Sempre di più, come un tattoo

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Ludovica

È qualche giorno che Filippo è strano. Lo vedo assente, sempre con la testa altrove, i pensieri trasformati in risposte a monosillabi, non mi racconta più nulla, quando gli parlo sembra un robot che risponde ad impulsi, non mi cerca, né tantomeno mi chiama. Non ci sono più le videochiamate alla sera con la faccia stanca ed una sigaretta in compagnia nonostante la distanza, non ci sono i messaggi dolci del buongiorno, né quelli in cui mi racconta qualche episodio divertente della giornata o delle sue lezioni all'interno della scuola.
Oggi, in particolare, è proprio sparito. Completamente sparito. Sono ore che lo chiamo, che cerco di comunicare attraverso qualche messaggio, ma lui continua solo a visualizzare e lascia che quelle spunte blu parlino al posto suo.
Isolandosi ancora una volta.
Allontanando tutte le persone che lo potrebbero aiutare.
Lasciando che sia il vuoto a risucchiarlo.

Sento il telefono che squilla e vibra sulla superficie del comodino in legno della mia stanza, guardo il display e rimango stupita nel leggere il nome di Einar. "Pronto?" rispondo con la voce preoccupata, pensando subito al peggio. "Si. - Ciao, sono - sono Einar. Avrei bisogno di parlarti, hai cinque minuti?" mi chiede con la voce imbarazzata e appena sussurrata. "Sì certo, dimmi pure. Solo una cosa: Filippo sta bene?" gli chiedo, con un tono molto preoccupato verso la fine della frase. "È proprio di questo che volevo parlarti." mi dice con la voce che si abbassa sempre di più. Sento che pronuncia un 'Vado giù in cortile, c'è Vale al telefono." e poi solo il rumore della porta della camera che si chiude rumorosamente. "Cazzo Einar mi puoi dire che succede? Dio, sono giorni che è strano, ore che non ho sue notizie e tu dici una parola ogni dieci minuti. -" dico con un tono nervoso e rabbioso. "- Scusa. Si, insomma tu non hai colpe. È solo - solo che - che mi fa impazzire questo suo comportamento infantile. Che ho pianto tutto il giorno perché non l'ho sentito. Che mi sento immobile, ferma, senza possibilità...perché, Cristo, se fosse stato vicino sarei potuta piombargli in casa, avrei potuto guardarlo dritto negli occhi, invece siamo distanti chilometri e non posso fare nulla." gli confido, non so a chi aggrapparmi ora che tutto mi sembra di nuovo nero, di nuovo come mesi fa, di nuovo quell'orribile sensazione di vuoto allo stomaco. "Questa settimana hanno assegnato il compito di scrivere le lettere per l'accesso al serale. Hai presente quella che Maria ha letto per me in puntata? Ecco, una cosa simile. Solo che per Ira non è stato semplice. Si è ridotto all'ultimo momento, gli sono crollati addosso troppi ricordi e ti giuro non l'ho mai visto così. L'ha scritta per lei." mi dice con voce seria, mentre io appoggio la schiena alla parete e crollo sul pavimento di marmo gelido. "Ah." per un istante non riesco a dire altro. Sento il cuore che perde qualche battito al solo pensiero e posso solo immaginare quanto possa aver fatto male a lui, quanto tutto questo l'avrà annientato un'altra volta. "Come sta?" gli chiedo semplicemente. Dall'altra parte nessuna risposta, solo un silenzio gelido. "Ein dimmi la verità, ti prego." lo supplico. "Male. Di merda. Non parla da ore. È stato chiuso in quel camerino per un tempo infinito, quando è uscito era distrutto. Completamente distrutto. -" sospira, mentre io dall'altro capo del telefono faccio la stessa cosa e cerco di trattenere qualche goccia salata che sta per scendere dai miei occhi. "Ho provato a dirgli di parlarne con te, ma sai come è fatto. Si è chiuso in sé stesso e non ha più pronunciato parola. Ho visto il telefono illuminarsi per tutto il giorno, i tuoi messaggi e le chiamate ignorate e ho pensato di cercarti. Sapevo che ti saresti preoccupata tanto e visto che sono qui ho pensato di avvisarti. Domani in puntata non sarà semplice." mi dice, mentre io sbuffo e socchiudo leggermente gli occhi. "Grazie. Grazie davvero Ein, se non ci fossi stato tu non so cosa avrei fatto. Stagli vicino, ti prego, per quanto sia possibile." gli dico, poco prima di salutarlo e augurargli una buona notte.

Irama

Mancano due puntate del pomeridiano. Solo due puntate ed ognuno di noi saprà che sorte gli tocca: dentro o fuori, buio o luce, rimettersi in piedi o essere ad un paio di passi dal sogno.
Da qualche giorno, però, la produzione mi sta assillando: devo scrivere quella dannata lettera e cerco solo di scappare, di non pensarci, di rimandare e fare finta di niente. Marcello sarà passato più di cinque volte ieri a ricordarmelo, a sbattermi davanti alla faccia il fatto che dovessi combattere le mie paure più grandi. Ma io proprio non riesco, non ce la faccio. È come se il mio cervello mi urlasse che non sono abbastanza forte, che crollerò di nuovo in quel baratro, che quell'incubo si prenderà gioco di me ancora una volta. Non riesco a scrivere nemmeno una parola, non riesco a pensare di nuovo a lei, di nuovo a quei ricordi felici perché vengono automaticamente spazzati via in un soffio di vento da quelli terribili, da quelli che fanno ancora male come pugnalate crude al centro dello stomaco, da quelli che vorrei poter dimenticare. - o meglio, non aver mai vissuto -

Eternamente nostri - è scritto nel destino...- //IRAMA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora