23. La soffiata

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Lui

Le vecchie pareti bordeaux sono ricoperte di polvere e sommerse da disegni di tatuaggi Old School, molti dei quali già impressi su di me: il mio sguardo viene catturato dalla rosa dei venti, che capeggia tra un'ancora e una donna seminuda e penso che sarebbe perfetta per quell'unico lembo di pelle rimasta libera sul mio braccio destro; in basso, scorgo una fotografia di Amilcare, che sorride sornione all'obiettivo con i suoi lunghi capelli bianchi legati in una coda, un giubbotto di pelle da biker e la sua amata motocicletta. Il divano logoro su cui sono seduto scomposto ormai da qualche ora è dello stesso colore dei muri con degli strani ghirigori in oro: sui miei piedi Ernesto, il fedele carlino, sbava e russa senza ritegno; al centro della stanza riposa un lettino in pelle nera, uno sgabello su cui il proprietario si siede per tatuare, una lampada a neon di vecchia fattura e un carrellino azzurro su cui posa tutti gli attrezzi necessari a marchiare il malcapitato di turno.

Il Black Ink non si può definire di certo un luogo ospitale, eppure in questo posto io mi sento in una bolla protetta, come se tutto ciò che proviene dall'esterno non possa scalfire minimamente quello strano equilibrio atemporale che si è creato all'interno: in questo momento, vige una quiete quasi surreale e il ronzio della macchinetta è inframezzato solo dai gemiti e dai lamenti di Leo sdraiato proprio al centro della stanza, che si contorce e dimena come un animale che è stato appena colpito da un proiettile.

<<Statte mpò fermo>> sbuffa Amilcare, quando il mio amico si muove per l'ennesima volta.

<<Questo non è un tatuaggio, questa è una tortura autorizzata>> si lamenta quello, guadagnandosi un'occhiata torva dal vecchio tatuatore.

Che femminuccia.

Sospiro rumorosamente, ormai stufo dei loro battibecchi che proseguono incessantemente da ore e richiudo distrattamente la rivista che stringo tra le mani. Mi alzo per sgranchirmi un po' le gambe e mi avvicino per esaminare il lavoro che deve essere quasi ultimato: sul petto mingherlino gli si staglia ora un enorme corvo nero a tre occhi, con le grandi ali spalancate e con le piume che in un certo punto sembrano staccarsi per diventare spade.

<<Cazzo Leo, sei proprio un nerd>> sorrido, scuotendo la testa.

Solleva lievemente il capo e si guarda il corpo con un luccichio euforico negli occhi. <<È bellissimo>> esclama poi, entusiasta come un bambino davanti ad una vetrina di dolci.

<<Certo che lo è, ti ho portato dal tatuatore più bravo di Roma>> ammicco verso Amilcare.

<<Mattì nun te li faccio i tatuaggi gratis, nun ce provà>> scoppia quello in una roca risata e io mi unisco a lui.

Dopo qualche istante quella specie di sgabuzzino si riempie di nuovo del suono metallico dell'apparecchio e io mi dirigo verso l'uscita, avvertendo il bisogno impellente di una boccata d'aria. Accendo una sigaretta, respirando profondamente e mi accorgo che lì di fianco due ragazzini stanno discutendo: lei sembra furiosa, gesticola in maniera teatrale e lui le si para davanti, tentando di calmarla e di spiegarle le sue ragioni; non posso fare a meno di pensare a Camilla. Ogni nostro litigio era così: quella ragazza è un ordigno esplosivo sempre sul punto di esplodere e io un pessimo artificiere. Lei si incaponiva, alzava la voce e ogni sua frase era calcata da un ampio gesto delle mani, quasi come se queste ultime riuscissero a comunicare di per sé parole che la bocca non pronunciava direttamente; io cercavo di essere paziente, ma con scarsi risultati e rispondevo al suo nervosismo con il mio: la ripagavo con la stessa moneta e ne facevo una questione di principio. Noi eravamo questi, eravamo dinamite, eravamo benzina con il fuoco, eravamo una supernova.

Ripenso al nostro bacio a casa sua: da quella sera è sparita nel nulla. Ho tentato di chiamarla un'infinità di volte senza mai ricevere risposta e quindi sono andata a trovarla al Red Lion ma non c'era; ogni giorno mi sono svegliato presto per cercare di intercettarla in biblioteca, ma niente: sembra essersi volatilizzata, è evaporata esattamente come la sensazione di completezza che ha pervaso ogni centimetro del mio corpo nell'istante in cui l'ho stretta di nuovo tra le mie braccia. Dopo giorni, ho iniziato a temere che fosse stato tutto un sogno, un bellissimo e crudele sogno per ricordarmi ciò che non avrei potuto più avere.

Espiro il fumo dalle narici e in quel momento lo schermo del mio telefono si illumina.

<<È successo qualcosa?>> chiedo, schiacciando il tasto verde.

<<Che c'è, ora non si può più chiamare un amico per il solo piacere di sentire la sua voce del cazzo?>> esordisce Filippo sarcastico, dall'altro capo.

Mi sento maledettamente in colpa per averlo abbandonato in uno dei momenti più difficili della sua esistenza: lui che è sempre stato un amico presente ora è da solo ad affrontare i suoi mostri più grandi.

<<Ciao Filo>> mi limito a ribattere. <<Come stai?>>

Filippo non è soltanto il fratello di Camilla, è l'amico più caro e più leale che abbia. Ci siamo conosciuti scuola e da allora non ci siamo mai persi: è stato lui a farmi conoscere lei ed è stato lui a consolarmi quando lei se n'è andata. Io rivedo in lui gli occhi verdi e profondi di lei, il suo sorriso sincero e la sua bontà. Camilla e Filippo sono gemelli e sono legati da un rapporto speciale, è come se fossero un'unica entità e percepissero le sensazioni dell'altro, eppure non potrebbero essere più diversi di così: lei è fuoco e lui è freddo ghiaccio, lei è piena di vita mentre lui si porta dentro un senso di decadimento perenne, lei è un'assolata giornata d'estate e lui una piovosa giornata d'autunno.

<<Dici a parte il fatto che sono un tossicodipendente? Sisi, non mi posso lamentare>> ghigna.

<<Smettila di fare il cretino>> lo rimbrotto.

Indugia un po' e poi alla fine dice. <<Ho parlato con Cami e mi ha detto che vi siete baciati. Ma bravo il mio cazzone!>> segue qualche istante di silenzio e poi aggiunge. <<È qui, è tornata a casa>>

Mi viene improvvisamente un groppo alla gola: so quanto la faccia sentire fuoriluogo e quanto le costi essere in quel posto. Se davvero ha deciso di tornare a casa, sta soffrendo e immagino che la situazione sia più grave di ciò che speravo.

<<Come sta?>> domando, conoscendo già perfettamente la risposta.

<<È confusa e arrabbiata con se stessa. Si sente in colpa nei confronti del damerino e allo stesso tempo nei tuoi per quello che ti ha fatto>>

<<Già>> sospiro.

<<Mat le devi dire la verità. Non è giusto che pensi che sia stata soltanto lei a commettere un errore: sta male e ha bisogno di perdonarsi, ma non potrà mai riuscirci se tu non lo fai>> dichiara.

Riconosco il suo tono serio, quello che assume quando si tratta di proteggerla. Ha ragione e lo so, ma confessarle il mio segreto significa rinunciare per sempre a lei e all'opportunità di riaverla nella mia vita: non sono pronto e non lo sarei stato mai, forse. La verità è che sono semplicemente un codardo: preferisco che lei porti il fardello di quel peso per entrambi piuttosto che farmi carico della responsabilità delle mie azioni.

<<Ora devo andare>> fa, interrompendo quel silenzio e recuperando la solita inflessione ironica della voce. <<C'è anche Luna, la sto esasperando e mi sto divertendo da morire>>

Sorrido. <<Ciao Filo, grazie della soffiata e mi raccomando, non fare stronzate>>

<<Stai parlando con me fratello, mi stai praticamente chiedendo l'impossibile. Ciao Mat, saluta gli altri>> e chiude la conversazione, lasciandomi solo con i miei rimorsi.

Nota dell'autrice 🌼

Eccoci qui con un altro capitolo.

Mattia sta nascondendo qualcosa e Filippo ne è al corrente. Secondo voi di cosa si tratta?

Ps. Leo tra i pochi felici per il finale dell'ultima stagione di GoT 🤣

Fatemi sapere cosa ne pensate.

Un bacio a voi 😘

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