38. Pausa

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Quando John aprì la porta del deposito, Aurelio gli corse incontro. "John, ma che è successo?" chiese aiutandolo a raggiungere una sedia, prendendo delle bende e del disinfettante. John non lo fermò, doveva assolutamente medicare le numerose ferite inflitte durante lo scontro. Aurelio gli porse un bicchiere di whisky, ma questa volta John lo declinò. Non erano le ferite ad innervosirlo, quanto più il non essere riuscito a scontrarsi con Serafina e capire quali fossero le sue vere intenzioni. Ciò che aveva appreso, era che aveva qualcosa a che fare anche lei con la Gran Tavola, ma non sapeva cosa. Ancora più dubbi si stavano insinuando nella sua testa, ma poi il dolore ebbe la meglio e per qualche minuto, chiuse gli occhi, stanco di tutta quella situazione. Ciò che aveva innescato Santino ora lo stava letteralmente distruggendo e doveva in qualche modo uscirne. Aurelio finì di bendare le sue ferite e si sedette accanto a lui, rimanendo in silenzio, cosa che non lasciò John indifferente per molto. 

Alzò lo sguardo, fissandolo dritto negli occhi. Aurelio lo osservava in modo strano, poi si guardò attorno e di scatto si voltò verso di lui. "Dov'è il cane?" chiese John, il tono preoccupato e serio. Aurelio fece un piccolo sospiro. "Quando sono arrivato, non l'ho trovato. Ho cercato dappertutto John e..."disse lasciando intendere che c'era dell'altro. "Aurelio, che altro c'è?" chiese impaziente. L'uomo sbuffò nervosamente. "Ho avuto un altro sospetto e così sono corso all'officina dove avevo lasciato la tua auto sistemata ed era sparita. La Ford Mustang è sparita e ne sono certo, John..." disse alzandosi in piedi, le mani sui fianchi e la testa bassa. 

John lo seguiva con lo sguardo, il viso ferito e provato. "...è stata Serafina" concluse serrando le labbra improvvisamente. John abbassò la testa, guardando il pavimento. Quella ragazza lo stava divorando dentro. Doveva trovarla a tutti i costi e chiudere la questione. Più ci pensava e più un brutto presentimento si faceva largo nella sua mente. Si alzò e raggiunse il bagno, sciacquando il viso. L'effetto dell'acqua sulla sua pelle gli diede un improvviso sollievo, ma la presenza di Aurelio a pochi passi da lui, lo rese nuovamente perplesso.

"Aurelio..." chiese John intuendo che mancasse ancora un piccolo tassello per chiudere quella conversazione. Il suo amico lo guardò, il volto dispiaciuto." Aurelio..." disse nuovamente John, il tono basso ma visibilmente preoccupato. "Ha preso il bracciale di Helen...".John rimase fermo immobile, quasi avesse smesso di respirare in quell'istante. Scattò verso il tavolo dove aveva disposto le armi e apprese con amarezza che il bracciale non era al suo posto. Batté il pugno contro la parete quattro volte prima di sbollire la rabbia, poi si calmò e lentamente tornò al bagno. Si liberò dei vestiti e aprì l'acqua per farsi una doccia. Il sangue si confondeva con i tatuaggi, ma a poco a poco che l'acqua scorreva, tornavano puliti e nitidi. I capelli gli coprivano il viso, anch'esso più pulito ora che il sangue stava lentamente sparendo. Le bende si stavano inzuppando ma non gli dava importanza. Aveva bisogno di fermarsi, di riflettere, di prepararsi a quello che era sicuro sarebbe stato lo scontro finale. Non sapeva quale segreto celasse quella ragazza, ma l'avrebbe trovata, glielo avrebbe estorto e poi l'avrebbe uccisa.

Serafina sembrava un'altra persona. Seduta davanti alle grandi vetrate dai profili metallici del magazzino, ammirava il tramonto. Era incredibile come il tempo fosse volato. Sal aveva abbandonato quel luogo da diverse ore e lei, dopo essersi lavata e ripulita, pareva diversa. L'espressione del suo volto non era più duro e minaccioso. I capelli erano sciolti e le cadevano oltre le spalle. Il volto struccato lasciava vedere una pelle ambrata con qualche piccola imperfezione. Sedeva in una posizione apparentemente scomoda e, vestita solamente di una lunga canotta e mutande di cotone, rifletteva, quasi senza batter ciglio, giocherellando con il bracciale di Helen. Aveva riflettuto su ciò che era successo, sul suo piano e soprattutto su ciò che Sal le aveva chiesto. Le aveva spiegato il perché di quella richiesta a dir poco assurda e per la prima volta, da quando aveva meditato vendetta, dubitava delle sue azioni. 

Cassian non le aveva più rivolto la parola da quando l'aveva tratta in salvo dopo l'esplosione, portandola al magazzino, dove con grande sorpresa aveva trovato Sal e la sua squadra di gorilla al seguito. Aveva ascoltato l'intera conversazione in silenzio, poi si era dato una sistemata e ora sedeva sul divano, osservandola a momenti mentre caricava alcune pistole e armeggiava con alcune lame. Serafina finalmente si sollevò, attirando la sua attenzione, intento a pulire la lama d'un coltello. La seguì con lo sguardo mentre si fermava davanti alla vetrata, guardando l'esterno. Il sole ormai tramontato aveva asciugato completamente le strade e la sera si preparava a calare, fredda e affascinante delle luci artificiali di lampioni, auto e palazzi.

Serafina prese il cellulare, cercando un numero e quando quella voce rispose, per un attimo si sentì al sicuro come si sentiva un tempo, sotto il tetto di Maksimilian."Serafina!" esclamò Ray, felice di sentire la sua voce. "Ciao..." disse lei con tono quasi disinteressato. "Dove sei?" chiese sollevandosi dalla sedia e mettendosi al centro della stanza d'albergo dove si trovava. "Sono al magazzino". Risposte brevi, come se non sapesse ancora bene che cosa dire. "Stai bene?" le chiese, il tono pressante e preoccupato. "Si, si sto bene" e si scostò i capelli dal davanti. "Serafina, perché mi hai chiamato?" chiese lui intuendo brutte notizie in arrivo. "Ho ricevuto una visita particolare..." disse senza aggiungere altro. Pesava ogni singola parola, non per mettere alla prova Ray. Non era al corrente di ciò che aveva fatto di nascosto per lei. Pesava ogni parola perché non sapeva ancora quale direzione scegliere. Le parole di Sal le giravano ancora nella testa. "Chi hai visto?" chiese curioso, il tono sempre più preoccupato. 

"Sal". Ray si sedette di peso sul letto, portando una mano alla fronte. Era stupito di ciò che aveva fatto Sal, ma già sapeva che cosa volesse da Serafina. Si morse la lingua per trattenersi dal dirle chi fosse in realtà quella donna e quali segreti nascondesse. Sbuffò serrando le labbra, cercando di non farsi sentire da Serafina e si alzò in piedi camminando lungo la stanza. Ora anche lui dubitava su che cosa dirle. Non voleva lasciarla nelle mani di Sal, ma nemmeno lasciarla scontrare con John. In entrambi i casi sapeva che non l'avrebbe più rivista. Sicuramente. Se lo sentiva e in parte lo sapeva. Quando si era presentata alla sua porta, l'aveva accolta come una sorella, come lo era per Roman, ma con il passare del tempo, si era affezionato a lei e non appena aveva preso l'aereo per New York, per attuare il suo piano contro John, aveva capito di amarla e sapere che era praticamente nel braccio della morte lo tormentava. Avrebbe voluto chiederle di abbandonare la sua missione, di non contattare Sal e di scappare via con lui. Improvvisamente si fece serio in viso e mandò a quel paese ogni suo dubbio.

"Serafina, vieni via con me!" disse con tono dolce. Lei aggrottò la fronte, rimanendo in silenzio."...vieni via con me, abbandona tutto quanto e raggiungimi..."disse speranzoso di avere una risposta positiva. "Ray, ma che cosa stai dicendo?" chiese sorpresa. "Serafina... io ti...". Fu brutalmente interrotto. "Non puoi chiedermi una cosa simile!" sbottò lei, riappropriandosi dello sguardo serio delle ore prima. "Ray...". Chiuse gli occhi, scuotendo il capo. Ora persino lui la faceva dubitare. "Devo farlo... e lo sai benissimo...". L'uomo tornò a sedersi sul letto, conscio di non poterla convincere in alcun modo. "Serafina..." disse Ray bloccandosi subito. Avrebbe voluto semplicemente dirle che l'amava, ma poi si arrese a lei. Non voleva ostacolarla. "Qualsiasi scelta farai so che sarà quella giusta e ti auguro buona fortuna, solo... promettimi che appena tutto sarà finito, tornerai da me". 

Gli occhi lucidi e l'aria triste e avvilita. "...quel tappeto blu aspetta il tuo ritorno...". Serafina sorrise. Sapeva benissimo che quella frase sostituiva un ti amo e per un attimo sorrise. Non il suo solito sorriso inquietante, ma un vero e spontaneo sorriso. "Va bene Ray, te lo prometto!" e chiuse la telefonata, lasciandolo senza parole, fino a quando non bussarono. Ray si alzò e raggiunse la porta. Davanti a lui Charon. "Signore, la direzione richiede la sua presenza. Se vuole gentilmente seguirmi" disse senza aggiungere altro. Ray rimase basito, ma non chiese spiegazioni. Sapeva già a cosa sarebbe andato incontro...



John Wick - In Omnia ParatusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora