Irama
Dalla finestra si vede il mare.
Limpido.
Blu.
Con mille sfumature, dal verde all'azzurro più tenue.
Con i raggi del sole che riflettono sulle onde e le fanno luccicare, quasi fosse oro colato.
E all'orizzonte una linea che non è definita, sbiadisce, fino a confondere il confine tra il cielo ed il mare.
Ho sempre sognato di vivere al mare.
Svegliarmi al mattino, scostare la tenda e potermi perdere con gli occhi in tale bellezza. Aprire la finestra e far mischiare il profumo di casa a quello della brezza marina. Prendere in mano una penna e iniziare a scrivere una canzone, mentre la notte nera fa da coperta e la tempesta impazza fuori dai vetri, con il mare agitato e le onde alte, con il rumore dei cavalloni che si infrangono sugli scogli e il colore della luna che rischiara la vista.
Milano è bella.
Bellissima, a volte mi fa perdere persino il fiato.
Le grandi città hanno quell'atmosfera sempre viva, dinamica, attiva. Ma niente batterà mai una casetta in sasso, con un bel giardino e una vista a trecentosessanta gradi sul mare.
Niente.
Ho sempre sognato di vivere al mare e vorrei tanto poterlo fare.
Comprare una casa, anche piccolina, per poterci fuggire ogni volta che ne sento il bisogno. Chiavi della macchina, viaggio in autostrada e una destinazione da sogno. Staccare da tutto e tutti e poter scappare dai problemi, dalle frustrazioni, dalle incomprensioni.
Che tanto il mare è come una medicina, aggiusta tutto, persino ciò che sembra spezzato per sempre.
Ho sempre sognato di vivere al mare e vorrei poterlo fare con lei.
Avere una casetta in quel posto solo nostro e poterci isolare lì, ogni volta che abbiamo bisogno di essere semplicemente noi.
Filippo e Ludovica.
Niente Irama, niente fotografa, fidanzata, gossip, giornali, selfie, autografi, concerti, scadenze, popolarità, impegni, distrazioni, responsabilità.
Rinchiuderci lì e poter ritornare ad essere noi.
Due ragazzi normali che hanno solo voglia di viversi fino a perdere il fiato.
Follemente felici fino all'ultimo tramonto vista mare."A che pensi?" sento le sue braccia che avvolgono la mia vita, mentre poggia il suo petto contro la mia schiena. Sorrido e poso il palmo della mano contro il vetro, fuori fa freddo ed un brivido sottile mi percorre tutte le vertebre della spina dorsale. - non so nemmeno se è per il gelo di febbraio o per l'agitazione che sento nello stomaco -
"Niente di particolare" le rispondo semplicemente, chiudendomi a riccio in me stesso. Ma lei non è una alla quale piace mollare la presa.
"Sicuro?" incalza ancora ed io inevitabilmente sorrido.
Nessuno mi conosce come lei.
Nessuno traduce i miei silenzi meglio di lei.
"Il mare. È - Dio, qualcosa di così intenso che se mi soffermo a pensarci, a tratti, mi manca il respiro. È come farsi guardare negli occhi dalla persona giusta: ti disarma, ti spoglia, ti mette i brividi, ti fa paura, ti lascia attonito, a volte ti fa anche male. Ma, allo stesso tempo, senti dentro quella sensazione strana, quel bisogno quasi viscerale di cercare di nuovo il contatto con quegli occhi, così da ritrovare una parte di te. Il mare è quel paio di occhi che sanno accarezzarti, senza alcun tipo di contatto." lei sorride e mi osserva, rapita ed estasiata dalle mie parole. Come se desiderasse sentirmi parlare per sempre. Come se si innamorasse ogni volta, con quella scintilla che le illumina l'iride e la fa ancora più bella.
Ed io mi sento pieno: di lei, di noi, di amore, di vita. Di felicità.
"Mi manca il mare di casa mia..." mi sussurra, mentre con un gesto delle mani mi sistema il collo del dolcevita nero che indosso. "Mi dispiace averti portato via da lì. Vorrei - vorrei potermi permettere di abitare ovunque" le confesso, sospirando e spostando il mio sguardo verso la finestra. "Io ho scelto Milano. Ho scelto te e Milano. E non me ne pento. Casa è ovunque sei tu, lo sai" mi prende il mento tra le dita e rigira il mio viso verso il suo.
Mi sento costantemente in difetto.
Il mio lavoro, la mia popolarità, i mille impegni mi hanno portato a seguire una strada ben precisa ed, inevitabilmente, ho condotto anche Ludovica con me.
E forse non è ciò che vuole.
Ciò che desiderava veramente dalla vita.
Forse per me, per colpa mia, pur di starmi accanto, ha passato gli ultimi anni a rinunciare a tutto. Durante quel pessimo periodo, persino a se stessa, poi al lavoro che desiderava fin da piccola, a girare il mondo, a fare le cose più semplici, a poter avere una storia d'amore normale, a poter vivere una vita comune, come quella di tutte le altre persone che si amano.
Sono e sarò sempre in difetto.
"Vorrei - Dio, vorrei davvero poterti dare una vita diversa a volte. Poterti portare ovunque, senza passare la vita su un van, pensare ai fotografi, alle persone che mi fermeranno per strada. Vorrei - a volte, vorrei essere semplicemente Filippo" le dico ancora, con i suoi occhi che si fanno più comprensivi. "Qui, nelle nostre quattro mura, ogni volta che mi guardi, che guardi Lori, Ale, i nostri amici. Ogni volta che sei su un palco, che tieni tra le mani un microfono, che ti vengono gli occhi lucidi e cerchi di difenderti dai tuoi mostri. Ogni volta che sei in studio, che metti in pratica la tua pignoleria, che prendi quel quaderno ed inizi a riempirlo di parole. Ogni volta che abbracci le persone che ti vogliono bene, che ti fermi a parlare con loro anche se per pochi secondi, che passi ore ed ore in un centro commerciale e cerchi di renderle felici con qualche gesto. Ecco lì, ed in milioni di altri momenti, tu sei Filippo. Ad occhi esterni e superficiali sei soltanto Irama è vero, ma chi sa guardarti dentro, vede tutta la purezza e bellezza di Filippo." ed ogni volta le sue parole mi entrano in una cavità sconosciuta del cuore e restano lì, impresse come un tatuaggio, indelebili come incisioni sulla pietra.
"Fil, io ti -" il rumore di qualcuno che sta bussando alla porta della stanza interrompe i nostri discorsi, lasciandoli in sospeso come la maggior parte delle volte. "Dobbiamo andare a fare le prove" mi ricorda Giulio, entrando sorridendo e lasciando un bacio sulla guancia della mia fidanzata.
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Eternamente nostri - è scritto nel destino...- //IRAMA
FanficErano passati esattamente 9 mesi, circa 270 giorni, 6480 ore e 23328000 secondi dall'ultima volta che gli occhi di Ludovica e Filippo si erano incrociati, da quando le loro labbra si erano sfiorate e assaporate, da quando le loro orecchie avevano po...