39. La Resa dei Conti

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Cassian guardò Serafina uscire. Rimase qualche secondo seduto sul divano, poi si avvicinò alla grande vetrata e la vide salire nella Ford Mustang di John, accompagnata dal cane che teneva al guinzaglio. Ripensò alle sue ultime parole. Comunque vada, come da accordi avrai parte della taglia che ti spetta. Ho già dato disposizioni. Queste le sue ultime parole prima di uscire dal magazzino. Nessun saluto, nessun ringraziamento. Cassian l'aveva odiata per tutto il tempo, ma l'averlo lasciato in quel modo, così improvvisamente, un poco lo aveva ferito. In fondo lei gli aveva salvato la vita, anche se per convenienza. Sospirò, guardando l'auto allontanarsi sempre di più dal magazzino, non riuscendo davvero ad immaginare che cosa sarebbe potuto accadere.

Serafina aveva preso la sua decisione. Mentre usciva dal magazzino, aveva chiamato John e gli aveva dato appuntamento al cantiere portuale a ovest del ponte di New York. Guidò senza fretta, rispettando perfettamente i limiti di velocità. Non temeva di perdere tempo. Dentro di sé aveva la strana sicurezza e sensazione che questa volta ne sarebbe uscita vincente. Le parole di Ray, Cassian o Sal non avevano più importanza ormai. Aveva scelto di portare avanti la sua vendetta. Era rimasta fedele a se stessa e ora aveva quasi il sentore di essere invincibile. Lentamente si stava allontanando dal centro di New York, dalle zone di periferia, dai grandi parchi verdi e si avvicinava a zone più sterili e grigie, fino ad addentrarsi tra enormi capannoni e container. Svoltò attorno ad una serie di bancali, superando una grande impalcatura. Una porzione del cantiere era in fase di costruzione, un probabile ampliamento della zona. Serafina si guardò attorno, parcheggiando l'auto vicino alla ringhiera che dava sul fiume. Spense il motore, guardando lo specchio d'acqua scuro che rifletteva le luci della notte e quando si voltò, lo vide.

 John stava camminando verso di lei. Non appena i loro occhi si incontrarono, lui si fermò, e Serafina non lo fece attendere. Scese dall'auto con il cane al suo seguito. Fece un paio di passi solamente per far vedere a John che il cane stava bene, poi lo fece risalire in auto, chiudendo lo sportello. Camminò verso di lui, fermandosi a meno di tre metri. Lui le guardò il polso sinistro e fece una smorfia di disapprovazione vedendo il bracciale di Helen. "Rivoglio il bracciale e subito" disse deciso. "E voglio sapere che cosa vuoi esattamente da me. Non mi batterò con te fino a che non mi dirai la verità. So che nascondi altro oltre alla tua vendetta per Maksimilian". Parlava forte e sicuro di sé nel suo completo scuro, ad eccezione della camicia che ora era di un candido e brillante bianco. "Una spiegazione me la devi concedere, Serafina...". La ragazza lo ascoltava in silenzio. Era calma e serena, come se nulla di orribile fosse successo fino a poco prima. "Hai ragione, John. È giusto che ti dica come stanno le cose e il braccialetto lo potrai avere indietro, ma... dovrai uccidermi per riprendertelo".

John lo guardò nuovamente. Odiava vederlo indosso a lei e la tentazione di strapparglielo subito di dosso era forte, ma sapeva che era anche e solamente questione di tempo prima di riaverlo. "Dunque..." disse Serafina gesticolando con le mani con fare quasi ironico. "Come ti ho già detto, voglio vendicare Maksimilian e per farlo ho dovuto imparare a lottare, ad usare le armi, a pensare e ad agire come voi killer e non è stato facile, ma ci sono riuscita" disse facendo qualche passo da un lato. "...ho pianificato la vendetta perfetta, ho voluto essere originale ma anche precisa e così ho concluso un buon affare con un trafficante d'armi, ma..." e si fermò di scatto"...e questo è un grosso ma, John..." disse camminando dall'altro lato. "...ho commesso un errore, uno di quelli che ti fanno rimpiangere di essere nato". Si fermò guardandolo e John in quel momento iniziò a capire. "...la Gran Tavola... ne sei coinvolta sul serio quindi..." disse leggermente sorpreso, anche se Cassian gli aveva già accennato qualcosa. "Si, John. Ho ucciso un membro della Gran Tavola... il nipote dell'attuale capo della Gran Tavola e ho dovuto fare un patto con loro". 

Serafina si fermò dov'era, abbassando lo sguardo. "Hanno scoperto che ti stavo dando la caccia, proprio quando loro davano la caccia a te e così hanno colto l'occasione e hanno deciso di ingaggiarmi per ucciderti e se lo faccio... bè, ovviamente sono una donna libera...e viva" disse aprendo le braccia a conclusione della spiegazione che John aveva richiesto. Lui si lasciò scappare una risata, facendo qualche passo verso di lei. "Siamo entrambi condannati e sei un'illusa se pensi che ti lasceranno viva dopo che mi avrai ucciso, o meglio, se mi ucciderai". Lo sguardo di Serafina si incupì tutto ad un tratto. "Non mi sottovalutare, John...". Le loro mani tremavano dalla voglia di colpirsi. I loro occhi si fissavano seri e furiosi, pronti a vedere sangue e proiettili. 

La tensione era alle stelle, i loro respiri ancora leggeri, ma i corpi agitati dall'adrenalina. "Fatti sotto Serafina, che cosa stai aspettando?" le chiese stuzzicandola. La ragazza piegò le braccia, abbassando appena le ginocchia, pronta a sferrare il primo attacco. I secondi che stavano passando parevano infiniti. John era furioso, stanco, pronto ad ucciderla come aveva fatto con tutti gli altri killer. Serafina aveva il cuore che scoppiava da quanto era agitata. Il momento che tanto aveva aspettato era arrivato. Ci fu un momento in cui si guardarono ed ebbero entrambi la sensazione di comunicare con la mente.

A quel punto Serafina sorrise e si mosse verso di lui, ma il suono dei loro cellulari li distrasse. Entrambi si guardarono straniti, poi presero rapidamente i cellulari in mano e a Serafina le si gelò quasi il sangue, rabbrividendo. Il messaggio diceva che ora a tutti i killer era concesso nuovamente il privilegio di uccidere John Wick per incassare la taglia che pendeva ancora sulla sua testa. Serafina alzò lo sguardo su di lui, poi si guardò attorno, cercando di capire se qualche killer fosse già nei paraggi. Respirò quasi a fatica, il nervoso stava tornando a tormentarla, ma poi guardò John, scuotendo lentamente il capo."...fanculo!" disse facendo capire che ormai nulla la poteva fermare. Gli si scagliò contro e John rispose subito al suo attacco. Ad ogni colpo di Serafina, lui lo parava con destrezza ma anche molta rabbia. Qualcosa gli faceva sentire di volerla morta più di tutti quanti. E se Cassian fosse stato lì, si sarebbe stupito nuovamente perché Serafina stava lottando come non aveva mai fatto prima. I colpi erano decisi, secchi, pesanti e anche se non lo voleva ammettere, diverse volte riusciva ad infliggergli dolore.

Lottavano a mani nude. I pugni a volte colpivano il viso di Serafina che tornava prontamente in gioco. A volte era John a subire, ma anche lui reagiva scaltro e rapido per cercare di metterla a terra. Con lo sfondo di quel cantiere e la luce che rifletteva sull'acqua scura e calma, quello scontro era bellissimo. L'adrenalina aumentava sempre di più. I loro respiri ora erano forti e corti. I loro occhi fiammanti. Serafina fu buttata a terra, ma si rialzò in un lampo, saltandogli addosso e colpendolo così forte da farlo cadere a terra. Senza rendersi conto di come avesse fatto, si ritrovò Serafina sopra di lui che lo stava bloccando tenendogli un braccio fermo con il ginocchio e l'altro stretto nella sua presa. Lei lentamente avvicinò il viso al suo. Schiuse le labbra. John intuì che stava per dirgli qualcosa, ma nuovamente il destino si intromise tra di loro. Niente proiettili questa volta, ma solamente un uomo che corse verso di loro. 

Serafina finì a terra, colpita con un pugno da uno dei killer che li aveva individuati, poi si voltò verso John e si concentrò sudi lui. Lottarono duramente per qualche secondo, poi il killer prese in mano una lama e iniziò a giocare con lui, fingendo di colpirlo per provocarlo. John si spostava rapido, ma poi gli prese il polso, riuscendo a spezzargli un braccio e facendolo indietreggiare. Il killer non voleva mollare la presa, ma non fece in tempo a reagire che Serafina gli fu addosso, facendolo volare a terra e spezzando gli il collo mentre fissava John con aria seria e inferocita. Si guardarono respirando affannosamente, poi altri rumori li distrassero. Era evidente che altri killer fossero in arrivo. Erano stati vigili e attenti nel seguire ogni loro possibile movimento e listavano cercando, o per lo meno cercavano sicuramente John.

Serafina si avviò verso l'auto e controvoglia aprì il baule, tirando fuori una pistola. Guardò John, poi di scatto gliela lanciò. Lui la guardò sapendo già cosa intendesse fare. "John, tra poco torneremo a batterci, ma dobbiamo andare via da qui e non credo sarà un'impresa facile" disse impugnando una pistola. E infatti i killer non tardarono a scovarli. Tre uomini apparvero da dietro alcuni container. Forse alleati, forse capitati insieme sul posto, ignari delle rispettive presenze. John guardò Serafina. Lei ricambiò lo sguardo. E in un attimo si trovarono a lottare nuovamente contro altri nemici, agognando il momento in cui sarebbero stati loro due di nuovo l'uno contro l'altro.



John Wick - In Omnia ParatusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora