Capitolo 26

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Cara

Passarono settimane e non c'erano tracce di mio padre in giro per il Sudamerica e la cosa mi sembrava davvero sospetta. Non avrebbe mai lasciato il Messico, nemmeno sotto tortura. Io e Joel avevamo controllato ogni singolo quartiere, perfino quelli più nascosti ma lui sembrava svanito.
Conoscevo mio padre ed ogni singolo suo giacimento ma negli anni erano cambiate un sacco di cose, compresi i suoi servitori.
Christopher stava iniziando a spazientirsi, anche perché non vedeva l'ora di farlo fuori nonostante gli avessi spiegato più di una volta che sarebbe stata una battaglia tra me e lui. Ogni volta alzava gli occhi al cielo, come se fosse scontato che non mi avrebbe ascoltato.

Avevo passato giorni interi a provare ad hackerare ogni singolo sistema del suo quartiere generale ma non c'era stato nulla da fare. Erano protetti con una delle tecnologie più avanzate ed era quasi impossibile accedervi. Anche Eva mi aveva dato una mano ma dopo due giorni intensivi, ci avevamo rinunciato.

Zabdriel e Maluma avevano riunito tutto il mio clan, controllando ogni possibile sospetto ma di spie non ce n'era traccia.

Sembrava tutto regolare ma era tutto troppo perfetto per essere vero. Igor Hernandez non conosceva la politica "calma dopo la tempesta" ed era proprio dopo un periodo di silenzio, che si faceva sentire più di prima.

"Non è possibile!" urlò Eva, dopo l'ennesimo tentativo davanti al computer. Sbattè il pugno sulla scrivania, facendo tremare tutto per poi abbandonarsi sulla sedia. Mi misi a mangiarmi le unghie, chiaro segno della mia tensione e poco dopo, entró Richard che la portò via. Lei iniziò a ribellarsi ma poco dopo, la convinsi a lasciare lo studio per riposare.

Eva alzò gli occhi al cielo per poi uscire dall'ufficio, sbuffando.

"Dovresti dormire anche tu. Sei su questo computer da dopo la tua spedizione in Messico" mi consigliò Richard, massaggiandomi le spalle.
Gli sorrisi teneramente. Guardai un ultima volta il computer convincendomi a riprovare di nuovo.

"Grazie ma vorrei finire qui. Tu obbliga quell'altra a dormire" risposi e subito lui ridacchió, lasciandomi da sola nella stanza.

Mi stiracchiai e feci schioccare le dita per poi prendere gli occhiali da lettura ed indossandoli.
Iniziai a digitare una serie di codici provando ad hackerare uno dei suoi quartieri generali minori e non feci nient'altro per altre due ore.

In quel momento, Zabdriel entrò nella stanza portandomi la tazza di caffè che gli avevo chiesto. Mi stavo addormentando in piedi ma mi ero ripromessa di non uscire dalla stanza fino a quando non avrei decifrato il codice giusto per controllare il suo sistema.

Mi passò il recipiente e subito mi misi a sorseggiarne il contenuto quasi come fosse ambrosia per gli dei.
Subito mi guardò e si mise al mio fianco, fissando lo schermo.

"Cosa ti crea difficoltà?" chiese, continuando a guardare il computer di Christopher. Gli spiegai con tutta la frustrazione possibile cosa avevo combinato fino a pochi minuti prima, facendogli capire che non sapevo che altro fare.

"Posso?" domandò poi e senza esitare, gli passai la tastiera. Rimasi a bocca aperta, vedendo con quale abilità e rapidità si mise a digitare sui tasti.
Non ci mise molto ma non appena vidi sullo schermo, lo squalo bianco che caratterizzava il simbolo del clan di mio padre quasi mi venne da piangere.

"Avevi provato ad hackerare direttamente il quartiere generale maggiore?" domandò, ridacchiando. Scossi la testa. Avevo pensato fosse troppo scontato per poter funzionare.

"Mi deludi. Una hacker così esperta come te, battuta da un novellino" disse, iniziando a pavoneggiarsi. Gli rivolse una linguaccia mentre iniziavo ad analizzare i vari file.

Trovai varie cartelle dedicate a Chris ed ai ragazzi ma ciò che mi preoccupò fu altro.
Il file conteneva la villa in cui stavo, con tutte le entrate segrete possibili.

Igor non era in Messico. Era sotto di noi.

I'm the Boss here// Christopher VélezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora