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Passarono i giorni e la neve si sporcò, diventando nera per lo smog.

Alessandro era un fidanzato dolcissimo, premuroso, presente.

Mi portava la colazione a casa, prima di andare al lavoro e, spesso, sbucava in negozio per lasciarmi un caffè caldo, suscitando gli sguardi ammirati della mia collega. In genere era Alicia quella che catalizzava l'attenzione su di sé, mentre Ale non l'aveva guardata una seconda volta, dopo averla salutata con una rapida stretta di mano e un sorriso di circostanza.

Beh, era anche da uno semplice sguardo che si capivano gli ingranaggi del cuore di una persona. E io sentivo che il suo cuore batteva per me, che ci provava, che lo voleva fare.

Mi aveva regalato un mazzo di rose rosse, tante quante i miei anni.

A volte non dovevamo nemmeno uscire, ma restavamo a casa, accucciati sul divano, io in pigiama con i capelli tirati su alla bell'e meglio, lui con la tuta da ginnastica, a veder film d'azione. Non mi piacevano i film d'azione, ma accanto ad Alessandro iniziavo a nutrire un certo interesse per sparatorie ed inseguimenti in macchina. A dir la verità, il più delle volte finivo per distrarmi ad osservare il profilo del suo viso, lo sguardo attento, concentrato di fronte alla luce ballerina della televisione.

Uscivamo anche spesso.

Mi teneva per mano, mentre passeggiavamo per strada, come per far capire a tutti che voleva me, che ero sua, che noi eravamo una coppia. Mi sistemava la sciarpa quando si accorgeva che si era spostata dal collo e rischiavo di prendere freddo. Mi apriva la portiera e spesso mi trascinava dentro ai negozi per comprarmi regali. Non ammetteva che pagassi nulla, per quanto insistessi, per quanto gli piantassi certe sceneggiate esagerate. Mi faceva sempre sentire protetta, al sicuro. Mi faceva ridere come una pazza, aveva uno sfrenato senso dell'umorismo, tutto surreale, che si sposava alla perfezione col mio.

Andavamo al cinema, fuori a cena.

A teatro, a concerti di musica pop: era capace di farsi due ore di macchina solo per accompagnarmi a vedere il mio cantante preferito, che lui, tra l'altro, detestava.
Non ci annoiavamo mai.

Riusciva sempre ad inventarsi qualcosa per rendere le mie giornate degne di essere vissute.
Spesso si univano anche Filippo e Walter.

Spessissimo si univa Diego.

In un primo tempo avevo trovato la sua presenza ingombrante, perché ritenevo che avrei dovuto passare del tempo da sola con Alessandro, per capirlo e conoscerlo meglio.

Eppure, in maniera del tutto assurda ed inspiegabile, non era mai stato il terzo incomodo, ma riusciva a farsi da parte quando ce n'era bisogno, quando era il caso di lasciarci da soli. E, in pochissimo tempo, Diego era entrato a far parte della mia vita, anche se non sapevo ancora dire in quale modo e con quale ruolo, ma il fatto che andassimo d'accordo e fossimo quasi sempre sulla stessa lunghezza d'onda, sicuramente rendeva felice anche Alessandro.

E, dovevo proprio ammetterlo, adoravo il cameratismo che s'era creato tra di noi: eravamo un trio piuttosto affiatato, non ero un'intrusa nella loro amicizia, ma mi avevano entrambi accettata come una di loro.

Si vedeva che Diego, finalmente, aveva superato le proprie perplessità su di me ed iniziava a lasciarsi andare e, infatti, lo vedevo ridere sempre più spesso.

Stavo scoprendo qualcuno che poteva sorprendermi in positivo.

E poi c'era Alessandro.

Alessandro...

Ancora, dopo quasi tre settimane dal nostro primo bacio, niente sesso, anche se sapevo che, ormai, era solo questione di tempo.

Non avevo mai aspettato così tanto, prima di andare a letto con il mio ragazzo, a volte non avevo nemmeno dovuto aspettare che diventasse il mio ragazzo: era successo, tutto lì.

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