Ludovica
"Occhi chiusi, mi raccomando" mi sussurra dolcemente il mio fidanzato, riesco solo a sentire un leggero spostamento d'aria, dovuto probabilmente alle sue mani che si muovono davanti ai miei occhi e controllano se intravedo qualcosa. "Fil, ho una benda nera parecchio spessa, direi che è più che sufficiente..." gli rispondo, scuotendo la testa divertita.
Stasera avrà il suo primo concerto a Roma, ma prima di prendere l'aereo mi ha voluto assolutamente portare qui. Ho questa dannata benda sugli occhi da quando siamo partiti da casa di Francesca e, durante il breve tragitto, gli avrò chiesto informazioni almeno venti volte, in almeno quaranta modi diversi e con il mio solito modo di fare petulante fino al midollo. Lo sento spegnere il motore, scendere dalla macchina, aprirmi la portiera, dopodiché mi porge la sua mano forte, invitandomi a scendere. "Attenta, ci sono tre scalini proprio davanti a te" mi avvisa, prima di sostenermi e aiutarmi a proseguire verso questa destinazione a me sconosciuta. Entriamo in quello che sembra essere un ascensore, ma Filippo non parla più, sembra aver perso improvvisamente tutte le sue facoltà da intrattenitore seriale. "Fil? Fil? Va tutto bene?" gli chiedo, portando le mie mani in avanti e cercando il contatto con il suo corpo caldo e snello. Appena poggio la mia mano sul suo petto, sento il cuore correre all'impazzata, quasi stesse per esplodere dentro la gabbia toracica. - quanto tempo era che non batteva così forte? - Non dico niente, mi limito a sorridergli e ad accarezzargli il viso liscio, con la pelle morbida e il segno del rasoio passato poco prima. Non so cosa mi aspetta varcata la porta di questo ascensore, non so di che sorpresa si tratta e non ho la minima idea di come comportarmi, di come reagire, di cosa sta tramando, so solo che sono in ansia.
Tremendamente in ansia.
Come al mio solito.
Se resto in piedi per molto tempo la ferita alla gamba mi fa ancora un po' male, stessa cosa per le costole mentre respiro, rido o faccio determinati movimenti e devo dire che Filippo, negli ultimi giorni, si è rivelato talmente premuroso da farmi sentire una principessa. È rimasto al mio fianco costantemente, donandomi attenzioni di ogni genere, non dormendo la notte, oppure addormentandosi in posizioni scomodissime sulla sedia dell'ospedale, mi ha ricoperta di fiori e risate e mi ha trasmesso tanto di quell'amore, che al solo pensarci mi viene da piangere. Anche adesso mi sta sostenendo con il suo solito fare delicato e attento, per accompagnarmi fuori dall'ascensore, piano, fino alla destinazione misteriosa.
Nell'aria c'è un particolare odore di nuovo, di legno, di vernice fresca, ma anche di piante verdi e di sugo sul fuoco, o forse minestrone. Ed è dannatamente strano doversi accontentare di determinati sensi, senza poter contare sulla vista. Vivere di odori, profumi, suoni, impressioni, forme, carezze, senza poter vedere di cosa si tratta.
È tutto una grossissima incognita.
"Aspetta, dammi un secondo" mi sussurra con la sua voce roca nell'orecchio, la stessa in grado di crearmi milioni di brividi. Sento il classico rumore metallico di un mazzo di chiavi e poi una serratura che scatta, una porta che si apre e il suo braccio che si allaccia attorno ai miei fianchi e mi aiuta ad entrare. "Sei pronta?" mi chiede, appoggiando il suo petto alla mia schiena e slegando la benda che mi tiene coperti gli occhi. Tiro un respiro profondo, mentre sento cadere la benda e l'ansia bloccarmi lo stomaco. Lui mi stringe da dietro, allacciando le sue braccia sopra la mia pancia e poggiando il suo mento sulla mia spalla, mentre le sue piume mi solleticano la pelle.
È un appartamento.
Un appartamento appena comprato.
Un appartamento nuovo di zecca.
Uno di quelli con muri appena verniciati, il pavimento che sa ancora di legno, tutto pulito e lindo, con quell'aria di poco vissuto, con quel bisogno quasi vitale di essere riempito di vita, di colori, di emozioni. Le stanze sono luminosissime, ci sono grandi finestre che riescono ad illuminare ogni singolo angolo, riempiendolo dei raggi della luce del sole che entrano e scaldano l'atmosfera.
È incantevole.
Filippo sorride ed io con lui.
Mi accompagna mano nella mano a vedere tutte le stanze: al piano superiore ci sono tre camere da letto, di cui una con bagno privato e idromassaggio, altri due bagni, uno con la doccia ed uno con la vasca, un ripostiglio, una cabina armadio a dir poco immensa ed una stanza completamente vuota, il tutto contornato da un grande e spazioso terrazzo, da cui si può vedere qualche scorcio inedito di una Milano che ormai mi ha rubato il cuore.
Al piano terra, invece, c'è una sala confortevole, un salottino leggermente più piccolo, una sala da pranzo, la cucina con annessa dispensa e un altro ripostiglio e infine un grande terrazzo, che può addirittura essere utilizzato da giardino esterno, da quanto è esteso.
Io sono senza parole, Filippo pure.
Sappiamo solo sorridere come due ebeti, quai avessimo una paresi.
"Fil, io -" ma mi interrompo subito, da quanto sono emozionata, non riesco a formulare nemmeno una frase. "Ho capito di aver bisogno di costruirmi la mia indipendenza, di un punto fermo, di un posto dove tornare stanco la sera e così - così ho trovato lei..." mi confessa, con la voce e gli occhi sognanti di chi, finalmente, sta realizzando ciò che desiderava da una vita. "È bellissima, amore. Ti potrei aiutare ad arredarla un po'...e - cavolo, finalmente non avremo più bisogno di rifugiarci in hotel quando saremo entrambi a Milano" gli rispondo, lui boccheggia per dire qualcosa, ma il trillo della sua suoneria interrompe il momento. "È Lori. Rispondi tu, che io chiudo le finestre" mi prega, anche se dal suo tono di voce risulta leggermente infastidito. "Sono Fra, noi siamo appena arrivati in aeroporto, voi dove siete?" chiede dolce, mentre i lamenti di Lorenzo in sottofondo si mischiano alle voci elettroniche degli avvisi di partenze ed arrivi. "Chicca, sono Ludo, dopo ti spiego. Comunque partiamo tra poco, un quarto d'ora e siamo lì" dico salutandola, insultando scherzosamente il suo fidanzato e chiudendo la chiamata in fretta.
Prima di uscire, mi guardo intorno ancora una volta, Filippo fa la stessa cosa ed è assurda la sensazione che sento nel cuore: casa.
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Eternamente nostri - è scritto nel destino...- //IRAMA
FanficErano passati esattamente 9 mesi, circa 270 giorni, 6480 ore e 23328000 secondi dall'ultima volta che gli occhi di Ludovica e Filippo si erano incrociati, da quando le loro labbra si erano sfiorate e assaporate, da quando le loro orecchie avevano po...