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Entrai in casa come una furia: non stavo più nella pelle e non vedevo l'ora di raccontare tutto a Filippo. Volevo dirgli che ero felice per la prima volta in mesi, forse anni, che mi sentivo bene, libera dopo una vita passata in galera, che non potevo chiedere niente di più dalla vita, che quella notte appena trascorsa aveva cambiato tutto, poteva davvero essere un punto di svolta nella mia vita.

Chiusi la porta alle mie spalle e mi bloccai dopo pochi passi.

Davanti avevo qualcosa che non mi sarei mai aspettata di vedere.

Filippo reggeva in mano il cellulare, camminava nervosamente per la sala, misurandola a grandi passi, Walter seduto sul divano, si mordicchiava il labbro inferiore.

Nell'aria si percepiva la tensione, si sentiva che c'era qualcosa che non andava, che il perfetto equilibrio tra di loro s'era infranto.

-Che succede? - chiesi aggrottando la fronte, senza capire.

Filippo alzò lo sguardo e mi guardò come se mi vedesse per la prima volta, come se non mi avesse vista mai. -Riccardo – disse senza aggiungere altro.

-Ancora Riccardo? - sbuffai sbloccandomi, appoggiai la borsetta sul mobile all'ingresso – Che noia, Fili, non ti sei ancora stufato di...

-Rebecca – intervenne Walter, cercando di interrompermi. Ma quel giorno nemmeno Riccardo poteva intaccare la mia felicità.

Nessuno al mondo.

C'ero solo io, c'era ancora vivo e nitido il suo ricordo, il movimento tempestoso dentro di me, c'erano i nostri respiri, i sussurri, c'era che eravamo importanti l'uno per l'altro e c'era solo quello che avevo provato la notte prima, quella notte che aveva cambiato tutto.

-Oh, no Walter, non cercare di difenderlo. Non ha senso questa ossessione per lui, gli fa solo male e ormai Riccardo è storia passata. È un capitolo chiuso. Finito. Stop.

-Ha avuto un incidente – disse Filippo. E la sua voce fredda, distaccata, quasi non parlasse del suo più grande amore, mi spaventò da morire. Mi scossi come se mi avesse dato uno schiaffo in pieno viso, come se avesse bestemmiato, come se avesse davvero detto la cosa più assurda e fuori dal mondo. Filippo rimase impassibile, col cellulare in mano, immobile, nemmeno un muscolo tradiva la sua tensione: non sembrava preoccupato, non sembrava triste, né sembrava provasse emozioni. Era semplicemente lì, di fronte a me – Sto cercando di capire in quale ospedale è stato portato. Non è in quello del paese e nemmeno qua vicino. Non so dove cercarlo e credo che tra poco impazzirò.

E non fu la notizia in sé, ma la sua apparente calma che mi spaventarono da morire.

-Ma... ma – balbettai, arrampicandomi tra le parole, cercando di cancellare quello che avevo appena detto – come? Quando è successo? Chi?

Filippo scosse la testa e Walter gli andò in soccorso.

-Lo abbiamo appena saputo, lo ha avvisato un amico comune...

-Giulio – gli suggerì Filippo come se stesse parlando del tempo.

-Giulio – annuì con uno sguardo di riconoscenza – sembra che ieri notte, rientrando da una serata in discoteca, sia uscito fuori di strada. Forse la velocità, o la stanchezza, non ce l'hanno detto. La persona che era con lui è morta. Adesso non sappiamo dov'è, abbiamo già chiamato l'ospedale e abbiamo passato tre quarti d'ora al telefono per scoprire che non era lì. La famiglia non è rintracciabile e anche se lo fosse, non penso vorrebbe parlare con me. Non sappiamo nulla. Aspettiamo notizie da Giulio, è l'unico che ci può informare.

Mi sedetti accanto a Walter e rimasi in silenzio.

Buffo come tutto poteva cambiare in pochi secondi: ero rincasata euforica per la notte che avevo appena trascorso, mentre qualcuno era morto, qualcuno stava soffrendo le pene dell'inferno e, di qualcun altro, non si sapeva più nulla.

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