Irama
"Dovresti dirglielo, sai?" mi dice Lorenzo, aspirando un po' di fumo dalla sua sigaretta e gettando la cenere giù dal balcone. Siamo a casa mia, Giulio è seduto poco dietro di noi nella poltrona di vimini, mentre io e Lori siamo uno accanto all'altro in piedi appoggiati alla ringhiera. Le nuvole di fumo grigio si librano nell'aria, rendendo il tutto irrespirabile, ma allo stesso tempo incredibilmente più leggero. I pensieri non fanno altro che pesarmi sulla testa e comprimermi le membra, non dandomi modo nemmeno di rispondere qualcosa al mio amico, che abbattuto continua solo a fissarmi e a scuotere la testa.
"Filippo, davvero, quando pensi di farlo?" mi chiede irritato anche Giulio, mentre posa il telefono sul tavolino in ferro battuto e il contatto crea un rumore molto fastidioso, che entra nelle orecchie come un ronzio.
"Non lo so" gli rispondo secco, mentre fumo e mi volto dalla parte opposta. Le luci di Milano hanno qualcosa di diverso, ogni volta che mi fermo a guardarle è come se fosse la prima. È una di quelle città frenetiche, sempre con la fame di avere tutto e subito, senza mai riuscirsi a soffermare sui dettagli più impercettibili. Ma di notte tutto assume una forma diversa, tutto sembra placarsi, quasi un velo di tranquillità si depositasse sopra i tetti e li cullasse in un sonno profondo.
Milano di notte, ha decisamente tutto un altro sapore.
"Devi smetterla di fuggire da lei, questo non renderà le cose più facili tra di voi" mi rimprovera Lorenzo e come dargli torto visto come mi sto comportando per l'ennesima volta.
"Non ho voglia di parlarne, basta" cerco di concludere, ma gli sguardi dei miei amici hanno decisamente l'idea opposta. Sentiamo aprirsi piano la finestra e vediamo Alessandro avvicinarsi a noi a passi lenti, sorridendo e porgendoci tre birre gelate, prese solo poco fa dal frigo.
"Che succede qui?" ci chiede, dopo aver notato le nostre facce dai lineamenti molto più duri del solito. Lorenzo mi guarda e continua a scuotere la testa; mentre Giulio è così deluso, che nemmeno si spreca nel farlo.
"Chiedilo al tuo amico che, come al solito, sta facendo una cazzata" gli risponde Lorenzo sempre più duramente, per poi spegnere la sigaretta e allontanarsi da me per godersi la sua birra in pace.
"Dovreste iniziare a farvi semplicemente gli affari vostri, la mia vita non vi dovrebbe interessare così tanto" rispondo digrignando la mascella e guardando Lorenzo in modo crudele. So che sta per partire un litigio di quelli senza fine, ma non riesco proprio a trattenermi le cose dentro e a pensare quei miseri dieci secondi, prima di sputare fuori tutto in questo modo così diretto.
"Quanto mi fa incazzare questo tuo costante atteggiamento, Filippo. Sono anni che lo sopporto, ma non sono un cazzo di pupazzo che prendi ed usi solo quando ti senti solo, depresso o hai voglia di avere qualcuno contro cui urlare tutte le cattiverie che reprimi dentro" Lorenzo inizia ad alzare i toni, camminando avanti ed indietro per tutta la lunghezza del balcone e stringendo le sue dita lunghe attorno al collo della bottiglia di vetro.
"E perché ti ostini a restare? Perché non mi hai lasciato quando ti stavo per dare un pugno quella sera? Oppure quando ti lanciavo addosso qualsiasi tipo di oggetto? O ogni volta che ho questo atteggiamento del cazzo? Eh? Perché sei ancora qui e me lo fai pesare costantemente?" lo sfido mantenendo la testa alta e gli occhi sulla sua figura magra che risulta scura nel colore della notte.
"Vedi? Lo vedi come fai? Non ti viene in mente che sono ancora qui semplicemente perché quello che ci lega è qualcosa che va oltre l'amicizia?" una risata drammatica gli colora la voce, facendomi venire i brividi al solo sentire quel suono così deluso da parte sua.
"Nessuno ti ha mai trattenuto o forzato in qualche tua scelta. Sappi che quella è la porta, Lorenzo" gliela indico con un cenno della testa, spegnendo nel posacenere l'ennesima sigaretta fumata con rabbia in questi pochi minuti. Il mio migliore amico mi passa davanti deluso, guardandomi in un modo talmente freddo e crudo, che potrei rischiare di sentirmi male in questo momento. Ma il mio orgoglio infame, non mi permetterà mai di rimangiarmi ciò che ho detto.
Non ora almeno. Anche se mi sento come se stessi precipitando in un abisso profondo e la mano tesa di Lorenzo si stesse allontanando sempre di più dalla mia, lasciandomi cadere. Da solo, come merito.
Alessandro lo blocca per un braccio, trattenendolo e riportandolo sul balcone, visto che era già entrato per metà dentro casa, pronto a prendere le sue cose e andarsene.
"Resta qui e aspetta" gli dice guardandolo in modo supplichevole, per poi spostare lo sguardo su di me, maledicendomi per il mio modo di agire sempre sbagliato e troppo impulsivo.
"Fatela finita, coglioni. Dentro ci sono le ragazze che non devono sapere nulla, quindi cercate di chiarirvi in modo civile e senza urlare, grazie" dice Giulio, mantenendo il suo tono di voce il più calmo possibile e tentando di portare un clima di maturità attorno a noi.
"Perché non gliel'hai ancora detto?" mi chiede pacato Alessandro, mantenendo sempre un occhio su Lorenzo e pregando di vederlo restare qui. Perché se decidesse di andarsene ora, rischieremmo di non parlarci per troppo tempo e di non saper come risolvere tutto questo. Io fisso Lorenzo e non rispondo, poi do un sorso alla mia birra e mi volto di nuovo ad osservare la realtà milanese che si muove attorno al nostro appartamento.
"Cazzo, è assurdo" sussurra tra i denti Lorenzo, sputando le parole attraverso una risata dai sapori troppo amari. Io non mi volto, non gli rispondo, per una volta in vita mia provo solo a respirare e a non agire senza riflettere.
"La farai stare male ancora e so che non lo vuoi. Filo, prendi un po' di coraggio e parlale" prova ad insistere Ale, ma senza alcun tipo di risultato da parte mia, che continuo solo a restare in silenzio e a pregare che prima o poi si zittiscano. E, nonostante io sia girato di spalle, posso immaginare benissimo gli sguardi dei miei amici avviliti da questo mio modo di fare costantemente incasinato.
"No Ale, forse non sai che il suo passatempo preferito è farla soffrire" aggiunge Lorenzo, rispondendo al nostro amico e dicendo l'unica cosa in grado di farmi reagire all'istante. A quel punto non ci vedo più, bastano poche parole per accedere un fuoco dentro di me e farlo arrivare al cervello in pochi secondi. Getto la sigaretta dal balcone, mentre un bollore di rabbia mi sale nello stomaco e mi fa voltare di scatto verso di loro. Prendo la birra che ho tra le mani e la scaravento contro il pavimento poco distante, facendola frantumare in mille pezzi e bagnando tutte le piastrelle.
"Non ti devi permettere, porca puttana!" urlo a gran voce, non pensando minimamente alle ragazze preoccupate dentro casa, che correranno qui fuori tra pochi istanti. Lorenzo, Giulio e Alessandro sussultano leggermente per la mia reazione, finché il chitarrista non prova ad avvicinarsi a me per farmi calmare. Ma in questi momenti avrei solo bisogno di urlare il più forte possibile, fino a perdere persino l'ultimo briciolo di voce rimasta in gola.
"Sei sempre il solito" sussurra deluso Lorenzo, rientrando in casa e tranquillizzando Francesca che si era affacciata. "Tutto bene tranquilla, a Filippo è solo scivolata la birra e ci siamo leggermente spaventati" cerca di coprire ciò che è appena successo, proteggendomi per l'ennesima volta e tentando di non far scoppiare un casino senza precedenti.
"Filippo" Alessandro prova a parlarmi, ma le mie orecchie non ascoltano nessuna voce e si isolano completamente dal mondo attorno a me.
"Vedrai che riuscirai a parlargliene e andrà tutto bene" mi tranquillizza Giulio con una pacca sulla spalla, mentre io prendo un respiro e cerco di rilassare i muscoli tesi del mio viso. Posso scommettere che Ludovica sarebbe in grado di accorgersi di ciò che è successo qualche minuto fa, solo guardandomi con attenzione. E non posso tradirmi con le mie stesse espressioni del viso, facendole capire tutto quanto.
Rientro in casa e l'atmosfera tra me e Lorenzo è glaciale, non ci guardiamo, non sorridiamo e sembriamo essere così assenti da non sentire nemmeno il vociare continuo attorno a noi. Tutti si rendono subito conto che qualcosa non va, soprattutto notando questo comportamento stranamente freddo che c'è tra me e il mio amico. Fingere che vada tutto bene in questi casi non aiuta molto, soprattutto perché rischiamo che le nostre facce ci tradiscano.
Mi avvicino a Ludovica appoggiata al bancone della cucina, che sta decorando i tiramisù con delle gustose scaglie di cioccolato. La abbraccio da dietro, posando il mio mento sulla curva della sua spalla e accarezzandole la pancia ormai pronunciata. Mi perdo ad annusare il profumo dei suoi capelli, mentre un macigno mi preme sullo stomaco e non mi da modo di respirare in maniera corretta. Lei si volta verso di me, mettendomi sensualmente in bocca qualche pezzettino di cioccolato al latte e sorridendomi teneramente allo stesso tempo.
"Che è successo con Lori?" mi chiede, pulendomi gli angoli della bocca ed allacciando le sue braccia dietro al mio collo. Io scuoto la testa, sminuendo la nostra discussione di poco fa e cercando di accennare un sorriso il più sincero possibile.
"Con me non devi fingere, lo sai Fil" continua a scavare a fondo, senza mollare la presa nemmeno per un singolo istante. Ed io ho la consapevolezza che a lei non posso mentire, che è in grado di capire ogni singola cosa solo attraverso le emozioni che percepisce, le smorfie del mio viso o il suono diverso del mio respiro. Che ha la capacità incredibile di guardarmi negli occhi e spogliarmi da tutto, sviscerando la mia anima e facendola brillare di nuovo.
"Abbiamo avuto una piccola discussione, magari dopo quando vanno via tutti te ne parlo con calma. Però niente di grave, stai tranquilla" la bacio sulla tempia, lasciando che la mia mano le accarezzi la pancia, per poi allontanarmi da lei nel giro di pochi secondi.
"Filippo" mi richiama, trattenendomi nella stanza ancora per un po', prima di permettermi di tornare dagli altri. "Chiaritevi subito, non ha senso che vi teniate quei musi lunghi. Non fa bene a nessuno dei due, lo sapete" mi sprona ad andare dal mio migliore amico e fare il primo passo, senza timore della sua reazione. Ma, dall'altra parte, mi ritrovo costretto a combattere continuamente con il mio dannato orgoglio, compagno pessimo in queste situazioni.
Lorenzo se ne sta seduto sulla poltrona, ridendo di tanto in tanto per qualche battuta dei nostri amici, ma non riuscendo nemmeno a guardarmi in faccia. Stare nella stessa stanza con lui, mentre a stento riusciamo a convivere, è sicuramente tra le cose più frustranti della mia vita.
Decido di uscire in terrazzo a fumare una sigaretta, pregando con tutto me stesso che mi raggiunga anche lui, così da poter stare da soli qualche minuto. Passano forse trenta miseri secondi, che sento i suoi passi avvicinarsi dietro di me, per poi sedersi nella poltrona di vimini chiaro. Non parliamo per un tempo indefinito, lasciamo solo che le nostre sigarette si consumino tra le dita e che le parole cerchino lo spazio per respirare. Non ci resta che ascoltare i nostri silenzi, sperando che l'altro decida di fare il primo passo, perché tutto sarebbe più facile.
"Perché non gliene hai parlato, Filo?" mi chiede con tranquillità, lasciandomi modo di cercare di spiegarmi. Lorenzo è forse una delle poche persone che sanno quanto dentro di me sia tutto incasinato, una matassa aggrovigliata di sentimenti e sensazioni diverse, che non trovano mai il modo di sfociare. E la cosa che mi fa sorridere di più, è che il primo passo l'ha fatto lui come sempre perché infondo sa che, poco fa, avrei voluto prendermela con tutti meno che con lui.
"È difficile, Lori" gli rispondo stanco, affiancandomi a lui e sedendomi sull'altra poltrona rimasta vuota.
"Per te o per lei?" mi domanda, conoscendo perfettamente la risposta e soprattutto snocciolando ogni singolo dubbio delle mie paranoie .
"Risposta più che scontata direi" gli rispondo, lasciando che la sua risata riempia questa notte silenziosamente milanese. Lo guardo voltandomi verso di lui e cercando nei suoi occhi il mio rifugio, mentre Lorenzo sembra avere lo stesso identico bisogno e si gira all'istante verso di me. Non c'è niente che può dirmi, se prima non imparo a lasciarmi andare e mollare i freni che mi tengono ancorato alle mie insicurezze.
"Basterebbe che tu fossi in grado di aprire il tuo cuore e mostrarlo a lei. Sono sicuro che ti ascolterebbe e sarebbe la prima ad insistere per farti andare" mi dice il mio migliore amico ad un certo punto, cercando di spiegarmi che se imparassi a non tenermi tutto dentro, sarebbe di gran lunga più facile.
"Ho paura di andarmene in questo momento, soprattutto per così tanto" gli confesso, lasciando che un respiro mi porti via un po' di pesantezza da dentro lo stomaco.
"In fin dei conti sono solo venti giorni, passeranno in fretta vedrai" mi rassicura Lorenzo, mettendosi in piedi davanti a me e porgendomi il suo pacchetto di sigarette, facendomi cenno di prenderne una.
"Già, forse sarà così" cerco di liquidare il discorso, anche se dentro di me sento sempre quel peso che sembra aver preso residenza nel mio stomaco, tanto da farlo bruciare come un falò.
"Ma?" mi chiede preoccupato Lorenzo sorridendo, sapendo benissimo che niente è ancora risolto del tutto.
"Ho una fottuta paura di perdermi qualcosa di importante, che non tornerà e non potrò rivivere mai più" gli confesso, lasciandomi andare all'indietro e poggiando la testa, abbandonandomi contro il muro freddo. Lorenzo mi osserva per un po', aspirando il fumo dalla sua sigaretta e cercando le parole giuste. So che capisce ciò che voglio dire e ho la certezza che anche lui, se fosse nella mia situazione, avrebbe gli stessi mie dubbi. Ma è l'unica persona che può darmi la forza di combattere per ciò in cui credo e per sotterrare le mie paranoie.
E purtroppo lo sa bene.
"Filippo, ascoltami. Ludovica non sarà sola qui a Milano, la bambina sta bene e i giorni passeranno in fretta. Sappiamo che quello di cui hai bisogno in questo momento è isolarti per poter scrivere e dedicarti al nuovo disco. Lo so io e lo sa anche lei, meglio di me. Quindi prendi un respiro, metti da parte tutto ciò che ti frulla per la testa, parlargliene e non avere paura di niente. Bianca sarà qui, pronta ad aspettare il suo papà. Te lo prometto" mentre parla si accuccia davanti a me, così da guardarmi dritto negli occhi e farmi percepire ogni singola emozione nelle sue parole.
"Lori, prima io non volevo -" ma mi interrompe, zittendomi all'istante. Sorride in un modo così suo, che in questo momento mi sembra tutto più facile. Con lui accanto, improvvisamente, tutto prende colore, delinea la sua forma e fa un po' meno paura.
"Ti conosco abbastanza bene da sapere che non avresti mai voluto fare uscire quelle parole dalla tua bocca, ma soprattutto anche io ho esagerato" si colpevolizza, scuotendo la testa e spegnendo la sigaretta in un vaso di piante poco distante da noi. "Ora rientriamo che fa freschetto e dentro ci aspetta un ottima bottiglia di vino rosso da aprire" tende un braccio verso di me, invitandomi a seguirlo in casa.
"Lori" lo fermo sul ciglio della finestra, non permettendogli di muovere il passo che lo porterà in casa. "Grazie, di tutto" gli sussurro, abbassando lo sguardo all'istante per la difficoltà.
"È il tuo modo per chiedermi scusa?" mi chiede divertito, incalzando il mio modo di fare sempre dannatamente imbarazzato.
"Non lo farò mai, lo sai. Semplicemente grazie per esserci sempre e per sapere restare anche quando ti urlo di andartene via" dico a bassa voce e non incrociando mai il suo sguardo, quasi fossero confessioni troppo intime e personali.
"Essere fratelli è soprattutto questo: cercare di capirsi anche nei momenti peggiori" mi sorride, fermandosi a guardarmi per un po' senza dire nulla di più.
"Ti voglio bene bro, davvero" glielo dico con un tono di voce talmente sincero, che sono sicuro di aver visto la sua pelle accapponarsi leggermente dall'emozione.
"Anche io, Filo. Ma adesso falla finita e torna ad essere il solito coglione, che tutto questo mondo mieloso non fa per noi" si avvicina a me, mettendomi un braccio sulla spalla e rientrando insieme in salotto dagli altri. Ludovica appena ci vede così vicini ed abbracciati, dipinge sulle labbra un sorriso che non posso fare a meno di correre da lei e baciarglielo fino a perdere il fiato.
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Eternamente nostri - è scritto nel destino...- //IRAMA
FanfictionErano passati esattamente 9 mesi, circa 270 giorni, 6480 ore e 23328000 secondi dall'ultima volta che gli occhi di Ludovica e Filippo si erano incrociati, da quando le loro labbra si erano sfiorate e assaporate, da quando le loro orecchie avevano po...