Ludovica
"Dio, ma ti vuoi calmare un attimo?" mi chiede, ormai esasperato, Lorenzo. "Non ce la faccio, faremo tardi sicuramente. La puntata è già iniziata e per giunta abbiamo entrambi i telefoni completamente scarichi." gli rispondo io sbuffando e cercando di recuperare invano, un po' di fiato. Siamo in macchina ormai da un po' di tempo, abbiamo incontrato un incidente abbastanza grave a metà strada e siamo bloccati in autostrada. La batteria dei cellulari ci ha abbandonato praticamente appena partiti, così che l'ansia si fa ancora più spazio nella testa. Continuo a battere il piede appena sotto il sedile, con un gesto nervoso spengo la musica della radio che inizia persino ad infastidirmi e lascio che il silenzio avvolga l'abitacolo e aumenti ancora di più quello stato di ansia che mi corrode le viscere. "Ludo, calma. Cazzo, Filo capirà." mi dice Lorenzo sbuffando e sgranando leggermente gli occhi, mentre i clacson delle altre auto suonano in contemporanea, quasi il nervosismo ormai stesse assalendo tutti. "No. No. No. Non capirà, non può capire perché non abbiamo il cellulare per avvisarlo. Uscirà da quel maledetto studio, non ci troverà ad aspettarlo, allora inizierà a chiamarci, ma non potremo rispondere. Allora, a quel punto, andrà in panico, in totale paranoia, comincerà a chiamare tutta Monza e mezza Milano per cercarci, pronto soccorsi, reparti di ospedale e onoranze funebri compresi. Poi, dopo aver perso tutte le speranze, telefonerà alle nostre famiglie, che si allarmeranno di conseguenza e quel ciclo si ripeterà all'infinito. Noi arriveremo a Roma stanotte, lui forse sarà già su un treno direzione Milano per cercarci, le nostre famiglie ci odieranno per lo spavento e non verremo mai perdonati. Quindi, no. No. No, Lori. Non sto calma." dico tutto d'un fiato. Quasi mi dimentico di prendere respiro tra una parola e l'altra e non riesco ad arrivare alla fine della frase, tanto che in questo momento ho il fiato corto. Avremo fatto circa venti metri da quando è iniziata la mia angoscia, la macchina è di nuovo ferma, Lorenzo si volta un secondo per guardarmi e scoppia in una sonora risata. Io lo osservo con uno sguardo glaciale, come a cercare di incenerire quella sua voglia di scherzarci sopra, come se stesse succedendo la più grande delle apocalissi. "Siete proprio identici, cavolo. Per un istante mi è sembrato di sentir parlare Filippo, quando inizia con quei suoi noiosissimi monologhi e non la smette più." dice, scuotendo leggermente la testa. Io mi limito a fargli notare che la coda di macchine sta avanzando e il traffico diminuendo leggermente, mentre prendo la mia bottiglietta di acqua e inizio a berne nervosamente piccoli sorsi.
Irama
Questa settimana non è stata semplice, proprio per nulla. Sto provando a sistemare la canzone scritta per mia nonna e, per farlo, ho pensato di chiedere aiuto a Michele Bravi. Durante l'incontro di qualche giorno fa, ho buttato fuori cose che mi tenevo dentro da troppo tempo. Gli ho spiegato che tutto è nato dal fatto che io non ho pianto, davanti a nessuno, mai, per tutti questi mesi. Non ho versato nemmeno una lacrima e sono stato buono solo a sfogarmi su un pezzo di carta stracciato, scarabocchiato, consumato dai miei schizzi di inchiostro blu. Quella canzone rappresenta una sorta di graffio, di ferita che non si cicatrizzerà mai e che ho il terrore, finirà lentamente per mangiarmi dentro, per uccidermi fino all'ultimo briciolo di ricordi felici. Ho paura, una fottuta paura di cantarla davanti a tutti, paura di non farcela, di non trovare dentro di me la forza necessaria per finire il pezzo, paura che quel dolore finisca per averla vinta, di nuovo. Paura che quel taglio si riapra, inizi a sanguinare di nuovo e a macchiarmi la pelle, i vestiti e alla fine persino il cuore.
In un istante è sabato, come se i giorni all'interno di questo programma volassero alla stessa velocità della luce e, a stento, riuscissimo a trovare il modo per rendercene conto.
Appena arriviamo in puntata, Maria ci comunica che inizieranno le prime selezioni per il serale e, dopo un'attenta discussione tra i professori, i primi due allievi a scendere davanti alla commissione sono Einar e Carmen. La conduttrice inizia a leggere la lettera scritta da Einar e inevitabilmente i miei occhi diventano umidi, vederlo lì: solo e indifeso, al centro del palco, mentre le sue stesse parole lo commuovono e lo mettono in imbarazzo; mi mette in difficoltà, tanto che vorrei poter correre e abbracciarlo forte, proprio come farebbe un fratello. Stringerlo e prendermi carico di un po' di quella sofferenza, che lo sta torturando da troppo tempo ormai.
A giudicare la sfida c'è Sara, una vecchia conoscenza della Warner, ma ora ho altro a cui pensare: Einar inizia a cantare e io mi estranio completamente dal mondo, come se la sua voce fosse in grado di trascinarmi altrove, in un posto diverso ma dannatamente emozionante. Inizia con 'Salutalo da parte mia', la sua voce si spezza quasi subito e le lacrime escono dai miei occhi, bagnandomi il viso e scendendo giù fino al collo. Non riesco a trattenermi, nonostante cerchi sempre di fare il duro, quello forte, quello che non si fa mai toccare dalle emozioni, questa volta non riesco proprio a sfuggire da quelle sensazioni del cuore. La spessa armatura che è solita ricoprirmi crolla, insieme a tanti ricordi, insieme al pensiero di mia nonna, insieme alla commozione trattenuta durante la lettera di Ein, insieme a miliardi di altri minuscoli frammenti di me. E si depositano tutti sul cuore, uno dopo l'altro, incastrandosi nelle sue cavità più nascoste, poi si infilano dentro alla pelle, si insinuano negli occhi ed è lì che diventano lacrime.
Tanto che, anche la stessa Maria, me lo fa notare. Mi asciugo gli occhi con la punta del pollice, schiarisco leggermente la voce e poi racchiudo il concetto in una semplice verità. "Sai cos'è? Che quando una persona è vera, si vede. E si vede quando canta." le rispondo semplicemente, incrociando lo sguardo di Einar per poi bere un sorso d'acqua dalla bottiglia azzurra che tengo sul banco, gesto che faccio sempre quando ho bisogno di smorzare un po' la tensione e l'imbarazzo. Continua con un suo grande cavallo di battaglia: 'Il diario degli errori', poi 'Falco a metà' e per non bastare chiede a Sara di poter cantare ancora 'Portami via'. Cerca appoggio nel mio sguardo, si gira continuamente verso di me per trovare quel briciolo di forza in grado di infondergli il coraggio necessario per portare a termine la sfida.
Forse una delle più importanti.
La maglia verde è sua ed io sono così entusiasta che vorrei poter corrergli incontro e abbracciarlo come non mai, dirgli quanto sono orgoglioso di lui, del suo percorso, della persona stupenda che è, o forse più semplicemente che sono felice.
Felice perché leggo nei suoi occhi la voglia di spaccare, di prendersi il mondo in mano e di vivere intensamente ogni istante.
Felice perché è un po' come se con lui, avessi vinto anche io.
Felice.
Felice e basta.
E che ora non vedo l'ora di vivermi questa esperienza insieme.
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Eternamente nostri - è scritto nel destino...- //IRAMA
أدب الهواةErano passati esattamente 9 mesi, circa 270 giorni, 6480 ore e 23328000 secondi dall'ultima volta che gli occhi di Ludovica e Filippo si erano incrociati, da quando le loro labbra si erano sfiorate e assaporate, da quando le loro orecchie avevano po...