Nina e Neri

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Nina

Non le venne da pensare a come si sentiva in quel momento. Tutt'altro. Pensò a cose disparate, forse per distrarsi.

Pensò a cosa aveva sentito la prima volta, al mare, la prima volta in cui per sbaglio le avevano strappato un bacio.

Ripensò a suo padre, alle domeniche in giro per Firenze, al sapore del gelato alla vaniglia, al sapore delle cose perse.

Vide il suo migliore amico, il giorno esatto in cui avevano smesso di essere amici e si erano baciati davvero, una sera di novembre con le foglie ingiallite per strada.

Sentì Marti, gemere, lontano nella memoria, quando le aveva insegnato a sentirsi e non a far sentire.

Amò Damiano, per un ultimo, intenso momento, prima di lasciarlo definitivamente andare, prima di desiderare Neri, ancora e ancora.

Sorrise, il battito del cuore lo sentiva a malapena, tanto era forte. Chiuse gli occhi, per quanto fosse possibile, senza sentire altro in quel magazzino polveroso, che non fosse il ragazzo che aveva alle spalle, e che tremava di terrore.

O amore?

Che differenza minima ci può essere, tra la paura e la passione, si chiese mentre si appoggiava a lui, al suo petto, osservando con curiosità e infinita attenzione ciò che il destino gli portava in dono.

C'era un divano bianco, se ne scorgeva appena un lembo, sotto il velluto rosso sgualcito e invecchiato, che lo copriva interamente. Non era bianco, era rosso.

Staccare gli occhi da Neri era sempre stato un tantino meno dell'impossibile. Conosceva i suoi sorrisi, quando esplodevano o quando si ritiravano, come risacca marina. Conosceva il profilo delle sue labbra, quando chiedevano e quando prendevano, senza preavviso. Conosceva le sue mani. Nina conosceva il suo corpo come un impero, su cui regnava, imperatrice, e dal quale dipendeva, suddito. In quel preciso istante, si sentiva a metà tra quei due poli opposti.

Mi fermerò, si disse, se lui si ferma. Ma che peccato sarebbe.

Lo desiderava con una forza pari alla repulsione inspiegabile che aveva sentito la prima volta che lo aveva visto. Lo voleva a tal punto, che sapeva che fermarsi le sarebbe risultato impossibile. Sentiva chiaramente l'eccitazione che cresceva. Lo immaginò riverso su di lei, ed era un'immagine semplice da rievocare. C'aveva fantasticato sì e no quelle sei, sette, cento volte al giorno.

Non respiro, pensò. Se non mi controllo non respirerò più.

Le tende bianche filtravano la luce del sole che decresceva verso le montagne. Si alzavano e si abbassavano dietro di lei, sgonfiandosi come polmoni, come i polmoni che Nina non stava usando. L'aria era bloccata.

Sentiva il tempo dilatarsi dietro la sua schiena, il passato che le scivolava via di dosso.

Rimanevano poche cose.

Neri.

Lei.

Quel divano sotto il velluto rosso scuro, incupito dal tempo.

Di punto in bianco si piegò su di lei, la strinse, e fece la strada indietro, attraverso la polvere, le sedie e i mobili del magazzino.

Se ne va, pensò Nina, voltandosi.

Ma la luce del sole di luglio si richiuse insieme alla porta, le tende chiare si mossero, e infine Neri ricomparve, sorridendo.

Lo prese per mano, in piedi di fronte a quel divano rosso, una specie di altare.


Neri

Si era così tante e tante volte immaginato quel momento, da rimanere sorpreso dall'incontrollabilità del caso.

L'aveva vista nuda talmente tante volte, da poter ripercorrere la strada che andava dal collo, alle cosce tese, alla piega del braccio dietro il gomito.

Si avvicinò al fine ultimo di tutti i suoi desideri.

Le si fece vicino, la polvere che aleggiava nell'aria calda e rarefatta di quello che sarebbe stato uno dei pomeriggi, dei tanti pomeriggi indimenticabili con lei.

La voleva.

Adesso.

Si prese il tempo che riteneva necessario per godersi fino in fondo ogni respiro, fino ad accorgersi che era lei quella più in difficoltà. Le girò intorno, come se volesse osservarla a fondo, ora che era nuda per metà, i capelli ancora umidi, le sue mani che vagavano ansiose sul suo petto. La baciò, tutta, e in ogni istante la vedeva splendere, come una piccola Luna bruna, come se il suo corpo fosse l'unica cosa che potesse scorgere, in cielo e in terra, come se acqua e cibo non fossero sufficienti, come se quello splendore rifulgesse sul serio insieme al suo desiderio.

A differenza di ciò che si era sempre aspettato, perse il controllo, nell'attimo in cui fui lei a recuperarlo. Si distesero sul velluto, finché Nina non scivolò sotto di lui.

La prese.

Inizialmente non distinse nulla di più del caldo, il calore intenso e le unghie di Nina sulle sue spalle. Poi sentì il velluto rosso tra le dita, il piacere che si propagava senza sosta insieme alla lentezza dei suoi movimenti. Nina ansimava sotto la sua bocca e lui cercava di aggrapparsi a un minimo di lucidità per non perdere completamente la testa.

Sto facendo l'amore con te, pensava, fissandola nei laghi verdi veleno che aveva tanto desiderato, e per un attimo credette che sarebbe stata la felicità, e non l'eccitazione, a rovinare tutto.

Si interruppe solo per permetterle di prendere possesso di lui, e se la ritrovò sopra di sé, la chiave d'argento che le oscillava sui seni. La sentiva premere su di lui, il suo corpo da indigena, potente e incontrollabile.

Quindi è così, si chiese più di una volta, mentre si sentiva dentro di lei, e cominciava a rilassarsi, lentamente.

Si sdraiò di nuovo su lei, la pelle imperlata dal sudore. La baciò, la accarezzò, senza fine. La prese di nuovo, con più forza e più consapevolezza, come se avesse già intuito cosa continuava a chiedergli quel corpo meraviglioso.

Immagazzinò ogni punta di piacere che gli arrivava dal corpo di Nina. Ogni lamento che lei riusciva a strappargli, ogni morso che le lasciava sul collo, lungo la catenina d'argento. Riempì i polpastrelli del tocco che avevano sulla pelle scura di lei, l'amò con ogni fibra del suo corpo perché sapeva di non poter più amarla con il cuore soltanto. Usò lo stomaco vuoto e la mente invasa dalle immagini di quei mesi insieme per amarla e desiderarla con ancora più foga.

Scoprì che non si acquietava la fame che sentiva di Nina, neanche mentre la teneva con i fianchi incollati al velluto, e con la bocca scendeva tra le gambe. Le mani andavano da sole con una accortezza che non credeva di avere, mentre le poggiava sui suoi seni e lei si muoveva su di lui, come un'onda, come una sirena, come una tempesta. A tal punto si sentiva sconvolto.

Eppure, fu tutto nullo in confronto al rumore del suo cuore che ritrovava un battito normale, e lo ritrovava insieme alle labbra di Nina premute sulle palpebre.

Aveva sempre immaginato che in un momento del genere persino il mondo gli sarebbe sembrato superfluo. Invece, percepiva distintamente tutto ciò che stava accadendo e tutto ciò che loro due, insieme, riuscivano a tenere al di fuori.

Il resto non era inutile, era complementare. E sapere che cosa entrambi erano riusciti a scavalcare, per trovarsi adesso, pelle, mani e respiro, insieme, gli mozzava il fiato. Aveva tutto, in quell'esatto istante.

Mi basterai, pensò improvvisamente, mi basterai solamente tu.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 19, 2020 ⏰

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