Capitolo 3

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"Umiliare gli altri,non ti rende forte,ti rende miserabile"
-Anonimo-














































Tivoli,20 ottobre.
9:32





















Quella mattina Francesco si era fatto accompagnare da sua mamma.
Non voleva rovinare la sua opera con le buche del pullman e la pioggia.

Così,fresco come una rosa,era arrivato in classe e con lui Beatrice.
In realtà Beatrice arrivava sempre in ritardo.
Arrivava da un paesino lontano,e ci metteva sempre mezz'ora il suo pullman ad arrivare.
Era una ragazza molto introversa.
Anche se,quegli occhi chiedevano aiuto da un anno a quella parte.
Ma Francesco non era ancora arrivato a capire il perché.

<<Ciao,hai visto che sole oggi?>>
<<Sarebbe bello avere il sole dentro>>
<<Penso che noi abbiamo il sole dentro,basta cercarlo.>>
<<Quello è il tuo lavoro per Arte?>>
<<Esatto. Ho portato il Colosseo!>>
<<Non vedo l'ora di vederlo>>
<<Tu invece,cos'hai portato?>>
<<Niente,sono troppo stanca per dipingere. Mi prenderò una nota>>
<< Non si è mai stanchi di fare nulla quando si ha la volontà di andare avanti>>
<< Fidati,a volte, sì e proprio stanchi>>






La professoressa Rossini era entrata con la solita nuvoletta grigia in testa.
<<Avanti,mostratemi i vostri lavori in ordine alfabetico>>aveva detto svogliatamente.
I lavori erano nel loro insieme casini di forme geometriche e numeri.
Ma a Francesco non piacevano per niente.
Lui voleva trasmettere emozioni con la pittura.

Quando era stato il suo turno,aveva mostrato con orgoglio il suo dipinto,lasciando l'intera classe a bocca aperta.
<<Wow, veramente,dieci solo per le sfumature di rosa>>aveva detto la professoressa,assegnando il voto al ragazzo.

E poi era toccato a Beatrice.
Si era alzata,le gambe magre la sorreggevano appena.
Aveva sussurrato qualcosa.
Ma la professoressa aveva già messo un voto negativo sul registro.
E aveva iniziato ad umiliarla davanti alla classe intera.
Tutti ridevano.
La deridevano.
Tranne il Sognatore.


















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Beatrice era corsa in bagno, chiudendosi a chiave.
Da un anno a quella parte aveva l'inferno dentro e fuori casa.
E voleva dannatamente scappare.
Scappare e andare in paradiso.
Ma nessuno,le aveva mai detto la strada.

























Sei un fallimento.




































Ma dove vuoi andare? Al massimo andrai a lavare le scale.






























Mangi troppo.































È colpa tua se litigo con tua madre.































Sei stata un errore che non dovevo commettere.





























Nemmeno a botte ti svegli,ma sei proprio così cretina?


























Le frasi che suo padre gli ripeteva ogni giorno le martellavano in testa,creando un brusio fastidioso che si portava dietro da tempo.
Con l'anima a pezzi.
Ma senza colla ne scotch per metterla insieme.
Senza nessuno accanto se non il dolore.
Forse aveva tanti soldi.
Anzi no,ne aveva proprio tantissimi.
Ma non aveva la felicità.


Uscita dal bagno aveva incontrato la bidella che,vedendola così l'aveva abbracciata.
<<Cos'hai gioia?>>
<<Sono in astinenza di felicità>>
<<Da quanto tempo?>>
<<Da tutta una vita>>





































Giacomo Leopardi diceva che l'uomo è alla costante ricerca della felicità,ma che sarebbe felice se non la cercasse.
Dunque il dolore è in realtà felicità?

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