Capitolo 12

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Dal momento che non ho trovato una bella frase,vi consiglio di ascoltare mentre leggete il capitolo "Bella e rovinata" di Irama la versione "Unplugged".
Detto questo,buona lettura ❤️





























Tivoli,11 novembre.
21:45




















Beatrice quella sera,aveva rinunciato ad una uscita con sua cugina.
Non sapeva nemmeno lei il perché.
Ma si sentiva troppo osservata per quel locale pieno di luce.
Anche perché lei,la luce,non ce l'aveva mai avuta.

Beatrice era tornata a casa,pentendosi immediatamente della sua scelta.
Si era chiusa dentro in camera,sentendo i passi di suo padre arrivare alla porta.
<<Beatrice,apri immediatamente questa porta>>aveva detto,facendo crescere una scia di brividi per la colonna vertebrale della ragazza.
Lei aveva fatto finta di non essere lì.
Aveva trattenuto il fiato e aveva chiuso gli occhi.
Si era rannicchiata sotto le coperte,come quando era bambina e cercava di nascondersi da suo padre.
Fin da bambina,l'infanzia rovinata.

Alla fine suo padre si era arreso,ed era uscito di casa,sfrecciando via con la sua nuova automobile.
Beatrice era corsa in cucina a prendere qualcosa per rilassarsi.
Ma l'unica cosa che aveva trovato era la povere fra le mensole.
Affranta e stanca,era andata in bagno.
Aveva aperto l'armadietto,quello dove suo padre tiene la schiuma dopobarba.

E poi, stranamente si era ritrovata a ridere.
E aveva compreso che l'esaurimento nervoso era sempre presente nella sua mente.
Le dava fastidio guardarsi allo specchio.
Allora,aveva preso la spugnetta rosa,e si era struccata.
Ritrovandosi addosso i girasoli di Vincent Van Gogh.
E le ninfee di Monet.
Dipinta di lividi e sbagli che nemmeno lei sapeva di aver commesso.
E ancora una volta si era lasciata andare alla tentazione di vomitare la sua anima.
E l'aveva fatto.
Ritrovandosi piegata a metà.
Dentro un cesso vuoto.
Come la sua anima.
Vuota,spenta,distrutta,inerme.
Ecco,si riconosceva nei cadaveri che si vedevano al telegiornale.
Bianchi e senza vita.
Ma il problema più grande era che lei era viva.
Anche se di vivo,non le era rimasto niente.


















~~~~



























Due sere dopo Francesco si era ritrovato con la solita compagnia delle tre G,in un locale in centro.
Quella sera,aveva fatto uno strappo alla regola,mettendosi una camicia.
Cosa più unica che rara dal momento che,di camicia ne aveva una nell'armadio.
Bianca.

Dopo mezz'ora di balli e lenti,i suoi amici erano tornati al tavolo.
Giorgio aveva incaricato Francesco di andargli a prendere un altro drink.
<<Daiiiiii....uno...uno solo>>
<<Passami il portafoglio>>
<<Mamma mia se sei tirchio!>>
<<Zitto, altrimenti non ti prendo niente>>

Era andato al bancone e aveva ordinato la prima cosa che gli era capitata di leggere sott'occhio.
Stava tornando al tavolo,ma un profumo l'aveva fatto fermare.
In mezzo alla pista da ballo.
Un chiodo di pelle con le frange.
Ed eccola lì.
Beatrice.
In tutta la sua innocenza.
Con un sorriso di troppo.

<<Ciao Beatrice>>
<<Ciao Francesco>>aveva risposto lei sorridendogli.
<<Beh....come mai da queste parti?>>
<<Sono con la mia compagnia,vieni al tavolo>>
<<Ma....in realtà non mi sembra il caso. Non li conosco nemmeno>>
<<Ma smettila,se non ti senti...>>
<<No dai,ci ho ripensato>>aveva risposto lei,buttando giù tutto quel drink.

Beatrice non era per niente abituata a bere e dopo un'ora,era molto allegra.
Aveva iniziato a ridere ad ogni battuta di Giorgio,senza nemmeno sapere cosa stesse dicendo.
Francesco la stava osservando da qualche minuto e non faceva altro che guardarle come muoveva le mani,gli occhi,i capelli.
Era completamente rapito dalla sua figura.

Dopo ben due ore,il locale era ormai deserto e il proprietario doveva chiudere.
L'orologio segnava le cinque emmezzo del mattino e Beatrice,non sembrava propensa ad uscire.
<<No....dai,ancora un ballo e andiamo a casa>>aveva detto,sistemandosi i capelli dietro la schiena.
<<Vieni Beatrice,dai,andiamo a casa>>aveva detto il giovane,prendendola sottobraccio.
Salutati i ragazzi,aveva fatto sedere sul sedile posteriore Beatrice.
Francesco stava guidando.
Non un auto qualunque.
Ma quella di suo padre.
<<Ti prego solo di non vom....>>ma non aveva finito la frase che la ragazza era scoppiata in una risata fragorosa.






Quei dieci minuti d'auto sarebbero durate un'eternità.

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