30. Camilla è una fedifraga

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Lei

Sto avendo un attacco di claustrofobia.

Davanti a me Mattia, le spalle larghe tese come corde di violino, guida senza mai distogliere lo sguardo dalla strada, mentre sul posto del passeggero la sua nuova e strana ragazza continua a ballare e cantare a squarciagola canzoni dei Thegiornalisti, voltandosi di tanto in tanto per sorridermi.

Non capisco se voglia uccidermi o se stia tentando di apparirmi simpatica.
Comunque, è un po' inquietante.

Giacomo, al mio fianco, mi fissa incessantemente da quando siamo partiti con quel suo ghigno fastidioso sul viso, come se si aspettasse da un momento all'altro una mia crisi isterica.

Che è dietro l'angolo, per la cronaca.

Io, invece, mi sto convincendo di avere una discendenza diretta con Ted Bundy, con il Cannibale di Milwaukee o con qualunque altro efferato serial killer, oppure con uno spietato dittatore sudamericano degli anni Settanta. In ogni caso, sono sicura di pagare, proprio ora, il prezzo delle orribili azioni commesse nella mia precedente esistenza.

Sappi, signor Angelo, che questo è stato un colpo basso persino per te.

Proprio mentre sto meditando sulla possibilità di aprire la portiera e lanciarmi dall'auto in corsa, il mio cellulare squilla: è Liam, probabilmente preoccupato dalle mie trentasette chiamate precedenti e io decido bellamente di ignorarlo.

<<Non rispondi?>> domanda Giacomo, quando rifiuto la telefonata per la seconda volta.

Non puoi farti gli affaracci tuoi?

<<Non è niente di importante, può aspettare>> blatero.

<<Forse lui non è dello stesso avviso>> afferma sarcastico il mio vicino, quando l'aggeggio suona per l'ennesima volta.

Lo incenerisco all'istante, deglutisco e schiaccio il pulsante, provando a modulare il più possibile il tono della voce, come se potessero non sentirmi, nonostante stiamo condividendo l'abitacolo minuscolo di un'automobile.

Vabbè.

<<Liam>> mormoro, avvertendo immediatamente su di me gli occhi scuri di Mattia che mi scrutano attraverso lo specchietto retrovisore.

<<Baby, è successo qualcosa?>> chiede, il tono agitato.

<<No, no>> lo tranquillizzo. <<Possiamo parlare dopo?>>

Nella macchina ora vige un silenzio tombale. Ma chi ha spento la musica?

<<È tutto ok? Ho trovato mille chiamate perse e ora sei strana>>

<<Va tutto bene>>

<<Cami, devi dirmi qualcosa?>>

<<Ma no>> sbotto, desiderando più di ogni altra cosa di troncare all'istante la conversazione. <<Sono venuta da sola ad un concerto all'Ippodromo delle Capannelle, cercavo un passaggio per tornare a casa e speravo potessi venire a prendermi>>

<<Ah, mi dispiace amore, ma proprio non riesco. Sono ad una cena di lavoro che è andata per le lunghe>>

<<E scusa, quale cena di lavoro si protrae praticamente fino all'una di notte?>> mi indispettisco e non mi trattengo.

Poi mi rendo conto di dove mi trovo e vorrei colpirmi con una pala in testa quando mi accorgo che Mattia sta sorridendo beffardo. <<Comunque, non preoccuparti, amore>> aggiungo prima che possa spiegarsi, calcando l'ultima parola per farmi ascoltare da tutti. <<Ho risolto, ti chiamo quando sono a casa>>

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