50

92 9 0
                                    

Nel locale rimbombava la musica così alta che era praticamente impossibile parlare.

Ci aggirammo spaesati nel casino infernale che regnava in quel locale relativamente piccolo, stipato di gente fino all'ultimo centimetro. Era una festa di compleanno, un'occasione come tante altre, come tantissimi altri compleanni nel corso dell'anno, ma quella festa era diversa: sembrava di essere a Capodanno, alla festa più importante del secolo, quella a cui non si poteva di certo mancare e per la quale si sarebbero fatte carte false pur di partecipare.

E, di certo, importante era davvero.

Appena entrati, mi resi conto che la temperatura, dai meno cinque gradi esterni, era lievitata fino a quaranta gradi e passa: la gente ballava sudata e frastornata in un rave party incontrollabile, come fosse posseduta e c'era davvero, ma davvero tanta gente, un po' ovunque, al bar, sulla pista, alcuni temerari sui cubi improvvisati, intorno alla consolle del dj, fuori dal guardaroba, vicino ai divanetti di pelle.

Mi tolsi la sciarpa e il cappotto infastidita, per quanto sotto fossi poco vestita avevo già iniziato a sudare e la cosa mi dava i nervi.

Ragazze seminude con fisici invidiabili, uomini di tutte le età pronti a ghermirle, con lo sguardo o con le mani, o col portafogli, altri, più intimiditi dall'ambiente e dall'aggressività di un nuovo sesso che non riconoscevano più, girovagavano guardinghi e lievemente spaesati con un drink colorato in mano, gruppi di persone che per parlare gridavano come pazzi, ridendo scompostamente, come se, dopo quella notte, non avrebbero potuto ridere mai più, coppie affiatate, di tutti i sessi, drag coloratissime, coppie innamorate che pomiciavano sui divanetti, quasi avessimo ancora tutti quindici anni.

Ma mi piaceva, andava bene così, non partecipavo ad una festa così estrema, colorata e frenetica da secoli, non ero protagonista e non importava, ormai mi ero innamorata di quell'atmosfera trasgressiva e fuori dagli schemi.

La sentivo già mia.

Il Club era una delle discoteche più rinomate della zona e ci voleva veramente un mago per organizzare una festa proprio lì: le liste di prenotazione erano lunghissime e andavano da un anno per il successivo.

Ma, ormai era evidente: nulla era impossibile per una persona eclettica, adorabile e piena di talento come Walter, che dipingeva e guidava un'azienda insieme ad Alessandro, che aveva una laurea in gestione aziendale con i massimi voti, parlava tre lingue e si intendeva di arte antica. Lo avvistammo immediatamente, bellissimo e scatenatissimo con le braccia sollevate per attirare la nostra attenzione, saltellava a ritmo di musica e, per la prima volta, vidi una persona libera, libera da tutto, infine anche dai pregiudizi.

Ed era proprio quello, ciò che gli auguravo: che fosse sempre libero da tutto, ancor di più dalle voci di paese, che potesse amare sempre senza pensieri o impedimenti tutto ciò che lo circondava, perché se lo meritava.

Walter era una persona positiva e non avevo alcun timore di affidargli il mio Filippo.

Risi di me stessa e del mio sconfinato senso di protezione nei confronti di qualcuno che si dimostrava in grado di cavarsela bene anche senza di me e continuai a ballare.

Notai di sfuggita che Walter non aveva nulla di frangiato addosso e vidi, di conseguenza, la vena sul collo di Filippo ingrossarsi:

-E dove sarebbero le tue frange? - chiese, infatti, inviperito, con un divertentissimo movimento della mano, che mi ripromisi di imitare alla prima occasione.

-Vedi la mia sciarpa? - mostrò una gigantesca sciarpa grigia che gli avvolgeva il collo, malgrado il caldo – Ha le frange.

E lo disse come un fatto talmente ovvio che anche io non potei che convenire, malgrado l'ansia che avevo provato quello stesso pomeriggio, nel tentativo di trovare qualcosa con le frange che mi potesse stare bene addosso.

-Sei fortunato che questa sciarpa sia troppo bella per usarla come cappio: guarda me, sembro un deficiente – brontolò allargando le braccia, con un'espressione di adorazione tale che tutto il resto scompariva. Il suo modo di essere modesto per finta era sempre stata una mossa vincente e sentivo di volergli un bene che superava qualsiasi segreto volessi tenere per me: lo adoravo, lo sentivo, lo consideravo cosa mia.

Ma sapevo che, ormai, non era più solo mio da tempo.

Con mia estrema gioia.

-Sì, sembri un deficiente, in effetti – ammise Walter ridendo e dandogli una leggera spallata, una cosa così dolce e confidenziale che mi mise quasi a disagio, di troppo in quel corteggiamento in punta di piedi – e, comunque, sei solo tu ad avere un problema con le frange, su Rebecca stanno benissimo.

Mossi il corpo per far ondeggiare le frange e risi come una bambina, rise anche lui e, solo in quel momento, mi resi conto di quanto fosse carino, seppur molto diverso da Alessandro: aveva guanciotte rosse su una pelle diafana, un corpo asciutto ma per nulla muscoloso, riccioloni neri scarmigliati sulla fronte e occhi chiari, di un verde indefinito, più scuro di quelli di suo fratello.
Walter era proprio un bel ragazzo: era divertente, aveva uno spiccato senso dell'umorismo, era dolce ed intelligente, ma la cosa più importante era che era sempre stato accanto a Filippo.
E io gliene sarei stata grata per sempre.

-Dov'è tuo fratello? - gli gridai nell'orecchio per farmi sentire meglio, seguì la direzione del suo braccio steso e sgranai gli occhi davanti alla scena che mi si presentava davanti.

Diego ed Alessandro, vestiti con due orribili camicie da cow-boy di identica fattura, ma di diverso colore, stavano ballando su un cubo al ritmo di una delle peggiori canzoni dance degli ultimi dieci anni.

Mi battei la fronte incredula, quasi fosse la prima scenetta assurda che vedessi davanti agli occhi; in realtà, ne avevo viste ben di peggio, ma il fatto di essere la ragazza di Alessandro mi dava privilegi inaspettati, lasciandomi la libertà di scandalizzarmi alla vista del mio ragazzo che faceva lo scemo insieme al suo amico.

-Ma sono già ubriachi? - chiesi rivolta a Walter, mentre Filippo inevitabilmente, e senza nemmeno trattenersi troppo, apprezzava la scenetta.

-Ma che ubriachi – intervenne Walter alzando gli occhi – magari! Quando vanno in discoteca fanno sempre questa cosa imbarazzantissima. Credono di essere dei fighi, ma non hanno idea di quanto siano ridicoli.

-Pensano di essere fighi? - scoppiai a ridere, rendendomi conto che, per l'ennesima volta, avevo ripetuto una frase appena detta. Alzai gli occhi a mia volta e scossi la testa – Non hanno proprio capito niente!

-Tu non la troverai una cosa eccitante e probabilmente ti stai vergognando, ma per noi gay è un bel vedere – rimuginò sovrappensiero Filippo, poi si rese conto che l'avevamo sentito e arrossì furiosamente.

Erano secoli che non vedevo Filippo arrossire e, anche quello, non poteva che essere un ottimo segno, perché in quel rossore riscopriva l'emozione di sentirsi ancora imbarazzato per una gaffe commessa davanti alla persona che gli piaceva.

In quel momento Alessandro notò la mia presenza e si esibì in un buffo inchino nella mia direzione, trattenni a stento una risata e ricambiai il saluto.

Non importava quanto fosse ridicolo, perché anche nel goffo balletto con Diego era sexy, era travolgente, era incredibilmente irresistibile.

E io ero attratta da lui come una ragazzina alle prime armi.

Mi misi a saltellare impazzita, fingendo di aver perso il controllo, ballai anche io e questa volta non fui ballerina classica, ma cubista vestita di pelle, senza vergogna, senza pudore.

E non fui volgare, solo ossa e cuore che ballavano, con l'adrenalina a mille, perché Alessandro era bellissimo, era così bello che si faceva fatica guardarlo.

E poi era il compleanno di Diego e tutti si stavano divertendo, quasi la morte e la paura non fossero mai esistite.

E mi piaceva, mi piaceva da matti, come se anche io avessi perso il senno.

Agguantai Filippo e Walter e ballammo insieme, in un abbraccio che profumava di complicità e fratellanza, vidi Alessandro e Diego ridere di noi, vidi Fili ridere, vidi Walter completamente perso nel sorriso di Filippo, vidi persino me stessa soddisfatta di quel momento.

Non mi sarei fermata, avremmo fatto festa per sempre, saremmo sempre stati giovani, avremmo avuto mille vite da vivere con intensità e gioia, avremmo ballato non solo per tutta la notte, ma per il resto dei nostri giorni.

SegretoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora