Il sabato stavo scendendo dalla sala al piano superiore della cioccolateria Ninfea, prestando attenzione più ai miei piedi che a quello che mi succedeva intorno.
<<Buongiorno>>, disse qualcuno con un accento impercettibile, che solo io, e forse mio padre, potevamo sentire. L’intera sala si era voltata al suo ingresso, niente di strano in tutto ciò, e Woody si riaggiustò gli occhiali, imbambolato.
Sorrisi a mia madre, appoggiai il vassoio sul bancone del bar schioccando le dita un paio di volte sul viso del mio amico, ma a malapena se ne accorse. Kala rise di una risata che conoscevo, tipica di chi sa di avere sempre gli occhi puntati addosso, anche a più di cinquant’anni.
Era meravigliosa.
<<Sei meravigliosa>>, disse abbracciandomi.
<<Babbo?>>.
Entrò anche lui dopo pochi minuti, mentre mia madre si era tolta la giacca e continuava a seguirmi tra un tavolino e l’altro, chiacchierando con me e con qualche cliente. Nessuno le resisteva.
Andrea mi tolse il fiato con un abbraccio dei suoi, stretti, strettissimi, e come previsto si congratulò per i chili che avevo ritrovato. Mi pizzicò una guancia mentre Paolo entrava nel salone con l’ennesima torta.
Il proprietario della cioccolateria doveva sicuramente aver sfruttato la sua bellezza in gioventù, al contrario di suo nipote. Sapeva come trattare una signora, e così trattò mia madre. Si lasciò andare in un galante baciamano, cosa che mi fece scoppiare a ridere, e lasciò che i miei genitori si accomodassero. Tornai da loro pochi minuti dopo con un menu, e una precisazione di Paolo che si raccomandava per non farli pagare.
<<Tua madre riuscirebbe a farsi offrire l’intero locale>>, sbuffò Andrea.
<<Lo so>>, dissi abbassandomi per indicare a mia madre la fetta di torta più buona.
<<Sei diventata esperta>>, commentò lei mordendosi il labbro. Non sfuggì a mio padre, che la fissò incantato.
<<Colpa del padrone e del mio coinquilino>>, le risposi mentre segnavo le ordinazioni, e mentre li informavo del fatto che Neri era fuori a lavoro.
Mia madre mi guardò fissa, e per un attimo mi parve strana.
<<Beh, non vediamo l’ora di conoscerli>>, fece mio padre indicando con la mano il locale.
<<Scommetto che mamma si farà invitare a cena>>, proposi mentre Kala stessa replicava che era una magnifica idea.
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Impresso in testa.
Mercoledì sera dopo il mio racconto, Neri che rimaneva immobile a guardare i miei occhi fissi sul soffitto, un braccio piegato per sorreggere la testa. Ce l’avevo impresso in testa.
<<E poi?>>.
<<E poi...>>, continuai smarrita, alzando le spalle sul piumone. <<E poi, c’è un poi?>>. Mi voltai su un fianco, cercando di guardarlo negli occhi, affrontando lui e il suo viso. Mi porse la foto che gli avevo dato chissà quante ore prima, e mi imbarazzai pensando che Neri era stato il primo a sapere veramente.
Veramente. A sapere e a non intuire, semplicemente, come avevano fatto Malena, Kala e tutti gli altri, soprattutto mio padre. Neri sapeva. Anche se non esattamente tutto.
Per un istante, il pensiero mi terrorizzò.
Risentii sul volto la brezza sotterranea della metropolitana. Lo stesso senso di vuoto che avevo provato poco prima che Shaun mi proteggesse dal mio stesso svenimento. E il treno nel tunnel della metro che si avvicinava.
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Quando io non sogno
RomanceNina da tempo non sogna più. Le sue notti sono sempre identiche, un sipario nero da cui non filtrano immagini o suoni. Neri, il suo inaspettato coinquilino, la costringe a fare i conti con la realtà. Saranno ancora sogni o nuovi incubi? "Io ero chi...