Capitolo 20 ➳ "L'altro lato di Jauregui"

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Mi ritrovai costretta a salire le lunghe e vaste scale, che portavano al piano superiore. Quando mi trovai di fronte a tantissime porte mi morsi il labbro inferiore con ansia. Sarei dovuta entare in tutte le camere, per trovare la mia? E, esattamente come avrei capito quale fosse la mia? Dannazione. Gli Jauregui lo avevano fatto sicuramente apposta. Me lo sentivo. Volevano che entrassi in tutte le camere. Magari al loro ritorno mi avrebbero rimproverata per aver rubato qualche gioiello importante, cosa che non sarebbe stata assolutamante vera. Forse volevano soltanto mettermi in trappola, o peggio colevano che incontrassi Jauregui mentre qualche videocamera nascosta registrava tutto.

Dannazione. Dovevo smetterla con quei film mentali e dovevo trovare la mia stanza.

Sospirai, e feci scivolare la mano sul scorrimano mentre sceglievo quale porta varcare per prima.

La prima stranza che controllai era un bagno, la seconda la camera da letto, la terza uno specie di camera relax, dove c'era una vasta libreria e delle poltrone sul tappeto al centro della stanza, insieme a un tavolino di vetro. La quarta un ufficio, da dove uscì immediatamente. Sicuramente quello era un luogo molto privato. La sesta...

Vidi Lauren sdraiata sul suo letto mentre canticchiava qualcosa a bassa voce con le cuffie sulle orecchie. Era cosí dolce e sembrava così tranquilla che pensai di uscire da lì, ma poi il suo sguardo cadde su di me, e le sue parole morirono nell'aria.

Lauren rimase a fissarmi per secondi infiniti, cercando di realizzate, e quando io decisi di andarmene e girarmi per il disagio e l'inbarazzo di quella situazione, sentì il suo corpo scontrarsi contro il mio in un abbraccio piacevole.

Sentì le solite sensazioni che mi provocava. Che solo lei riusciva a farmi sentire. Ero così tranquilla e rilassata che tutta la tensione di poco prima era svanita nell'aria, come se non avesse più senso visto che adesso Lauren era lì, a cincegermi il corpo mentre il mio respiro si faceva più pesante per il gesto così confidenziale.

"È tutto okay?" domandò, facendomi rabbrividire per il suo respiro irregolare contro la mia spalla.

La sua vice non era squillante o alta com'era solita al campo di concentramento, ma era così tranquilla e rilassante che chiusi gli occhi per qualche secondo.

Lei mi guardava con quei suoi occhi verdi come mai aveva fatto. Come se improvvisamente, Lauren non fosse mai stata il capo del campo di concentramento, tantomeno la principessa.

"Stavo cercando la mia camera..." dissi, abbassando lo sguardo. Quel contatto fisico mi confondeva e mi rendeva vulnerabile. Le mie guance si accaldarono e inizia a sentire caldo per quel gesto che prolungava con confidenza.

Non mi sentivo a disagio, ma sicuramente con il passare dei secondi imbarazzata.

"La tua camera?" domandò, allontanandosi di un passo. Mi voltai e notai che le sue sopracciglia erano corrugate. Aveva capito il gioco dei suoi genitori, e proprio quando in quel momento pensai a loro, indietreggiai.

"Sì. Adesso devo andare" feci per andarmene ma la sua presa sul mio braccio mi fermò.

"Cosa stanno combinando?"

"Lauren... non posso parlartene" dissi a bassa voce. Avevo paura che gli Jauregui avessero creato una trappola per me e per lei. Soprattutto per lei. Non volevo che la mandassero in un campo di concentramento.

"Dannazione" chiuse gli occhi, girandosi. Diede un forte calcio al letto, dove c'erano il suo cellulare e le sue cuffie. "Credono che sia gay" disse, con una sicurezza e tranquillità che mi sorprese.

"Non lo sei?" mi scappò, e me ne pentì subito. Tanto che mi morsi il labbro inferiore e uscì subito dalla stanza, sentendomi in colpa e non curandomi di decifrare l'espressione che aveva avuto Lauren.

Camminavo a vuoto, non sapendo esattamente dove andare, finchè non sentì dei passi dietro di me.

"Camila!" mi chiamò e io rabbrividì.

Mi avrebbe punita per aver insinuato che fosse gay? Avevo paura.

Chiusi gli occhi, lì aprì, feci un sospiro profondo e mi girai.

"Sì?" non aspettai risposta perché capì subito il perché del suo richiamo.

"Non so quale sia la tua stanza, ma se vuoi puoi indossare questi" aveva tra le mani dei vestiti firmati Adidas. Le sue guance erano rosse, forse da prima, da quando avevo insinuato sul suo orientamento sessuale, ma non posso esserne sicura perché ero uscita da lì immediatamente, non guardandola nemmeno.

Io lasciai andare una risata, che lei corrispose con delle sopracciglia alzate e il volto piegato leggermente. Sembrava una bambina.

Io mi avvicinai e presi i vestiti.

"Una principessa indossa queste cose così sportive? La credevo più elegante, Jauregui"

la sua espressione si tramutò, lasciando spazio alla tranquillità e al divertimento.

Quel giorno forse avevo conosciuto la vera Jauregui. La Jauregui che non era condizionata dall'ambiente e dalle persone che aveva attorno.

"Da quando mi dai del lei?" alzò un sopracciglio, divertita.

Io alzai le spalle e mi voltai, cercando di ricordare dove fosse il bagno. Quella casa era un labirinto.

"È lì, comunque" Lauren mi indicò una porta e io la ringraziai.

"Sei molto brava a cantare comunque" dissi, prima di chiudere la porta a chiave alle mie spalle.

Lasciai che il mio cuore potesse riprendersi e il rossore delle mie guance sparisse mentre cadevo a terra con un sorriso da ebete sul viso.

"Quanto avrei dato per vedere la sua reazione"

Quel giorno avevo scoperto l'altro lato di Jauregui. Quello vero e genuino. Quello che non trasmetteva violenza, voglia di far morire qualcuno o odio.

Quel giorno, la sua voce era stranamente tranquilla, i suoi lineamenti pure, e forse, era tranquilla anche riguardo al suo orinetamento sessuale.

Homophobia ➳ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora