Il mio sabato otto maggio iniziò non alle sette di mattina, come tutte le mattine, ma alle cinque della notte. Da quel momento in poi, dormire fu pressoché impossibile, e comunque neanche pensabile.
Neri non respirava. Annaspava.
Mi si gelò il sangue nelle vene quando trovai la forza per avvicinarmi. Era totalmente scoperto, bagnato fradicio, e non riusciva a respirare. Il petto gli si gonfiava e sgonfiava ad una velocità impressionante, come se avesse appena finito una lunga corsa. Era sveglio. Quando si accorse della mia presenza cercò di controllarsi, ma ovviamente non poteva.
<<Stai calmo>>, dissi senza dar segno di alcuna emozione.
Lui scosse la testa. Non ce la faceva a contraddirmi, ma neanche a rispondermi. <<Da quanto è iniziato?>>.
I suoi occhi si aprivano e si chiudevano, rendendomi ancora più disperata. Fece un cenno con la mano, e capii che era iniziato solo in quel momento, qualsiasi cosa fosse. Forse eravamo ancora in tempo.
Allora corsi. Corsi a prendere il telefono. Svegliai Woody, svegliai Claire, poi svegliai anche Norbert e Georg. Corsero anche loro. Suppongo che Claire si fosse offerta per avvertire i nonni. Io non potevo staccarmi da Neri. Cercavo di dargli sollievo in qualsiasi modo possibile. Lo misi su un fianco, ma fu persino peggio. Il respiro si bloccava ancora di più.
<<Non riesci a respirare normalmente, neanche se ti sforzi?>>, gli chiesi mentre lo tenevo tra le braccia, leggermente sollevato.
Non riusciva più ad aprire gli occhi, tanto era lo sforzo. Fece cenno di no, mentre gli asciugavo il sudore con il lenzuolo, mentre osservavo il suo meraviglioso corpo dilaniato da quel respiro che non gli dava pace.
Sentii odore di vomito. Mi resi conto che neanche era riuscito ad alzarsi. Ce n'era una pozza sul pavimento. Ero sotto shock.
Arrivò l'ambulanza. Qualcuno si affacciò dalla finestra. Accorse qualche vicino. Poi salirono in casa, più svelti che potevano. Ci trovarono abbracciati, io, Neri, e ciò che lo stava torturando.
Quando il dottore ebbe finito di visitarlo, disse solo che andava ricoverato il più velocemente possibile.
<<Che cos'è?>>, chiesi, anche se forse non volevo saperlo.
La guardia medica neanche mi rispose, e allora capii che non volevo saperlo.
Mi vestii in fretta, con la tuta da ginnastica abbandonata sulla spalliera la notte precedente, presi la borsa, un ricambio per Neri e per me, le sue medicine, i suoi boxer, la sua tuta e qualche t-shirt, il suo bloc notes e un lapis per i suoi disegni.
Disegnerà ancora?, mi chiesi quando per ultima cosa vidi le facce sconvolte di Paolo e Lilia, mentre chiudevano i portelloni dell'autoambulanza. Partimmo a una velocità folle, rischiando tutti la vita per quelle montagne scoscese.
A metà tragitto, come se non bastasse, Neri iniziò a lamentarsi. A ogni respiro sconnesso, mugolava. Gli posai una mano sulla sua, gliela strinsi.
<<Cane rognoso>>, lo chiamai con il sorriso più triste che avessi mai sentito. Gli accarezzai le guance, il collo, le labbra. Ma continuava a non darsi pace.
Tenne gli occhi chiusi quando disse, con un enorme sforzo di concentrazione: <<Acqua>>.
Dargli un bicchiere era impossibile. Tremava, e il contenuto sarebbe arrivato prima per terra che alla gola. Mi voltai verso la guardia medica seduta al mio fianco. <<Sta chiedendo dell'acqua>>, lo informai.
Mi guardò con un'espressione neutra. <<Non posso dargliela finché non sapremo cos'ha>>.
<<Gliela dia>>, dissi con rabbia quando Neri la richiese venti minuti più tardi, aprendo gli occhi e ricadendo immediatamente nella sua semi incoscienza.
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Quando io non sogno
RomanceNina da tempo non sogna più. Le sue notti sono sempre identiche, un sipario nero da cui non filtrano immagini o suoni. Neri, il suo inaspettato coinquilino, la costringe a fare i conti con la realtà. Saranno ancora sogni o nuovi incubi? "Io ero chi...