44. La Quiete dopo la Tempesta

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"La ragazza è morta" disse Vincenzo, la voce tremolante, quasi temesse che il capo della Gran Tavola lo incolpasse di ciò che era successo. L'uomo non si scompose. Guardava fuori dalla finestra, reggendo in mano un bicchiere con del whisky al suo interno. Il silenzio dominava la stanza della sua villa a Roma ed una pioggia molto forte batteva contro il vetro della finestra, creando un'atmosfera triste e cupa."...signore?" sussurrò Vincenzo, la voce sempre intimorita. L'uomo si voltò appena, facendogli cenno di andare, rimanendo solo nella stanza. Serafina aveva fallito e John l'aveva uccisa. Suo cugino Angelo aveva avuto la sua vendetta, ma John era ancora vivo, in mano alla mafia nipponica e questa cosa non gli piaceva per niente. Aveva fermato i suoi uomini senza farli intervenire, sapeva che al momento era la cosa migliore per tutti. Bevve tutto d'un fiato il drink, poi si voltò e prese in mano il telefono. La questione non era ancora risolta.

Sal rispose al telefono che una delle sue guardie le passò. Ascoltò in silenzio e si limitò a dire "Arrivo", alzandosi e rimettendosi il cappotto nero dal taglio minimal. "Allora, Winston, forniremo le sedi del Continental che hai richiesto entro i prossimi tre giorni e come sempre, è stato un piacere fare affari con te" disse sorridendo in modo glaciale come sempre, passando ad una delle sue guardie un sacchettino pieno di monete d'oro. L'uomo si sollevò, ricambiando quel gesto. "Lo è stato anche per me e spero che i nostri prossimi contatti saranno solo ed esclusivamente per le forniture del Continental" disse con tono leggermente indispettito. Era evidente che la disavventura di Serafina e lo scompiglio che aveva creato, lo avessero infastidito. Sal si limitò a sorridere, voltandosi per uscire dall'edificio. Percorse gli scalini, salendo in un auto che si avviò lungo le strade di una New York illuminata da un debole sole che sembrava non volersi mostrare del tutto. L'auto percorse le strade del centro, ma non si fermò, dirigendosi nelle zone di periferia, fino quasi ad allontanarsi dalla stessa New York.

Bowery King prese in mano il telefono controvoglia. Non accettava ancora quell'accordo, ma era troppo stupido rinunciarvi. Quando dall'altra parte gli risposero, si limitò a dire che la merce era in salvo. Nel frattempo il suo braccio destro era entrato. Il volto incerto. Scosse la testa come a voler dire che c'era qualcosa che non andava, così Bowery King si alzò dalla sedia e si affrettò a chiudere la telefonata. "È meglio che vieni subito però" disse, poi guardò il ragazzo. "Liberiamocene, prima lo facciamo, prima siamo liberi da questo intralcio" ed entrambi uscirono dal suo ufficio. Gli sguardi perplessi ma pronti a chiudere quell'accordo il prima possibile.

Quando il sole era alto in cielo, Sal raggiunse un edificio dall'aspetto fatiscente che si rivelò essere il perfetto contrario al suo interno. "Aspettatemi qui" disse ai due uomini seduti sui sedili anteriori. Un uomo le aprì lo sportello e la accompagnò fino al portone, aprendolo e chiudendolo alle sue spalle. "Prego, da questa parte" disse facendole cenno di seguirla. Camminarono lungo un piccolo corridoio sterile e dalle mura grigie. Era evidente che fosse un posto poco frequentato, anche se non era affatto sporco o logoro. Le luci al neon illuminavano perfettamente ogni angolo del corridoio e le mura dipinte di un color grigio chiaro erano prive di qualsiasi decorazione, se non per qualche orologio appeso in qua e in là. Voltarono a sinistra e in quel momento Sal lo vide. 

Bowery King stava in piedi, fissando immobile una vetrata. Quando Sal lo raggiunse, lui non si mosse e non disse niente. L'uomo che l'aveva accompagnata si affrettò a dileguarsi, sparendo alla fine del corridoio da dove erano venuti. Sal osservò la vetrata, poi si rivolse all'uomo. "Ecco qui" disse porgendogli una busta gialla. Bowery King finalmente la degnò di uno sguardo. Osservò la busta e la prese in mano con molta calma. La aprì e ne guardò il contenuto, lasciandosi scappare una piccola risata. "Ero davvero tentato di rifiutare la tua proposta, ma sarei stato uno stupido a farlo" disse chiudendo la busta. Sal si tolse gli occhiali da sole. "Concordo" disse con il suo solito tono agghiacciante. "Anche se è stato un piacere fare affari con te Sal, spero non ci rivedremo presto e sinceramente spero di non dover avere più nulla a che fare con ciò che c'è in quella stanza" disse guardandola dritto negli occhi, inclinando appena il capo ad indicare la vetrata. 

Sal rimase impassibile e qualche istante dopo Bowery King si allontanò, così si mise di fronte alla vetrata per avere una migliore visuale, ma poi lui si voltò quasi di scatto. "Non voglio sapere il perchèé melo hai fatto fare, ma sei davvero sicura della tua scelta?" chiese indicando nuovamente con il capo verso la vetrata. La donna lo fissò in silenzio, limitandosi ad un accenno di sorriso, poi distolse lo sguardo da lui, ignorandolo. Bowery King fece una strana smorfia col viso, sbuffando divertito, poi si voltò dirigendosi all'uscita.

Da una porta apparve un uomo di piccola statura e i capelli brizzolati. Indossava un camice bianco e aveva l'aria molto stanca, come se avesse faticato fino a pochi istanti prima. Sal lo guardò, poi tornò ad osservare ciò che le stava davanti. "Com'è la situazione?" chiese senza mostrare la minima preoccupazione. L'uomo rimase in silenzio, sospirando, poi si voltò anch'egli a guardare la vetrata. "Se supera la notte c'è una buona possibilità che si rimetta in forma, ma ora come ora la situazione è critica e potrebbe non farcela. Sapremo il suo destino tra poche ore" disse con un tono che faceva intendere che le speranze al momento erano al minimo. Fece qualche passo, ma poi si fermò di colpo. "A proposito" disse prendendo qualcosa dalla tasca del camice. "Non so se abbia qualche valore..."e porse un pacchetto a Sal, poi senza aggiungere altro, proseguì a camminare lungo il corridoio. 

Sal osservò quell'immagine davanti a lei senza quasi batter ciglio, ripensando a ciò che aveva suggerito poche ore prima. Se solo le avesse dato ascolto, ora non sarebbe infin di vita. Sal aveva dei piani per lei ed era decisa a metterli in atto. Il cellulare squillò e la voce di Carmine si fece sentire forte e chiara. "John Wick... cosa pensi ne farà la mafia nipponica?" chiese chiaramente scocciato di sapere che fosse ancora vivo. "Non preoccuparti, Carmine. Vedrai che avrai presto la tua occasione" e riagganciò d'improvviso.

Guardò la busta e tirò fuori il suo contenuto, trovandosi a stringere un bracciale e guardando Serafina sul letto davanti a lei, intubata e al momento priva di sensi. "Buonriposo Serafina, qualcosa mi dice che tra qualche ora parleremo e questa volta mi ascolterai... questo è poco ma sicuro!".


FINE



John Wick - In Omnia ParatusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora