Passammo due settimane

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Passammo due settimane di notti folli, in cui fare una vera pace era impossibile, perché non bastava mai. Non accennava a passarmi lo stupore di averlo, di non dover più combattere contro quello che sentivo, di svegliarmi ogni mattina e sapere che c'era. C'era qualcuno, per me, e non era solo qualcuno.

Era Neri.

Non mi lasciai andare alle bugie, non ingannai me stessa descrivendomi in testa chissà quali ammirevoli acrobazie. Non cercai di fissarmi nella memoria ogni più piccolo particolare per doverlo poi rimpiangere le volte successive. Non fui codarda né avara. Mi lasciai semplicemente andare alla deriva, proprio come nei giorni di sconforto, e Neri mi seguì.

Ma mi accorsi di quella sensazione persistente di dejà-vu. Non ne ero amareggiata, o infastidita. Direi che ne ero affascinata.

Avevo già provato il sapore della sua pelle, centinaia di volte, questo il mio corpo riusciva a urlarmi.

Neri mi aveva già desiderato in quel modo per mille notti antecedenti il mio arrivo nella sua vita, e io lo avevo già sognato nei miei sogni inesistenti ancor prima di conoscerlo.

Mi aveva già baciata a quel modo, solo che per sbaglio si era confuso con altre ragazze prima di me, che non mi somigliavano affatto.

Il bambino di cui ero innamorata all'asilo aveva il suo stesso modo di ridere, e io l'avevo ritrovato in lui.

E per di più, ero finita a letto con altri prima di incontrarlo, semplicemente perché volevo essere pronta per lui.

Neri continuava a rimandare, facendomi perdere il sonno, ogni notte, pensando che sarebbe stata quella giusta.

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Una settimana dopo l'arrivo di Alessio, la domenica sera, uscimmo per pub, tornando al Gatto Nero, custode di ricordi non troppo piacevoli. Stavo vicino al bancone con un cocktail in mano, aspettando che Claire tornasse dal bagno, sorridendo al vuoto al ricordo della maglietta rossa su cui si era gettata Cristina.

Quanto tempo prima? Un mese, due? I ricordi si erano confusi, dal momento in cui Neri era tornato a casa. In ogni caso, pensavo rigirando il ghiaccio nel mio bicchiere, il tempo si allungava e si dilatava con strane pause. Quando soffriamo. E quando gioiamo.

<<Ehi>>.

Sai, avrei voluto dirgli. Sei la cosa più bella che abbia mai visto.

Si mise seduto accanto a me, con una conversazione improbabile. <<Come mai tutta sola?>>.

Scrollai le spalle, seguendolo. <<Il mio ragazzo è di là con gli amici>>.

<<E tu lo lasci andare?>>.

<<Sì>>, gli dissi scostandomi una ciocca di capelli dal viso. <<Gli lascio quanta corda vuole>>.

<<E perché?>>.

<<Perché si impicchi>>.

Rise forte, con i gomiti appoggiati al bancone e le braccia fasciate in una maglietta nera. Da quando il freddo ci stava abbandonando, era uno spettacolo non vederlo infagottato in un maglione.

Mi fulminò con uno dei suoi sguardi, spingendosi contro di me, davanti a tutti. Era la prima volta che si esponeva in pubblico.

<<Allora aspetterò>>.

<<Che cosa?>>.

<<Che si impicchi>>.

<<A che pro?>>.

Quando io non sognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora