Capitolo 24 ➳ "Sul suo letto"

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Quella serata, al ritorno di Michael, mi feci trovare subito a lavoro. La cosa più difficile fu la cena : non sapevo cucinare, ma menomale ci aveva pensato Clara, poichè, prima dell'arrivo di Michael aveva cucinato qualcosa al posto mio. La cena era silenziosa e potevo rendermi conto solo in quei momenti di quanto a Lauren potesse farle male tutto quello nonostante i suoi occhi sembravano tranquilli o indifferenti.

Come arrivò la cena, arrivò così anche la notte, e io mi ritrovai in quel letto che seppur molto comodo, mi sembrava più scomodo delle lastre di ferro del campo di concentramento, e dell'erba fredda su cui io spesso mi adagiavo per ammirare le stelle.

Le stelle. Mi ricordavano Normani e Dinah.

Il suo ricordo, mi fece sentire più a disagio su quel letto. Lei una notte mi aveva detto che ero strafottente e che facevo la bella vita, e quel ricordo, mi fece alzare di scatto dal letto.

"Dinah non vorrebbe" pensai, sentendomi in colpa, mentre sentivo la sua voce nella mia testa urlarmi contro. Una alcrima scese sulla mia guancia ma l'asciugai subito.

Il tempo passava, e io ero seduta sul pavimento, non volendo approfittare del privilegio di avere un letto. La mia testa varie volte cadeva sulla mia spalla, ma pochi secondi dopo i ricordi degli spari dentro il campo di concentramento mi facevano sobbalzare con il cuore a mille.

Non riuscivo a stare tranquilla, e avevo la brutta sensazione che pure Dinah morisse. In fondo, tutte le stelle muoiono, soprattutto quelle più belle. E non parlo soltanto della morte fisica, ma soprattutto di quella emotiva.

Chissà come stava Dinah. Sapevo che le piacesse molto Normani, lo avevo notato, e sicuramente era distrutta per la sua perdita.
Chissà se aveva fatto amicizia. Chissà se pensava a me quella sera, se non aveva preso sonno proprio come me.

I miei occhi chiedevano disperatamente di chiudersi, ma i miei flashback non li accontentavano.

Stanca, mi alzai dal pavimento e piano uscì dalla camera, bussando piano a quella accanto.

Poco dopo una Lauren assonnata aprì la porta e mi guardò con un grande punto interrogativo stampato sul viso.

"Possiamo dormire insieme?" chiesi, sentendo quella necessità dal profondo.

Sapevo che era molto rischioso per Lauren dormire con lei, ma io avevo davvero bisogno di stare con la ragazza dagli occhi verdi.

"Che succede?" domandò, facendomi passare, e io alzai le spalle.

"Brutti ricordi" dissi io, e lei sembrò capirmi dalla sua espressione rilassata, come se avessi risolto il suo dubbio.

Lei si sdraiò sul lato destro del letto, e colpì lievemente il piumone, facendomi capire di sdraiarmi al suo fianco.

Quando le sue braccia circondarono il mio corpo sul letto, mi sentì a mio agio, ma comunque ero profondamente triste.

"Secondo te sono strafottente?" le domandai.

La sua testa era appoggiata sulla mia nuca, facendomi sentire i brividi provocati dal suo respiro regolare.

"Credo che tu sia molto trasgressiva ma non sei strafottente nel senso di fregartene delle persone" disse lei, e io sospirai, girandomi verso di lei, che mi guardò con tranquillità e serenità.

"Lauren"

"Sì?"

"Niente" risi. "Hai un bel nome"

"Grazie" ridacchiò.

L'aria era tranquilla. Non sentivamo niente se non i nostri respiri così tranquilli mentre i nostri occhi si studiavano con attenzione e ammirazione.

"Lauren"

"Ti piace il mio nome?" disse lei, ridendo.

"Sì ma non volevo dire quello" fui sincera.

"E cosa?"

"Mi piacciono le tue labbra" dissi piano, nascondendo il mio sorriso stupido sotto la coperta. Il ritmo del mio cuore era aumentato e non riuscivo più a dire nient'altro.

I suoi occhi era luminosi di dolcezza e felicità.

"Davvero? E cos'altro ti piace?" stette al gioco, e io mi sentì più a mio agio grazie alla sua risposta che mostrava interesse.

"Mi piacciono i tuoi occhi" dissi, puntando con l'indice uno dei due. "Sono strani" risi, e lei alzò un sopracciglio. "Sono bipolari, ma sono belissimi così. Hanno tantissime sfumature diverse, eppure stanno bene così. Sono bellissimi" fui sincera.

"Hai ripetuto troppe volte sono bellissimi" ridacchiò.

"Solo due. Sapessi quante volte te lo vorrei dire"

"Che ti succede?" sorrise, e io mi avvicinai al suo petto, appoggiandoci la mia testa mentre mi divertivo per la sua espressione confusa che mi guardava.

"Non lo so" il suo petto era comodo.

"Sei strana" mi disse.

"Anche tu"

"Eri triste prima" mi ricordò.

"Poi sei arrivata tu" risposi io. "Lauren?"

"Cos'altro ti piace stavolta?"

La mia mano scivolò sulla sua guancia, e poi sul suo mento, che tirai abbastanza da far sfiorare le nostre labbra delicatamente.

"Che fai?" rise.

Era così strana. Così bipolare. Mi chiedevo chi fosse. Non era la Lauren a cena, la Lauren che comandava il campo di concentramento. Volevo conoscerla. Volevo sapere tutto di lei. Volevo conoscere la vera lei.

"Chi sei?" la domanda uscì spontanea, e i suoi occhi cambiarono di tonalità. "Io... mi dispiace" mi allontanai quando notai la sua espressione malinconica. "Non volevo farti-"

Le sue labbra mi lasciarono un bacio a stampo.

"È okay" disse, alzandosi dal letto mentre io rimanevo ancora sconcertata da quella situazione. "Vuoi sapere chi sono? Oggi te lo racconterò" si avvicinò alla piccola libreria all'interno della camera e prese un album di fotografie di grande massa. "Ti parlerò di Lauren e di Michelle"

Homophobia ➳ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora