Capitolo 8 ➳ "Sgamata"

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Erano le diciotto. Questo significava andare dallo psicologo, ma io non volevo. Non avevo alcuna voglia di alzarmi da quel posto e andare da un pazzo. Già era stato tanto se mi ero alzata per farmi una doccia, nuda sotto gli sguardi di tutti per la mancanza di una tenda. Le docce erano davvero molto discrete, sì.

"Non vai dallo psicologo?" chiese Normani, che mi era rimasta vicina fino a quel momento. "Sai che se una guardia ti becca, puoi rischiare di morire o di avere un'altra punizione?"

"Aspetta, cosa intendi dire con un'altra?" mi insospettì e mi misi a sedere sull'erba, come lei. Come sapeva delle mie punizioni? Insomma, le sapeva, no? Aveva detto altra.

Normani si sorprese, lo notai.

"Beh, perché hai perso al combattimento più di tre volte e quindi rimarrai a digiuno per una settimana" mi fece notare, dopo qualche secondo, e in fondo aveva ragione. Eppure il tono in cui l'aveva detto e il tempo che era passato tra la domanda e la risposta mi insispettiva. Insomma, si vedeva che si sentiva a disagio e voleva dinvincolarsi dalla situazione guardandosi intorno mentre si mordeva il labbro inferiore.

"Io devo andare dallo psicologo. Se tu vuoi stare qui fai come vuoi ma io non voglio morire" disse alzandosi.

"Se incontri quell'amica che mi sta sempre vicina, bionda, le dici che sto bene? Si chiama Dinah. Non voglio farla preoccupare" sperai che la riconoscesse e lei annuì, quindi questo valeva a dire che aveva capito.

"Allora... a più tardi, ai combattimenti"

"No, ti prego. Non mi alzo più da qui" dissi, non molto sicura ma volevo sicuramente restare seduta lì, sull'erba, a fissare il cielo per tutto il tempo a disposizione, lontana da tutti. "A dopo, Mani"

"A dopo, Mila" disse lei, andandosene.

Io rimasi sdraiata.

Il mio stomaco brontolava dalla fame e chiedeva disperatamente cibo, ma purtroppo non potevo soddisfare il suo bisogno per una settimana.

Sembravo impassibile. Non avevo nemmeno paura di morire. Sembrava che ad un tratto, non me ne fregasse più niente. Come se, il soltanto pensiero di poter strisciare fuori da quel posto, non mi bastava come motivazione. Ero convinta che sarei morta. E non capivo se non avessi paura o semplicemente mi ero convinta che sarei morta lì dentro.

Mi sdraiai di nuovo sull'erba e chiusi gli occhi, pensando a Sofì. Chissà come stava. Chissà se le mancavo. Erano passati quasi due giorni eppure sembravano un'eternità. Chissà se mancavo alle mie amiche, a mamma...

"Cosa cazzo ci fai qui?!" urlò una voce che riconobbi subito.

Mi alzai di scatto dall'erba goffamente.

Caspita, dovevo sempre cacciarmi nei guai.

"Io-io..." barbettai, non sapendo che scusa usare, e i suoi occhi verdi bruciavano d'ira sui miei.

"Cazzo, sono tutti dentro e tu sei qui, sdraiata senza fare nulla!" urlò, facendo dei passi avanti. Io indietreggiai.

"M-mi dispiace. Io-io... non..."

Lei mi prese dal colletto, proprio come aveva fatto quella stessa mattina, e mi sbattè contro il retro dell'edificio, facendomi gemere per i troppi dolori in tutto il corpo.

"Sai che è vietato saltare i programmi! E inoltre sai che potresti morire riposandoti sull'erba!" urlò e io strizzai gli occhi per la paura, iniziando a singhiozzare.

"M-mi dispiace" dissi io.

"Potresti morire" il suo tono era diventato improvvisamente calmo, e io aprì lentamente gli occhi, vedendo quegli occhi verdi stavolta preoccupati... aspetta, preoccupati? Cosa... perché? Era bipolare?

"Morirò lo stesso" dissi io, asciugandomi le lacrime.

Lei mollò la presa e studiò le mie ferite sul viso, i miei occhi gonfi e le mie labbra sanguinanti. Quest'ultime le fissò più a lungo, prima di indietreggiare e voltarsi per andare via.

"Non mangerai per due settimane" disse lei mentre andava via.

"Perché?" mi allontanai dal muro, quasi arrabbiata. "Perché?" si fermò, senza voltarsi. "Perché non mi uccidi?" chiesi. "Perché gli altri li uccidete senza pietà e invece, a me, no?"

"Vuoi morire?" chiese, guardandomi con la coda dell'occhio con serietà. "Fai tutto questo per morire?"

"I-io, n-no. Io soltanto-"

"Puoi anche suicidarti da sola" disse lei, girandosi verso di me. "Diamo questa opportunità. Vasta che lo dici ad una guardia e ti diamo qualcosa" disse lei, sorprendendomi. "Inoltre, non faccio specialità. Fai schifo come tutti gli altri, e non me ne frega se continui o no a vivere"

L'ultima frase mi distrusse, e dovetti abbassare la testa per la tristezza a udir quelle parole.

"Allora perché mi difendi?" dissi, alzando lo sguardo per incontrare il suo, così serio e freddo. "Perché dici a Normani delle mie punizioni?"

Insomma, soltanto Lauren sapeva delle mie punizioni, eppure Normani sembrava esserne pure a conoscenza. Forse per questo mi aveva pure difesa durante il combattimento. Forse Lauren le aveva detto ciò che mi aveva fatto.

Le sue sopracciglia si alzarono, e notai la sua sorpresa.

"Cosa, scusa?" chiese, evidentemente sotto tensione.

"Non vuoi mica dirmi che non sei stata tu a dirglielo?" risi con ironia, avvicinandomi a lei per farla sentire ancora più tesa. "Non vuoi mica dirmi che non sei stata tu a dirle di non farmi male durante il combattimento?"

Lei strinse i pugni e si irrigidì. La stavo facendo incazzare, evidentemente. E mi piaceva. Avevo capito tutto. Lauren aveva detto tutto a Normani, sicuramente sua amica. L'unica domanda che avevo allora era solo una : perché me? Perché cercava di proteggermi?

"Non vuoi mica dirmi che non hai preferenze nei miei confronti?" dissi con un sorriso a fior di labbra. Era bello vederla in difficoltà. Era così bella anche in quello stato. "Non dirmi che-"

La sua mano strinse il mio collo, facendomi quasi soffocare. Strizzai gli occhi.

"Laur-" provai a dire, ma la sua stretta si fece più salda e io non riuscì più a trattenere le lacrime per il dolore e la sofferenza. "La-lasc... Laur-" mi spinse contro il muro e io emisi un gemito per il dolore. "Non-non respiro" dissi, guardandola negli occhi, e lei sgranò i suoi quando realizzò, mollandomi.

Cazzo, stavo per morire. Le mani mi tremavano e non avevo nemmeno il coraggio di guardare Lauren negli occhi. Non avrei comunque potuto farlo, poichè poi sentì lei andarsene correndo.

A quel punto avevo capito. L'avevo sgamata. Lei aveva un debole per me.

Homophobia ➳ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora