Quando mi svegliai, fu come al solito, per colpa delle guardie, che urlavano e buttavano a terra le persone, costringendole ad alzarsi a forza di calci. Purtroppo, non ero sempre fortunata, per questo, anch'io ricevetti un calcio in pieno al fianco, laddove mi avevano sparato. Dovetti aspettare qualche minuto prima di riuscire ad alzarmi, ma il dolore lo avevo comunque ancora ed era ben forte.
"Camila!" urlò una voce familiare,tra la folla del corridoio.
Quando mi voltai, la bionda mi strinse forte forte a sè.
"Sei salva" singhiozzò. "Sei salva, cazzo" pianse, e io la strinsi a me. "Scusa, scusa. Mi dispiace per le brutte cose che ti ho detto" disse. "Quando avevo saputo che ti avevano sparato per aver baciato Jauregui... non ero più riuscita a dormire"
"Va tutto bene" dissi io, allontanandomi dal suo abbraccio per il dolore al fianco a causa della sua stretta troppo forte.
"Ti fa male il fianco? Non sei uscita troppo presto dall'ospedale?" domandò, notando sicuramente il mio gemito di dolore. Guardava il mio fianco che aveva un rigonfiamento per la garza che indossavo.
"Già è stato tanto se ci sono andata, Dinah" dissi. "Lauren... è stata molto dolce in questi giorni con me. Bè, sembra bipolare, ma non immagini quante volte mi abbia salvato la vita" dissi. "Pure quando... volevo farla finita io"abbassai lo sguardo.
"Per colpa mia?" domandò, sicuramente ricordando come mi aveva detto di morire quella sera.
Io sospirai.
"Era anche perché lo volevo io, Dinah" alzai lo sguardo e notai che la folla attorno a noi si era distribuita nei tavoli della sala pranzo. "Adesso devo andare. Ieri Lauren mi ha portata via dalla psichiatria e mi ha chiesto di venire da lei alle nove. Non voglio farla aspettare"
"Aspetta. Psichiatria?" domandò, ma io ero già verso le scale, diretta verso l'ufficio di Lauren.
Bussai tre volte alla porta, e dopo qualche secondo ricevetti il consenso di entrare.
"Allora esiste l'educazione nel tuo vocabolario" disse con voce sarcastica, firmando dei fogli. Io sospirai. Quel giorno non era la dolce Lauren che era il giorno prima tra le mie braccia.
"Sì, ho una vaga idea del suo significato" dissi, stando al gioco. "Cosa devi dirmi?" domandai, accomodandomi su una sedia.
Lei non alzò lo sguardo dalle sue scartoffie e indicò il telefono fisso che avevo di fronte a me con un cenno della testa.
"Hai cinque minuti" disse seccamente.
Quando realizzai tremai per la felicità e fissai Lauren con gioia e sgomento. Lo sguardo di Lauren era fisso e freddo sui fogli, ma potevo notare fragilità nei suoi occhi.
Digitai velocemente il numero di mia madre.
Dopo tre lunghi squilli, una voce rispose.
"Pronto?" rispose una voce minuta e femminile che riconobbi subito. "Pronto?" non risposi per l'emozione, e lasciai che le lacrime scivolassero liberamente sul mio viso.
"Sofì" le dissi, con voce tremante.
"Mila..." la sua voce si alterò, e dopo alcuni secondi di silenzio la sentì piangere. "Mila, mi manchi così tanto..."
Il volume era abbastanza alto, quindi sicuramente Lauren sentiva la conversazione, ma non mi importava.
"La mamma dice che sei a Londra... che quella volta, quegli uomini brutti non ti volevano fare del male, ma che avevano soltando sbagliato persona da portare in carcere" mi raccontò, tirando sù col naso qualche volta. "Mi avevi detto che saremmo andate insieme a Londra, ricordi? Perché non mi porti con te? Me lo avevi promesso, Mila. Te ne sei andata senza di me" disse con un tocco di delusione mentre piangeva.
Il mio cuore si spezzò, e asciugai le lacrime.
"Ti ci porterò, piccola. Lo farò" singhiozzai.
Eppure la mia testa mi diceva che non l'avrei mai portata a Londra.
"Sofì, posso parlare davvero per poco tempo. Puoi passarmi mamma e papà?" domandai.
"Mamma e papà sono fuori" disse lei. "La mamma ha dimenticato il cellulare a casa"
"Cazzo..." sussurrai, sperando che Sofì non mi avesse sentita. "Potresti dirgli che gli voglio tanto bene? Digli che... sta andando tutto okay, che andrà bene"
"Mila, perché dici così? Sembra che tu stia morendo... o ci stia dando un addio" disse lei, con una voce preoccupata e sotto effetto del pianto come la mia.
"No, sto bene. E ti porterò a Londra, va bene?" cercai di essere convincente mentre cercavo di trattenere le lacrime inutilmente. "Adesso devo andare" guardai l'orologio sulla parete. Il tempo stava per scadere. Anche se avessi voluto parlarle di più non potevo. Non potevo approfittare della generosità di Lauren, che stava facendo anche fin troppo per me. "Ti voglio tanto bene, Sofì"
"Ti voglio bene anch'io"
La telefonata si chiuse, lasciando spazio al silenzio. Fissai la cornetta e poi guardai Lauren, che firmava ancora dei fogli.
Notai che uno di quelli, proprio quello che stava firmando, era pieno di macchioline che riconobbi subito.
Lauren aveva pianto.
*
Forse le gioie finiranno presto...
STAI LEGGENDO
Homophobia ➳ Camren
FanfictionDopo la morte di uno degli Jauregui, salirono al trono Mike e Clara, che sconvolsero gli Stati Uniti D'America, coinvolgendo anche la figlia, che fu costretta ad obbedire l'onore della sua famiglia, mettendo in atto... i campi di concentramento per...