Futura

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Ludovica

Filippo è sparito.
O almeno così pare, visto che sono due giorni che non ho sue notizie e non so più dove sbattere la testa.
Mi sono svegliata e all'improvviso il letto era vuoto, le lenzuola ancora sgualcite, qualche vestito sparso a terra. Nessun segno di lui e di ciò che riguarda la sua quotidianità: mancavano il telefono, il pacchetto di sigarette, le piume appoggiate al comodino e persino il prezioso quaderno che usa per scrivere.
Tutto sparito.
Niente.
Di punto in bianco non c'era più nulla.
Se non per un biglietto. Un solo, misero e fottuto biglietto di carta straccia, probabilmente scritto e riscritto almeno dieci volte. Ecco l'unica cosa che secondo lui meritavo in quel momento, solo quel piccolo sforzo per farmi sentire meno sola, stanca, abbandonata.

'Ho bisogno di staccare da tutto per un po', di prendermi il mio tempo e respirare. Sta succedendo tutto troppo in fretta, ma ti giuro che non sto scappando. Il mio cuore tornerebbe sempre da te, ricordi? Dammi solo un paio di giorni. Non cercarmi, non chiamarmi, ti prego.
Filippo'

Niente di più.
Solo questo.
Ed io mi ritrovo sola per l'ennesima volta, in preda ai sensi di colpa e alla sensazione di voler mollare tutto e non tornare più indietro. Per nessuna ragione al mondo.
Sono ore intere che sto immobile sul divano, una coperta a tenermi caldo sulle gambe e gli occhi fissi su quel dannato telefono che se ne sta lì e non squilla mai. Mai. Mai. Nonostante io continui a pregare, a sussurrare tra me e me il suo nome, sperando serva a smuovere qualcosa dentro a Filippo. Ma niente. Tutto è vano, inutile, nullo. Tutto si rivela solo uno sforzo stancante, senza risultati.
Prendo tra le mani il mio telefono e faccio l'unica cosa che so fare in questi casi: comporre il numero di Lorenzo.
"Ehi" mi saluta lui dall'altro capo, con la voce di chi non può far altro che aspettare, attendere, temporeggiare. E questo fa: temporeggia.
"Come stai, piccola nana?" mi chiede dolcemente, mentre sento il rumore metallico del cucchiaino che sbatte contro la ceramica della tazzina da caffè.
"Ci sono stati giorni migliori, decisamente" concludo, con la voce talmente stanca da mettere i brividi persino a me stessa.
"L'hai sentito?" gli chiedo ancora, la stessa domanda da giorni, con la consapevolezza che arriverà la stessa identica risposta di ieri e del giorno prima ancora.
"No, non si è fatto vivo" e fa male, fa male quanto una coltellata in pieno petto sentirsi dire quelle parole e dover sbattere contro la sua mancanza, la sua assenza che sta diventando insostenibile.
"Lori se sai dov'è dimmelo, ti prego" lo supplico, mentre mi lascio andare all'indietro e mi siedo sulla sdraia nel terrazzo di casa nostra. La primavera ormai è nell'aria, il sole si fa sempre più caldo e regala la sensazione appagante della pelle che si lascia scaldare dai teneri raggi che finiscono a contatto del viso.
"Lo conosci meglio di me, per cui non perdo tempo a dirti come è fatto Filippo, che quando ha paura di qualcosa sa solo scappare e che ha bisogno dei suoi spazi. Lo sai anche tu. Io sono qui, piccola. Per te e per quella minuscola lenticchietta. E lui tornerà, non può restarvi lontano ancora per molto" lo dice con voce dolce, con quel tono in grado di avvolgermi nell'abbraccio di cui ho bisogno ed improvvisamente mi sento più rilassata.
Sono sicura che Filippo abbia chiamato Lorenzo, che lui sappia esattamente dove si è rifugiato e soprattutto il motivo per cui l'ha fatto. Ma non mi permetterei mai di insistere, so che se potesse mi direbbe tutto. Ma non posso intromettermi nel loro rapporto, con il rischio di farli litigare in modo brusco e definitivo. Sono due fratelli, finiranno sempre con il salvarsi a vicenda. E so quanto Filippo si affidi a Lorenzo ogni volta che ha un problema che gli attanaglia lo stomaco, ma questa volta deve essere in grado di tornare da solo. Senza costrizioni.
"Tra qualche giorno abbiamo la prima ecografia" ma non riesco nemmeno a finire la frase, che la voce mi si blocca in mezzo alla gola e non riesce ad uscire.
"Ludo, tranquilla" mi sussurra quello che ormai reputo il mio migliore amico, mentre un sospiro più pesante fa gracchiare il telefono e mi sibila nelle orecchie.
"Ho solo paura che lui non ci sia" gli confesso, spogliandomi di tutte le paranoie che mi fermentano nel cervello e rischiano di farlo scoppiare. In questi momenti avrei solo bisogno di accendermi una buona sigaretta, che è l'unica ottima compagna in casi estremi come questo. Ma il piccolo inquilino che ormai abita dentro di me, non gradirebbe per niente di condividere con me questo vizio.
"Andrà tutto bene, te lo promette il tuo Lorigallituttoattaccato" dice soffocando una risata, mentre io riesco a piegare la bocca in un sorriso e non mi sembra vero. E mi rassicura quanto Lorenzo sia in grado di calmarmi, di dire sempre la cosa giusta, di tranquillizzarmi persino quando mi sembra che il mondo mi stia crollando addosso ed io non riesca a muovere un singolo muscolo.
Non riesco a dire più nulla, i pensieri sono così tanti e così diversi da vorticare nella mia testa come dentro un frullatore spinto alla massima velocità, senza modo di uscirne o di liberarmene.
"Io sono qui, hai bisogno di compagnia per un po'?" mi chiede dopo infiniti minuti di silenzio, mentre io rientro in casa e finisco di nuovo sul divano. Pronta a tenere tra le mani la sua felpa rosa ed accarezzarla, come se sotto ai polpastrelli potessi sentire il suo viso.
"No Lori, grazie. Ho voglia di stare sola" gli rispondo, aggiungendo un breve saluto e chiudendo la chiamata.
La casa è vuota, così silenziosa da fare persino paura. Non ci sono i suoi calzini sparsi per casa, il suono della sua risata, la musica di sottofondo ad ogni ora del giorno. Non c'è l'eco di quella serie tv americana di cui è ossessionato, nemmeno le voci di quei personaggi dei videogiochi a cui sbraita contro quando perde, mi manca persino la confusione di quel terribile angolo scrittura. Manca lui e sembra che attorno a me crolli tutto, che il mondo non abbia più senso, che d'improvviso sparisca la terra sotto ai miei piedi. Lui è la mia certezza più grande ed ora si è dissolta, così con un semplice biglietto ed una promessa di ritorno.
Il suono del campanello mi fa sussultare e mi scuote da quel mare di pensieri che mi stava travolgendo fino a qualche istante fa. Mi alzo con calma dal divano, che ogni tanto qualche giramento di testa torna a farmi visita e finisce per cogliermi sempre impreparata. Abbasso la maniglia e sorrido come una stupida, quando mi ritrovo davanti il viso tenero di Lorenzo.
"A cosa servono gli amici sennò?" mi chiede retoricamente, mostrandomi una vaschetta immensa di gelato in cui affogare tutte le preoccupazioni possibili. Gli salto praticamente al collo, aggrappandomi a lui, come se mi stessi ancorando all'unica persona in grado di salvarmi in questo momento.
"E, casomai fossero già arrivate le voglie, ho anche queste!" sfodera da dietro la schiena un cestino di fragole rosse e succulente, pronte per essere morse e assaggiate.
"Mi ha rubato il cuore, signor Lorigalli" gli dico, lasciandogli un tenero bacio sulla guancia e chiudendo la porta alle nostre spalle. Ormai questa è come se fosse un po' anche casa sua, infatti appena mi volto di nuovo verso di lui, lo trovo già stravaccato sul divano con il telecomando in mano e la vaschetta di gelato poggiata sulle cosce.
"Stasera ci raggiungono anche Leti, Fra e forse anche Alessandro. Facciamo la pizza?" mi chiede, cercando di distrarmi in qualsiasi modo possibile ed io lo adoro per questo. È la persona giusta, al momento giusto. Il suo modo di capire persino i miei silenzi più assoluti, di tendermi la mano quando sto per sprofondare, di sorridermi ed accendere la luce quando intorno a me c'è solo il buio mi lasceranno sempre senza parole. Perché non ci sono modi per spiegare un bene così grande. Perché in lui riporrò per sempre la parte migliore di me, ma anche quella peggiore e lo farò perché so che sarà l'unico in grado di custodirla e prendersene cura, con lo stesso amore di un fratello.

Eternamente nostri - è scritto nel destino...- //IRAMA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora