparo nel momento sbagliato. Ma purtroppo non siamo in un libro. È la vera e crudele realtà.

Se la nostra storia fosse stata racchiusa in un libro,  non sarebbe stata una storia d'amore, ma una tragedia. Una grande tragedia.

Fissai il suo corpo di fronte al mio, e improvvisamente trovai la forza di alzarmi per reggere il suo docile corpo.

Non ci credevo. Non potevo crederci. Era un incubo.

"Camila!" urlai, con tutte le mie forze.

L'appoggiai delicatamente a terra e mi poggiai vicino al suo petto. Il mondo si era fermato, nessuno reagiva.

Il mondo si era fermato come il suo cuore.

La verità mi colpì in un modo incredibile, ma ancor prima di poter solo ragionare, sentì un altro suono. Un altro sparo.

La vista si appannò, ma giurai di aver visto i suoi occhi castani pregarmi di vivere.

Homophobia ➳ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora