Prologo

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Un uomo sulla cinquantina entró nella stanza. Era buia complessivamente, con una luce che però illuminava la ragazza, che si trovava al centro. Aveva ordinato di farla legare per evitare che architettasse altri piani diabolici contro di lui. Non riusciva a crederci di essere arrivato a quel punto. Punire la sua stessa figlia, sangue del suo sangue.

"Cara...Cosa diavolo devo fare con te? Explicamè. Porque me has hecho esto?" domandò il padre, alzandole il mento con il manico del bastone da passeggio che portava sempre con sé.

"Joder" rispose lei, sputando debolmente. Non mangiava da giorni da quando era rinchiusa lì dentro e non vedeva l'ora di uscire per tramare vendetta.
Il padre la guardò con disprezzo e le molló uno schiaffo così forte da farle girare la testa da un lato. Lo sguardo di Cara tornò all'uomo e giurò di provare odio anche quando respirava. Lo odiava per davvero. Così tanto che l'avrebbe ucciso con le sue stesse mani.

"Ma guardati! Sei ridicola. Pensavi davvero di ingannarmi? Sei mia figlia, Cara. Sei una Hernandez e tale cognome tradisce ogni tuo passo falso" affermò lui, girandola intorno. Le tirò indietro i lunghi capelli rossi, facendola urlare dal dolore. Era stanca, affamata e infuriata. Nessuno avrebbe dovuto tradirla in quel modo e si odiava per essersi fidata subito.
Aveva chiesto aiuto alla polizia, voleva giustizia per la madre e per il suo migliore amico. Una giustizia che le era stata tolta da quel lurido verme che aveva usato bussare alla porta di Igor Hernandez, capo del più grande clan del Messico orientale.
Il sangue le ribolliva nelle vene e normalmente con tale rabbia, avrebbe spezzato le corde che la tenevano intrappolata ma ora la sua unica priorità era trovare un modo per scappare.

"Credevo di averti dato un compito, o sbaglio? Mi avevi giurato la tua fedeltà. Sai cosa facciamo in questo clan ai traditori, tesoro?" chiese poi Igor, ridendo in un modo da far venire i brividi. Sapeva la risposta. Eccome se la sapeva. Ricordava perfettamente la testa del suo migliore amico appena ad un palo e al solo pensiero, le venne da vomitare.

Cara guardò di nuovo il padre. Speró di fargli capire cosa stava pensando. Sapeva che sarebbe scappata e sapeva che avrebbe tramato una vendetta così geniale da ucciderlo senza che lui se ne fosse accorto.

Rise istericamente. Sia per il dolore che per la gloria che sperava di avere.
"Voy a matarte pronto, cabrón" gridò, divincolandosi.

Igor rise così forte da far tremare i muri e Cara lo odió ancora di più.
Si posizionó davanti all'ascensore guardandola e fece un passo indietro.
"Eres como tu madre pero ella no era tan estupida" rispose lui, velenoso. Le porte si chiusero, lasciandola al buio. Sola tra le sue grida di disperazione.

Passarono secondi, forse minuti o forse ore. Cara era stanca e sentiva gli occhi chiusi. Non vedeva l'ora di mangiare qualcosa e riuscire a dormire ma sapeva che qui non avrebbe trovato pace.

All'improvviso, sentí un'esplosione è giurò di vedere gli uomini di suo padre precipitarsi giù dalle scale, ma furono troppo lenti. L'avevano già portata via. Dopo mesi respiró aria pulita e si sentì rivivere.

"Credevi che ti avremmo lasciata da quel figlio di puttana?" domandò una ragazza dalla carnagione olivastra e dai capelli neri. La riconobbe dal tono di voce.

"Vamos a Colombia, baby" dissero poi, le altre tre giovani donne. La sua salvezza. Le sue migliori amiche.

I'm the Boss here// Christopher VélezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora