Capitolo 02

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Mi svegliai di soprassalto mettendomi a sedere. Quella strana sensazione non voleva abbandonarmi. Chi era quell'uomo? O meglio, che cosa era? E le ali? Era forse una sorta di angelo?

Mi passai la mano tra i capelli per allontanare quei pensieri.

Il telefono squillò, lo afferrai felice che mi avesse distratta da quella agonia.
"Pronto?" - risposi.
"Hey, H. Che fine hai fatto? Ti aspetto da venti minuti ormai"
Riconobbi la voce di Jackson, il mio migliore amico. Cazzo, mi aspettava al Grill's e io me ne ero completamente dimenticata.
"Oh, Jack scusa. Mi ero addormentata! Aspettami, sarò lì tra poco." - detto questo riagganciai e come un fulmine mi sistemai i capelli, mi misi le sneakers e uscii di casa urlando a mia madre che sarei tornata più tardi.

Dieci minuti dopo ero già al Grill's. Entrando nel locale fui investita dall'odore acre della birra, di dopobarba maschile e di patatine fritte. Il locale non era molto grande ma era frequentato da ragazzi della mia età. Le pareti bianche erano ricoperte da foto di uomini grassi che avevano vinto delle sfide con il cibo. I tavoli in acciaio grigio e i divanetti in pelle rossa davano al locale un aspetto retrò, proprio in stile Grease. Avete presente? Il film con John Travolta.
Superai una coppietta intenta a divorarsi la faccia a vicenda e diedi uno sguardo in giro cercando Jackson.  Lo trovai seduto al solito divanetto in fondo al locale e avanzai verso di lui.

Jack era un normalissimo diciottenne. Aveva spalle ampie e muscolose per via del football, gli occhi castani e i capelli della stessa tonalità ed era un ragazzo di colore. Lo conoscevo da quattro anni ormai e da subito io, lui e Beth siamo diventati un trio. Bhe, ognuno contribuiva all'immagine del gruppo. C'era Beth: la bella bionda che ti faceva entrare nei locali solo con un battito di ciglia; Jackson, per tutti Jack tranne per sua madre che non amava i diminutivi, che da bravo giocatore di football ci invitava alle feste strafighe dei suoi compagni di squadra, e, dulcis in fundo, c'ero io. La barbosa, isterica Harley con un carattere di merda che non si faceva dare ordini da nessuno.

Sì, siamo un bel trio. Lo ammetto.

Mi abbandonai sul divanetto di fronte a Jack sbuffando.
"Ah, eccoti. Come stai stellina? Ti vedo arzilla come sempre, eh" - mi stuzzicò Jack.
"Ciao anche a te, stupido!"
"Come mai quella faccia da funerale?"
"Ho fatto un sogno strano prima" - sapevo che a Jack potevo raccontare le follie che succedevano nella mia mente. Mi avrebbe tirato su di morale.
"Oh, ma dici prima? Prima, quando stavi per bidonarmi? Vabbè dai, racconta un po'"

Raccontai tutto del mio sogno e delle sensazioni che avevo provato. Di come mi ero sentita intimidita davanti a quella creatura.

"Credo che tu abbia dei problemi! - sentenziò lui alla fine - La settimana scorsa avevi sognato l'esorcismo di una bambina, la settimana prima avevi sognato la morte di trenta persone e adesso questo. Che vuoi che ti dica? Contatta uno bravo che ti faccia dormire sogni tranquilli così per una volta verrai a dirmi che hai sognato un unicorno colorato che vomita caramelle cavalcando un arcobaleno!"

Scoppiai a ridere di gusto. Mi sentivo già meglio. Non provavo più inquietudine né altro, nella mia mente adesso c'era solo l'immagine di un unicorno che vomitava caramelle sulla testa della gente nel locale.

Lost in damnation - anime dannateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora