Capitolo 10 ➳ "Un favore"

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Il giorno dopo, quando mi svegliai, non andai a fare colazione, ed era anche giustificabile da un lato : non potevo mangiare per una settimana, ma nonostante ciò, entrare nella sala pranzo era comunque un programma che dovevo rispettare. Per questo appena arrivò l'ora del convertimento, decisi di entrare nell'edificio, approfittando della folla per insiedarmi e non far capire alle guardie che anche quella volta non avevo rispettato un programma : entrare nella sala pranzo. Se mi avessero vista entrare in quell'edificio in quel momento, automaticamente si sarebbero fatte due domande.

Quando arrivai nel corridoio, salì le scale insieme agli altri, e tutti si diressero nelle loro solite stanze.

Io aspettai che tutti entrassero, e poi, quando sentì i passi delle gurdie che indicavano che stavano salendo in quel piano, corsi verso la porta di fronte ed entrai senza chiedere il permesso.

Chiusi la porta alle mie spalle con il fiatone e cercai di riprendere il fiato che avevo perso per il panico.

Avevo paura che mi potessero scoprire e uccidere con un colpo di pistola. Non che non fossi lì, nell'ufficio di Lauren per quel motivo, ma se dovevo morire non volevo che capitasse d'improvviso per colpa di una stupida persona. Se dovevo morire doveva succedere per scelta mia e non di qualcun altro.

"Cosa cazzo..." Lauren mi guardò da dietro la sua scrivania. "Cosa stracazzo ci fai qui?!"

"Shh. Non urlare, ti prego" dissi io e lei inarcò le sopracciglia.

Come potevo essere ancora in vita dopo tutto ciò che le avevo fatto? Insomma, l'avevo urtata, le avevo parlato in modo informale, ero entrata nel suo ufficio senza il permesso, le avevo detto che avevo preferenze... e chissà quante altre cose avevo combinato.

Mi chiedevo se dovessi o no ringraziarla, ma sicuramente l'avrei fatto soltanto se lei sarebbe stata disposta a farmi un favore. Un favore che mi aveva spinta ad entrare lì dentro e a cui avevo dedicato i miei pensieri tutta la notte.

"Cosa ci fai qui?" chiese in modo freddo. "Siediti" ordinò, riprendendo la sua penna dalla scrivania per firmare qualche documento. Sicuramente l'avevo disturbata durante il suo lavoro, e questo mi aveva fatto sentire un po' in colpa. Era evidente che Lauren avesse un debole per me. Non sapevo se farmi schifo per questo, perché gli altri venivano ripagati con la morte per sciocchezze mentre io no, oppure arrabbiarmi con lei perché alla fine era colpa sua.

Camminai verso la scrivania e mi sedetti su una delle due sedie comode nere di fronte a Lauren. Chiusi gli occhi per il morbido contatto. Da quant'era che non mi sedevo su una sedia morbida come quella?

"Quindi?" mi richiamò, facendomi uscire dalla mia zona di comfort.

"Ricordi ieri? Quando mi avevi detto che se proprio volevo morire, potevo farlo di mia volontà prendendo qualcosa" dissi io, e lei alzò di scatto lo sguardo dal suo lavoro, per guardarmi con gli occhi sgranati. Paura? Terrore? Sorpresa? Non sapevo cosa provasse, ma sicuramente non riguardava qualcosa di positivo. "Bè... posso sapere come funziona?" domandai e lei si alzò di scatto dalla sedia, sistemando i suoi fascicoli mentre li sbatteva contro la scrivania qualche volta. Poi li ripose in un cassetto, e ne prese altri.

"Non ho tempo" disse lei. "Ho troppe cose da fare. Vattene" disse freddamente, ma capì dal suo sguardo che il lavoro poteva benissimo rimandarlo.

"Allora perché mi hai chiesto cosa ci facevo qui? Cioè, mi hai pure fatta accomodare-"

"Vattene" disse lei e io mi alzai di scatto dalla sedia, infuriata.

"Potresti smetterla di proteggermi?!" urlai. "Se voglio morire è una scelta mia!" sbattei i pugni contro la scrivania e lei stavolta mi guardò dritta negli occhi.

"Non ti sto proteggendo" disse, come se volesse più convincere sè stessa. Ritornò a sedersi dietro la scrivania e io ancora tremavo per la rabbia.

"Sono stanca!" urlai, facendo un guro attorno alla scrivania per arrivare al suo fianco. La presi dalla maglietta e la costrinsi ad alzarsi.

Il suo sguardo bruciò sul mio, ma non era rabbia. Era qualcosa... che non riuscivo a comprendere.

La tirai più a me, e la baciai. Lei non ricambiò, ma anzi, rimase immobile.

Dopo sentì dei passi correre verso la stanza, prima che la porta venisse spalancata.

Prima che potessi almeno voltarmi o ritirarmi indietro, la vista mi si appannò e sentì soltanto urla, mentre delle braccia mi cingevano dai fianchi e mi chiedevano di reggermi in piedi.

L'ultima cosa che visti furono un paio di occhi lucidi verdi nei miei. Eppure non stava piangendo. Stava trattenendo le lacrime.

*

Mi odiate?
Spero di no...
Perché forse nei prossimi capitoli sarò molto più cattiva...

Preparatevi, come sempre. Non si sa mai cosa mi passa per la testa. Potrei farmi ridere o piangere da un momento all'altro 🤷🏻‍♀️💞

Homophobia ➳ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora