Ludovica
Le vacanze di Natale.
Parigi, la città dell'amore.
Mentre il cielo ci regala una cascata di soffici fiocchi di neve.
Credo che non ci sia niente di più bello.
O forse sì.
Aggiungiamo la compagnia degli amici di sempre, quelli da risate di cuore e momenti indimenticabili e l'amore della vita, quello da battito del cuore accelerato ed occhi felici.
Sdraiato a letto, coperto solo da un lenzuolo color pesca che arriva fino alla vita, che lascia a vista il suo petto nudo e la sua pelle color della luna piena. Mentre io mi perdo a guardare il panorama fuori dalla finestra, avvolta nel suo caldo maglione di lana color panna, con un paio di slip addosso ed una tazza di the fumante tra le mani.
Osservo gli artisti di strada che stanno suonando sotto la nostra stanza: un violino ed una chitarra, chissà magari una dedica romantica per una ragazza affacciata qualche terrazzo più in là.
Il cielo sopra Parigi è grigio, nuvoloso, quasi pesante, ma allo stesso tempo così leggero da sembrare finto, con quella soffice neve bianca che cade e si deposita a terra, sulle spalle, sulle panchine e si incastra tra i capelli delle persone che passeggiano, imbiancando le strade e rendendo ancora più magico questo periodo.
"Ti ricorda qualcosa?" mi sussurra Filippo avvicinandosi al mio orecchio, mentre mi avvolge da dietro con le sue braccia forti e poggia le sue labbra sulla piega del mio collo. Mi giro verso di lui e lo abbraccio, cingendolo con le mie braccia e infilando le mani al di sotto del maglione, che ha indossato poco fa. Poggio la testa appena sotto al suo mento e penso che, cazzo, la neve mi ricorda davvero tante cose.
Troppe cose.
Mi ricorda l'emozione di vederla per la prima volta dopo anni, allo studio di registrazione a Monza, la sera in cui Filippo decise di farmi ascoltare 'Irama'. Da Cosa resterà a Semplice, le cuffie sulla testa ed il cielo che piangeva fiocchi di neve. - un po' come i nostri occhi - Il freddo di quella notte di febbraio, le lacrime sul viso ed i nostri corpi che si cercavano spinti da un sentimento talmente forte, da fondersi diventando uno solo. Sono ricordi indelebili, stampati nella mente, nelle ossa, nelle vene.
Nelle cavità più profonde della mia anima.
Poi quel giorno, quell'ormai lontano ventisette gennaio, scolpito nella pietra dei miei ricordi più importanti. Ero a casa, il solito pranzo noioso in famiglia, quando alla televisione comparve il viso di Filippo, nuovo allievo nella scuola di Amici. Ricordo le sensazioni di quel giorno come se le stessi rivivendo proprio ora, sulla mia stessa pelle. Ricordo la rabbia, la delusione, la frustrazione, forse anche quella punta di schifo appena accennata. Ma non dimentico, allo stesso tempo, l'orgoglio nel vederlo prendere in mano il suo sogno e ricominciare a crederci, la soddisfazione nel notare i suoi occhi di nuovo pieni di vita, di musica, di voglia di non arrendersi. Ricordo la chiamata di Lorenzo, io che esco a fumarmi una sigaretta in terrazza e il cielo che decide di mandarmi un segno. La voce del mio amico nelle orecchie e gli occhi lucidi, quasi commossi, nel vedere quei fragili cristalli di neve piovere dal cielo. - destino? Chissà - Non potevo cancellare dalla memoria cosa significava per me e Filippo la neve, non potevo ignorare un segno del destino così forte e chiaro. - anche se forse, a quel tempo, avrei desiderato farlo con tutta me stessa. Chiudere a chiave i sentimenti del mio cuore e voltarmi dall'altra parte -
Ma non l'ho fatto.
Per fortuna non l'ho fatto.
E, sicuramente, salire su quel treno il sabato successivo, fu una delle scelte più giuste della mia intera vita.
Da lì ricominciò tutto.
Fu il nostro nuovo inizio.
"La neve mi parla di te" gli dico guardandolo negli occhi, che ogni volta che accade mi ci perdo e spero di non ritrovare mai la strada del ritorno. "È assurdo questo destino che non fa altro che mandarci segnali" mi sussurra Filippo, appoggiando il suo viso nell'incavo del mio collo e annusando la mia pelle. "Parigi è davvero magica" rispondo, accarezzandogli i capelli.
Lui alza di poco il viso, tornando a guardarmi.
Con quel color giada che mi fa girare la testa.
Io con il tocco dei miei polpastrelli gli accarezzo la superficie delle labbra, sono così perfette che potrei passare ore ed ore a guardarle. Poi si avvicina, fa scontrare i nostri nasi e lascia che le nostre lingue danzino insieme il più bello dei balli.
Fuori il cielo lacrima fiocchi di neve, dentro i nostri corpi caldi si cercano e credo non esista niente di più bello.
Esattamente come quella sera a Monza.
Quel momento solo nostro.
Perfettamente imperfetto come noi.
Come la nostra storia.
Come il filo che lega le nostre vite.
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Eternamente nostri - è scritto nel destino...- //IRAMA
FanfictionErano passati esattamente 9 mesi, circa 270 giorni, 6480 ore e 23328000 secondi dall'ultima volta che gli occhi di Ludovica e Filippo si erano incrociati, da quando le loro labbra si erano sfiorate e assaporate, da quando le loro orecchie avevano po...