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Guardai interrogativamente Filippo, che scrollò le spalle con aria innocente:

-Non aspetto nessuno, vedi chi è – corsi al citofono e non appena chiesi chi fosse, mi rispose una voce piuttosto seria, con un unico nome in risposta:

-Alessandro.

Aprii il portone giù e la porta di casa, mi affacciai alla porta della cucina e dissi:

-E' Alessandro.

-Doveva venire?

-No.

-Uh, una visita a sorpresa, vuoi che vi lasci il soggiorno? - chiese alzando un sopracciglio, complice e un po' paterno.

-Ma figurati, andiamo in camera mia. Ed evita qualsiasi battutaccia, per favore, che non ho più sedici anni. 

Ritornai alla porta d'ingresso e lo attesi sulla soglia di casa un po' pensierosa: dovevamo vederci quella sera stessa e ci eravamo salutati solo qualche ora prima, non capivo perché avesse sentito il bisogno di venire anche quella mattina.

Comparve velocemente sull'ultima rampa di scale, con un sorriso tirato stampato in viso.

-Ciao! - esclamai facendolo entrare e dandogli un veloce bacio sulle labbra.

-Ciao! - si tolse il cappotto, che appoggiai con cura all'attaccapanni all'ingresso – Scusa se non ti ho avvisata, speravo di trovarti in casa.

-Mi sono svegliata da una mezz'oretta, circa – osservò il mio maxi pigiama e i calzettoni di lana.

-Vedo – fece un sorrisetto divertito e, dopo aver salutato Filippo, mi fece strada in camera mia.
La stanza era discretamente in ordine, malgrado il letto disfatto, che ancora profumava di sogni, e i miei vestiti sparsi sul pavimento, poco distante dall'armadio.

Mi sedetti sul letto e mi coprii con le lenzuola, infreddolita, mentre lui si mise di fronte a me.

-Come mai sei passato? Non dovevamo vederci stasera? - attirai le gambe al petto e le cinsi con le braccia, Alessandro si mosse a disagio sul letto, prendendo le misure della mia stanza, per quanto vi fosse stato diverse volte, per quanto sapesse dove tenessi la biancheria, i trucchi, le foto della mia infanzia.

Avrebbe dovuto essere nel suo ambiente, eppure sembrava un po' a disagio.

Si tormentava le mani, si guardava intorno spaesato, come se vedesse quella stanza per la prima volta, come se vedesse addirittura me per la prima volta. Come se avesse sul cuore un peso che doveva, in qualche modo, togliersi ad ogni costo. Anche se non capivo cosa avesse, volevo che quel peso lo condividesse con me, che mi parlasse e mi dicesse tutto, subito.

-Ecco, vedi...

-Hey, che c'è? - allungai una mano verso il suo viso e gli accarezzai una guancia.

-Non so nemmeno da dove incominciare – disse imbarazzato. Io incominciai a preoccuparmi sul serio e, fissando il mio sguardo nel suo, lo esortai:

-Inizia dal principio.

-Mi sono svegliato stamattina e ho pensato a te: sei stata la prima persona che mi è venuta in mente, ancora prima di mio figlio. Ieri sera sei stata l'ultimo pensiero prima di addormentarmi. E ho sognato te, tutta la notte. Va avanti così da tempo. Ultimamente non faccio altro che pensare a te, Rebecca tu sei il mio unico pensiero costante. Penso lo sia stata fin dal primo momento in cui ti ho vista. Sei... speciale. Ed è strano perché non ci conosciamo da tanto, ma penso che tu mi piaccia davvero sul serio. Credo che tu mi piaccia molto più di tutte quelle che ho conosciuto negli ultimi tempi. Anni – aggiunse in fretta – Con te, con te, potrei anche rimettermi in gioco, perché so che ne varrebbe la pena. Mi sembra di conoscerti da tanto, da... da proprio tanto, invece sono solo poche settimane, ma in queste settimane sei diventata non importante, ma essenziale. Vorrei averti mia sempre, perché sono certo che saprei renderti felice. Anzi, penso proprio di essere l'unico che può renderti felice davvero e io non voglio fare altro. Insomma, sei importante. Davvero tanto. Quando ti ho vista per la prima volta, ho pensato che dovevi essere mia, che non avrei avuto altro scopo nella vita che avere te. Dovevi essere mia, tutta mia. E ora ti sento mia, ti sento mia più di qualsiasi altra cosa che sia mia al mondo: mi fai sentire bene. Sei... sei veramente speciale - ripeté a fatica, per chiarirmi il concetto - E ti voglio bene, più di quanto possa immaginare.

-Ale ma quanto sei dolce – uscii dalle coperte e lo abbracciai di slancio. Rimase interdetto dalla mia reazione, quasi non se l'aspettasse e solo dopo qualche secondo ricambiò il mio abbraccio, accarezzandomi i capelli ancora annodati.

-Fammi finire. Dopo la fine della mia relazione con Erica, mi sono detto che non avrei avuto storie serie, per molto e molto tempo. - ora sussurrava nel mio orecchio, tra i miei capelli, senza guardarmi, mentre io vedevo esattamente il suo viso meraviglioso, vedevo lui nel mio letto, vedevo che non doveva stare da nessun'altra parte, ma proprio lì, con me - C'è stata troppa sofferenza, troppo dolore, ci siamo fatti troppo male e avevo paura di soffrire ancora, non volevo che nessuno arrivasse a farmi stare in quel modo di nuovo. Avevo paura di dire addio, avevo paura dei distacchi e quindi preferivo stare da solo. Volevo davvero stare da solo e divertirmi. Ma adesso so che potrei divertirmi anche insieme a te. Potremmo essere felici insieme. Per qualche strano motivo, ti sento vicina, come se stessi sempre ad un passo da me, come se fosse tutto... naturale. Quando non ci sei mi sento davvero scemo e solo, quando non ci sei, vorrei che ci fossi. Quando te ne vai mi metto di malumore e vorrei che tornassi da me. Non so cosa stia succedendo e non so nemmeno se stia facendo la cosa giusta, ma so che devo farla, perché è quello che sento: mi sento come se tu mi avessi svegliato da un sonno. Non so come, ma tu... per me... sei.. Insomma, non so come dirtelo, non so come spiegartelo, ma le cose stanno così. Le ore senza di te sono lunghe come anni. Sento che insieme possiamo anche funzionare. Insomma, potremmo costruire qualcosa. - prese un lungo respiro, come se avesse appena corso tantissimo, poi aggiunse - Ed è per questo che vorrei che conoscessi mio figlio.

Mi staccai improvvisamente, come se avesse appena bestemmiato.

-Dici sul serio?

-Certo che dico sul serio. - rispose osservando attentamente il mio viso, quasi attendendo una risposta dalle mie espressioni.

Ero spaventata, ero preoccupata: avevo paura di entrare nel suo mondo fino a quel punto, avevo paura di quello che mi attendeva, ma sapevo che la mia vita andava in quella direzione.

Voleva lui, voleva la sua vita, voleva farne parte.

Voleva essere un membro della sua famiglia, non qualcuno, che, per caso, per qualche giorno, aveva incrociato il suo cammino.

Lo voleva con tutto il cuore, più di qualsiasi altra cosa al mondo.

Sorrisi di cuore e dissi:

-Non vedo l'ora di conoscerlo! - lo abbracciai di nuovo e lo sentii tirare un sospiro di sollievo, finalmente rilassato. 

-Guarda che non è una cosa da tutti i giorni – mi disse dopo un po'.

-Lo so che non è una cosa da tutti i giorni – sussurrai al suo orecchio – non credere che non lo sappia.

Mi accarezzò ancora i capelli, facendo poi scendere la sua mano sulla schiena, fino a farla scivolare sotto al pesante tessuto del pigiama.

Alessandro non mi guardò in faccia, né disse una sola parola.

Era la prima volta che si spingeva a toccarmi in quel modo.

E, all'improvviso, tutto il mio corpo si risvegliò in quel freddo, freddo inverno atipico, come se tutto ad un tratto fosse scoppiata la primavera, inattesa e, proprio per quello, ancora più sorprendente.

Mi sentii come se, all'improvviso, dopo un anno di siccità e bonaccia, fosse arrivata un'inondazione, come se gocce scroscianti lavassero via l'arido intorno a me, come se un fiume in piena ridesse vita alla mia stessa vita. Quel suo tocco sulla mia pelle fu come neve nel deserto, più violenta di un tifone, scombinò i miei sensi assopiti, spettinò le mie emozioni, mi fece rabbrividire fin dentro l'anima.

Mi accarezzò come se mi toccasse per la prima volta, come se non mi avesse mai toccato, prima.
Non era un sogno, non era una magica: era tutto reale e non potevo chiedere altro che continuasse a toccarmi in quel modo, che non smettesse mai, che non mi lasciasse mai andare via, né mi allontanasse: la punta delle sue dita era musica al contatto con la mia pelle, avrei fatto qualsiasi cosa, avrei fermato il tempo e cancellato il resto del mondo, solo per sentire ancora la sua carezza lieve, intensa e tempestosa.

Pensai che se non avessimo fatto l'amore, probabilmente sarei impazzita di desiderio.

Ma la sua mano non si fermò, mentre si fermò il mio cuore in quella strana mattina, scoppiando di gioia, di desiderio, di passione.

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