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Rimanemmo svegli tutta la notte, fino all'alba del giorno dopo.

Lo obbligai ad infilarsi nella vasca, passai una spugna imbevuta di schiuma profumato sulla schiena, gli massaggiai il collo, lavai i suoi capelli biondi, mi presi cura di lui come il figlio che non avevo.

Filippo si lasciò coccolare, docilissimo, quasi anestetizzato, reso insensibile dal dolore o troppo stanco per reagire. Lo vestii, lo pettinai, baciai la sua fronte alta e mi lasciò fare.

-Sei l'amica perfetta – disse infine. Alzai di scatto lo sguardo verso di lui, che parlava dopo ore.

-Sei tu.

-Io cosa?

-Sei tu l'amico perfetto.

-Adesso sono tutto fuorché perfetto, ma riesci a riportare la luce anche dove è rimasto solo il buio. Vedo la tua luce che illumina la mia vita. Reb, grazie per essermi stata vicina, per avermi ascoltato e consigliato, per essere stata un po' mamma e un po' complice, per avermi sgridato quando me lo meritavo, per... per essere tu. Sei una perfetta compagna per divertirmi, per fare pettegolezzi, ma quando ho bisogno di te, ci sei sempre. Non riesco a credere che, con tutto quello che stai passando, tu perda ancora tempo con me.

-Sssh – sibilai premendo un dito sulla sua bocca – adesso sta zitto. Se mi vedi perfetta, vuol dire che stai delirando davvero.

-Non fare la scema – mi ammonì, forzando un sorriso.

-Non sono nient'altro.

-Dovrei chiamare Walter.

-Dovresti – convenni, passando una mano sulla manica della sua felpa.

-Penso di amarlo.

-Dovresti dirglielo.

-Dopo ieri? - chiese dubbioso.

-Walter ieri ti ha capito. Anche lui ha perso qualcuno che conta nella sua vita, ricordatelo. Davanti alla morte, il dolore è lo stesso per tutti. Ma se lo ami, diglielo. Non far sì che questo... quello che è successo cancelli tutto quello che avete costruito fino ad oggi. Siete bellissimi insieme, state così bene che è impossibile non invidiarvi.

 -Un po' come te e Alessandro...

-Già – convenni sovrappensiero. Avrei potuto dirgli di Erica, se non quello che era avvenuto due notti prima in quella stanza chiusa a chiave sul passato, ma non era quello il momento di sfogarmi, ora aveva bisogno di qualcuno che gli stesse accanto senza scaricare su di lui alcun problema. Quindi non gli dissi nulla, aumentando il muro di menzogne che gravavano ancora quella notte assurda, indimenticabile in cui Alessandro aveva baciato Erica, io avevo fatto l'amore con Diego e Riccardo era morto.

Rimasi al suo fianco, gli tenni la mano mentre parlava con Walter, mentre tentava di spiegarsi in modo contorto, per dirgli che, malgrado la sua reazione scomposta e drammatica, amava lui, che voleva lui.

Rimasi con lui mentre, in un silenzio agghiacciante, sceglieva l'abito adatto al funerale.

Rimasi al suo fianco quando si decise a prendere in esame le scatole che racchiudevano i ricordi del suo amore con Riccardo, che non aveva ancora buttato via, perché non ne aveva il coraggio.

Erano rimaste sepolte in un angolo buio della cantina, chiuse ermeticamente.

-Devi tenerle tu – mi disse scuotendo la testa.

-Io?

-Sì, proprio tu – occhi ancora gonfi di pianto, voce spezzata, ma volontà ferrea – per favore. Mettile dove sai solo tu, in un posto che non conosco, per piacere. È come avere un cadavere sotto al letto: faccio finta che non ci sia, ma in realtà sento l'odore della carne in putrefazione. So esattamente cosa c'è in ciascuna scatola. Lo saprei anche ad occhi chiusi. In questa – indicò la prima – c'è tutto quello che mi ha regalato, libri, maglioni, cd, fiori che ho seccato, biglietti di concerti, del cinema, di viaggi. In quella, foto su foto, foto di viaggi, di sere, foto di amici e foto dove ci sei anche tu. In questa ancora i cocci di tutto ciò che ho rotto quando se n'è andato, o durante i nostri litigi.

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