13. Quella della festa

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"E ti guardo andare via
Sai, la tua schiena non è niente male
La preferivo su di me, eh."

Lui

Il suo coinquilino mi guarda con aria sognante. <<Il piacere è stato tutto mio>> dice con un forte accento napoletano, portandosi una mano sul petto.

Camilla sbuffa e alza gli occhi al cielo, spazientita. Lo afferra per la camicia e lo trascina fuori, dove lo sento esclamare. <<Mi so' 'nnamurat. Quello è il tuo ex e tu l'hai lasciato? Ma sì scem?>>.

Credo di amarti anch' io, Luigi Capasso.

Rido tra me. Lei lo rimprovera e poi si volta per capire se ho ascoltato il loro scambio di battute: quando mi vede sghignazzare, un sorriso imbarazzato le compare sul viso.

Dio, quanto mi manchi.

Ancora parlottando si dirigono dall'altro lato del campus, verso la biblioteca.

Rimango a fissarla per un po', mentre si allontana. Noto soltanto ora com'è vestita: un top giallo, un paio di converse ai piedi e dei pantaloni neri aderenti. Le fasciano il corpo, snello ma formoso, risaltandole tutte le curve e dandole un'aria davvero sexy: non si è mai resa conto a pieno di quanto sia splendida e affascinante, nonostante io abbia trascorso ogni giorno della nostra relazione cercando di farglielo comprendere.

Deglutisco.

Mattia, placa i bollenti spiriti.

Cerco il pacchetto di sigarette nella tasca e ne accendo una.

Mi manca accarezzarle la pelle morbida, il suo profumo e il modo in cui il suo corpo aderisce al mio.

Mi manca tracciarle con le dita i segni del tatuaggio che ha sulla schiena.

Mi manca fare l'amore con lei.

Basta.

Espiro e lascio che il fumo esca.

<<Comunque ha sempre avuto un gran bel culo. Capisco perchè tu ne sia ossessionato!>> la voce di Giacomo mi risveglia da questi pensieri.

È al mio fianco, gli occhi fissi su Camilla e Luigi, ormai lontani. Lo incenerisco con lo sguardo.

<<Sto scherzando, non uccidermi>> ribatte lui, con un sorriso sornione e le mani alzate con fare innocente. <<Che fai qui? La stai seguendo per caso?>> chiede, poi, con un ghigno.

Lo colpisco con un pugno sul braccio. <<Sono venuto per studiare. Tu non hai un esame domani?>>

Si massaggia il punto dove l'ho picchiato. <<Leo sta facendo una maratona di Game of Thrones con i suoi amici nerd. Tengono il volume al massimo, ogni tanto fanno degli urletti strani e credo anche di aver sentito uno di loro piangere>> scuote la testa, divertito. <<Stavo morendo dal ridere e non riuscivo a concentrarmi, quindi sono venuto qui per rinchiudermi in biblioteca>> conclude.

Annuisco. Giacomo è sicuramente cretino, ma Leo e i suoi amici reagiscono in maniera strana durante quelle maratone: sembrano risucchiati in un universo parallelo fatto di draghi, maghi e mostri mitologici. È meglio mantenersi a debita distanza.

Rimaniamo in silenzio.

<<Mattia?>> mi sento chiamare dopo qualche istante da una voce femminile alle mie spalle.

Mi volto e mi trovo di fronte una ragazza.

E questa chi è?

<<Sei Mattia, giusto?>> fa, di nuovo.

<<Ci conosciamo?>> domando.

Lei pare rimanerci male. <<Sono Giada>> risponde.

Mi fa piacere per te.

Il nome non mi evoca nulla e assumo un'espressione perplessa.

<<Quella della festa>> precisa lei, abbassando lo sguardo mortificata.

La osservo meglio. I capelli biondi, tagliati sulle spalle e gli occhi di un azzurro intenso, appena coperti da una frangetta: non è truccata e non assomiglia per niente alla ragazza provocante con cui sono stato a letto qualche sera fa. Le ciglia finte sono sparite, così come la sua gonna di pelle striminzita, lasciando posto a dei jeans larghi e a una felpa rossa. Infine, un paio di occhiali dalla montatura spessa a completare il tutto.

È più bella di come la ricordavo.

Giacomo mi tira una gomitata.

<<Si, Giada>> cerco di riprendermi. <<Non ti avevo riconosciuta, scusa>> mi passo una mano tra i capelli e poi le infilo entrambe nelle tasche.

Lei non dice nulla.

Credo di aver appena fatto una figura di merda colossale.
Complimenti, Mattia.

<<È che avevo bevuto molto. E poi, sei diversa>> aggiungo, esitando un po' sull'ultima parola.

<<Già>> si limita a sussurrare.

Punta i suoi occhi nei miei. La sua timidezza e il suo imbarazzo sembrano essere scomparsi.
Sorride. <<Devo andare. È stato bello rivederti>> dichiara.

<<Si, anche per me>> replico, sincero.

Fa un cenno a Giacomo che ricambia, ci passa accanto veloce e si dilegua.

<<Me la ricordavo più nuda e più bona>> sentenzia il mio amico, una volta rimasti soli.

<<Io non me la ricordavo proprio>> rispondo.

Sono proprio uno stronzo.

<<Si, ho notato>> sghignazza il mio coinquilino.

Mi volto per cercarla tra la folla, ma è già sparita, inghiottita dal mare di studenti che affollano l'università di mattina.

<<Però è carina>> mormoro, distratto.

<<Lo era di più in quella gonna rossa che le strizzava il culo>> esclama lui.

Ecco, appunto.

Sbuffo. <<Sei sempre il solito coglione. Andiamo a studiare>> affermo, dandogli una pacca sulla spalla.

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