Capitolo 15 ➳ "Tra le sue braccia"

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"Camila!" urlò Lauren, senza fiato.

Eravamo sul cortile, precisamente nel retro, laddove non c'era mai nessuno. Sia io che Lauren avevamo il fiatone, e io mi ero finalmente fermata a pochi metri di distanza da lei.

Ci sarebbe stato silenzio se non fosse stato per i nostri respiri pesanti.

Io avevo gli occhi lucidi per il pianto e ancora tremavo mentre il mio petto andava sù e giù per l'affanno.

"Camila..." la sua voce era ansimante e calma allo stesso tempo. Fece qualche passo verso di me. Lo capì nonostante le dassi le spalle. In fondo si sentivano soltanto i suoi tacchi contro la terra. "Perché te la sei presa?" domandò, toccandomi la spalla con dolcezza. Ebbi i brividi.

Io cercai di calmare le mie lacrime, il mio respiro pesante e il mio cuore accelerato, ma non era facile.

Lauren aveva rovinato tutto e io avevo perso la mia verginità inutilmente. Non avrei sentito la mia famiglia. Quello mi faceva stare davvero troppo male, ma forse, il mio pianto era soltanto dovuto a un accumulo di tutto. Ad esempio, il modo in cui Lauren era entrata in psichiatria, mi aveva spaventata perché mi aveva ricordato come avevo abbandonato Sofì quel giorno, senza dirle niente, senza reagire.

"Camila..." la sua mano si abbassò verso il mio braccio destro, accarezzandolo con una delicatezza che non aiutò le mie condizioni. Quella donna mi mandava fuori di testa. "Per favore, dimmi cosa non va"

Io non riuscì a rispondere. Mi asciugai le lacrime con il polso sinistro per non far allontanare la sua mano confortante sul mio braccio destro. Il suo contatto mi rilassava, eppure se stavo piangendo era proprio per colpa sua. Era bipolare. Un controsenso. Quel giorno mi aveva detto che non avrebbe dovuto parlare con persone come me, sbagliate, e mi aveva anche detto che non mi avrebbe nemmeno più difesa. Eppure era lì, ad accarezzarmi il braccio e a motivarmi ad esprimermi. Perché?

Tirai sù col naso e mi voltai, facendo indetreggiare di un passo la ragazza un po' più alta di me.

"Perché?" domandai con un tono che era ancora sotto effetto del pianto. "Perché devi sempre rovinare tutto?"

Il suo sguardo verde sembrò sorpreso per quelle mie parole, ma era ancora evidente la tristezza nei suoi smeraldi.

"Perché stai dicendo questo?" domandò lei.

Io scossi la testa. Perché ero lì a parlarle? Ero davvero sciocca. Come potevo ragionare con una persona che non rispettava nemmeno quello che lei stessa diceva?

Risi sarcasticamente e iniziai a camminare oltre le sue spalle, ma lei con mia sorpresa mi tirò a sè, facendo sbattere la mia schiena contro il suo cirpo. Le sue braccia circondavano il mio stomaco, che fece delle capriole al contatto, e avvicinò la sua testa al mio orecchio.

"Dimmi che non ha fatto quello che sto pensando io" disse. Io non risposi. Ero immobilizzata. Il mio cuore aveva riiniziato ad avere la tachicardia e il mio cervello non riusciva a processare delle semplici parole, almeno monosillabi. "Dimmi che non l'ha fatto" sembrava quasi terrorizzata, e allora capì che forse stavamo pensando alla stessa cosa. Mi strinse più a sè. "Ti ha promesso tante cose, vero? Ma ha voluto qualcosa in cambio" io non risposi. "Lo sapevo" si allontanò da me, facendomi ritornare così nella realtà. "Cazzo..." si portò una mano tra i capelli, che sistemò dall'altro lato mentre camminava a vuoto con disperazione e rabbia.

Mi morsi il labbro inferiore. Cavolo, perché si era allomtanata?

"Mi aveva detto che avrei sentito la mia famiglia" dissi, fissando a terra.

I suoi passi si fermarono e fui sicura che il suo sguardo era caduto su di me nonostante io non la stessi guardando per la vergogna e la timidezza al contatto che avevo avuto con lei pochi secondi prima.

"Cazzo, lo sapevo" sbuffò.

Le lacrime riiniziarono a scivolare sul mio viso, senza sosta, mentre singhiozzavo in silenzio e tremavo per la delusione e l'illusione.

"Eri vergine?" domandò, preoccupata, ma io non riuscì a rispondere per le lacrime. "Camila..." mi fece girare e mi alzò il mento. "Ti ha tolto la verginità?"

"Io volevo soltanto sentire la mia famiglia" scoppiai in un pianto disperato, facendo crollare inconsapevolmente il mio viso sull'incavo del suo collo. Singhiozzai, e stranamente, dopo alcuni secondi le sue braccia circondarono i miei fianchi, lasciandosi andare via un sospiro di tristezza.

"Domani, alle nove, puoi venire per favore nel mio ufficio?" domandò, allontanandosi dal mio corpo per guardarmi negli occhi. Purtroppo io li tenevo in basso. E per questo successivamente mi richiamò. "Hey" disse, alzandomi il viso. "Va bene?" domandò con voce calma.

"Va bene" dissi io, prima di buttarmi, di nuovo, inconsapevolmente, tra le sue forti braccia, che quel giorno erano stranamente aperte per me.

*

Secondo voi cosa vuole fare Lauren?
Scrivete nei commenti cosa ne pensate di questa situazione ❤️🌈
Ci vediamo al prossimo capitolooo 💞

Homophobia ➳ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora