5. Di lavoro e famiglia

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« Dov'è la mia bambina preferita che si chiama Martina? » esalò raggiante Simona, giocando a nascondino in una villa maestosa e, per certi versi, lussuosa - situata in uno dei quartieri più ricchi del suo paesino -, cercando la piccola di cinque anni che le era stata affidata per quel giorno.

L'aveva prelevata da scuola all'una ed erano andate a casa della bambina, siccome i genitori di quest'ultima le avevano lasciato le chiavi della loro dimora.

La ragazza faceva già da un anno la babysitter e non erano poche le volte in cui i genitori dei bambini glieli dessero in custodia per una giornata intera o anche per più giorni, nei quali Simona avrebbe dovuto dormire a casa loro.

Non le dispiaceva fare il suo lavoro, anzi.

Amava stare con i bambini, anche perché era molto brava a interagire con loro: li faceva giocare e spesso inventava altri giochi per far divertire i suoi accuditi; ogni tanto faceva qualche sorpresina e comprava loro un giocattolino oppure un ovetto di cioccolato o altro che le passasse per la testa.

Insomma, cercava di renderli felici, cosa che faceva con tanto amore.

Sapeva bene come comportarsi, dal momento che aveva un fratellino di nove anni, con il quale si divertiva a starci insieme, farlo giocare, strapazzarlo di coccole e stritolarlo in abbracci spacca-ossa, dai quali il bambino cercava di liberarsi con tutte le sue forze, fallendo la maggior parte delle volte e cedendo alla fine a quelle attenzioni.

Oltre a ciò, d'estate, fino alla fine di settembre, aveva un altro impiego che le piaceva molto: essere una dogsitter. Aveva una vera e propria passione per i cani, soprattutto per i pastori tedeschi e i maremmano, oppure i labrador o i San Bernardo.
Prediligeva i cani di taglia grande, ma non le dispiaceva accudire altresì quelli di media e piccola stazza.

Il suo salario era di venti euro all'ora o al giorno (dipendeva dai clienti) per badare ai bambini e di quindici con i cani.

Grazie ai soldi che accumulava, poteva mantenersi da sola l'appartamento, ma i suoi genitori insistevano per pagarle loro l'affitto. Lei cedeva, ma ogni mese mandava loro una busta con la quota esatta di ciò avevano speso, come ringraziamento per i loro riguardi.

Simona credeva che loro avessero bisogno di quei soldi molto più di lei e si sentiva in colpa quando erano loro a mantenerla, anche se le dicevano di non preoccuparsi e che quello fosse il loro dovere.
Voleva loro un gran bene, che veniva largamente corrisposto.

Setacciando ogni parte della casa, alla fine, trovò Martina dentro l'armadio della suite presidenziale; aveva capito che si trovasse lì poiché la bambina aveva lasciato un piccolo spiraglio tra le due ante.

Inoltre, mentre si avvicinava, riusciva a sentire delle risatine trattenute provenienti dal mobile, il che diede a Simona un ulteriore vantaggio.

« Ma dove potrà mai essersi nascosta? » chiese a nessuno in particolare, intanto che si dirigeva verso l'armadio, facendo finta di nulla.

« Mi sa proprio che ... » la babysitter lo spalancò ed esclamò, gioiosa:

« Trovata! » causando un gridolino di sorpresa da parte di Martina, che però rise e saltò sopra la ragazza, abbracciandola.

« Come hai fatto a trovarmi? » domandò con la sua vocina infantile, continuando con uno sbuffo.

« Pensavo di essermi nascosta bene, stavolta! »

Simona rise e le disse, dopo averla fatta scendere dalle sue braccia ed essersi abbassata sulle ginocchia per guardare negli occhi la bambina:

« Perché nessuno può sfuggire alla Campionessa di Nascondino! » si apostrofò, battendo un pugno sul petto, orgogliosa.

Da quella preghieraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora