32. Si, buongiorno. Buongiorno un cazzo

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"Se non ti spaventerai con le mie paure
Un giorno che mi dirai le tue troveremo il modo di rimuoverle.
In due si può lottare come dei giganti contro ogni dolore
E su di me puoi contare per una rivoluzione
Tu hai l'anima che io vorrei avere."

Lui

L'ennesimo trillo fastidioso del telefono si espande nella stanza, illuminata a stento dai già caldi raggi del sole che si infilano prepotenti tra le piccole fessure della serranda abbassata; ancora con gli occhi chiusi, inizio a tastare nervosamente e ripetutamente la superficie del comodino alla mia sinistra, tentando di afferrare il cellulare e porre fine a quella tortura.

<<Mattia, ti prego!>>bofonchia Giada, prima di voltarsi stizzita dall'altro lato e darmi le spalle. <<Spegni quel dannato affare, ho sonno>>

Ma dai? Io, invece, adoro essere svegliato all'alba da questo suono metallico e ripetitivo.
È la mia cosa preferita nell'universo.

<<Si, è esattamente quello che sto cercando di fare>> sibilo, infastidito quanto lei.

Riesco miracolosamente a recuperare la fonte nel disturbo che, proprio in quell'istante, decide di non produrre più alcun rumore. Apro un occhio soltanto e noto che il display segna le sei in punto e quattro chiamate perse da parte di Filippo.

Perché mi chiama a quest'ora? Gli è successo qualcosa?

Il panico non riesce ad impossessarsi totalmente di me perché vengo distratto dal suono prolungato del campanello, inframezzato da quelli che riconosco essere dei colpi ben assestati al legno.

<<Oddio la Polizia, ci arrestano!>> urla la bionda, l'espressione terrorizzata. <<Presto, nascondi tutta l'erba>> sobbalza, mettendosi a sedere sul letto.

Ma è scema o cosa?

La guardo esterrefatto, apro la bocca e la richiudo più volte. <<Vado a vedere chi è>> mi limito a dire, alla fine, alzandomi e infilando un paio di pantaloncini sportivi da basket che giacciono abbandonati da giorni in cima ad una pila di vestiti su una sedia.

Esco dalla mia stanza e incrocio Leo nel corridoio, che fissa la porta e poi me, perplesso. <<Aspetti qualcuno?>> chiede.

<<No, tu?>>

<<Ma non è che è la madama?>> bisbiglia, con fare cospiratorio.

<<Cristo Santo>> esclamo. <<Ma che c'avete tutti stamattina?>>

<<Vabbè, tu apri. Io per sicurezza vado a buttare l'erba nel bagno>> conclude, guadagnandosi un gesto affermativo da Giada, la cui testa sbuca dalla mia camera.

Sbuffo sonoramente, alzando gli occhi al cielo e avvicinandomi alla porta d'ingresso. La spalanco contrariato e non riesco neanche ad identificare chi ci sia dall'altro lato perché un colpo secco sul naso mi fa piegare in due dal dolore.

Non provo nemmeno a lamentarmi. È un attimo, la vista si annebbia e un fischio mi pervade le orecchie; istintivamente mi porto le mani sul volto, sentendo il calore del sangue che prende ad uscire copioso.

<<Ma che cavolo fai?>> strilla la biondina, correndo accanto a me. <<L'hai ucciso!>>

Faticosamente riapro gli occhi e riesco a stento a mettere a fuoco la figura di colui che mi ha, presumibilmente, appena fratturato il setto nasale.

<<Ma se non gli ho neanche rotto il naso. Tra quattordici giorni, circa, avrà di nuovo la sua splendida faccia di cazzo>> ride Filippo, entrando in casa con nonchalance, quasi come se fosse la sua.

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