Parte prima (e prima della tempesta) - CAPITOLO 2 - Robert

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"Guardami, guarda dentro gli occhi il tuo bel principe azzurro." Con la mano sinistra le prendo il mento stringendo con forza, le guance affondano sotto la presa del pollice e dell'indice, stringo così forte che posso sentire le sue ossa tremare. La guardo dritta negli occhi fin quando la vista non viene interrotta da un ciuffo di capelli ricci che scende all'improvviso dalla mia testa. Sorrido amaramente. Questo non era previsto. Ora sono arrabbiato. "Staremo insieme per sempre, te lo prometto."
Lei si dimena, inutilmente si muove avanti e indietro, a destra e a sinistra, il corpo bloccato sulla sedia dato che caviglie e polsi son stati legati con delle corde robuste e ruvide. Sarebbe stato tutto più semplice se non avesse provato a scappare.
Estraggo il coltello nascosto dalla mano dietro la schiena.
Ed eccola qui: la paura.
Annusò l'aria avvicinandomi ai gemiti, al piagnucolio, alle lacrime che stanno bagnando il viso.
"Sssh, non piangere." La rassicuro accucciandomi per guardala dal basso verso l'alto, la luce è data solo da una lampadina posizionata sopra la sua testa ma è sufficiente per vederla per intero, per analizzare questo viso terrorizzato e allo stesso modo eccitante.
Con la mano libera porto la falangina del dito indice sopra al naso, gratticchio appena e poi le do un bacio. Un bacio violento, forte, non ricambiato, premo così tanto che posso sentire i suoi denti attraverso le labbra.
"Ti prego Sean, non farlo..." frigna appena può tornare a parlare.
Come risposta sospiro scuotendo la testa, analizzo il coltello, la lama lucida e affilata pronta a colpire, posso specchiarmici attraverso talmente l'ho pulito con cura e attenzione.
"Emily, tesoro mio, con che cosa fa rima 'non farlo'?" mi alzo in piedi, i suoi piagnucolii mi stanno innervosendo e so che mi spingeranno al limite.
Non sono nemmeno più eccitato come vorrei.
"Sean..."
Sorrido attraverso la penombra della stanza: "Non farlo fa rima con eliminarlo!"
Abbasso il coltello di scatto per finire sulla sua gola...

"Stop!"
Le luci dello studio si accendono in lampi di neon bianchi, devo sbattere gli occhi più volte per abituarmi nuovamente alla luce, mi guardo cercando di non perdere l'equilibrio, sono sempre stato un po' troppo sensibile agli occhi, forse perché sono color verde chiaro, da qualche parte avevo letto o forse sentito dire che chi ha gli occhi tanto chiari rischia di soffrire di ipersensibilità (per la serie: mai una gioia).
Non appena le pupille si riabituano poso immediatamente lo sguardo verso la ragazza ancora seduta sulla sedia ma priva delle corde che la tenevano ferma: "Ti ho spaventata?" chiedo impaziente.
"Diavolo, si!" borbotta fulminandomi e tirando su col naso, che abbia pianto sul serio?
"Hai spaventato tutti Robert, non ho mai sentito un silenzio tale e una tensione simile in studio. Scena perfetta!" Mi arriva una fortissima pacca sulla spalla che mi piega a metà, non ho bisogno di girarmi per capire che è il regista ad aver parlato, un uomo grosso tre volte me...e con un cuore altrettanto grande. "Sicuro di non avere un passato come serial killer?" domanda questa volta con un sorriso non troppo convinto.
Alzo le mani in segno di resa, è più basso di me con un paio di folti baffi neri che ricordano molto le mode d'altri tempi. "Beccato!"
Scoppiamo entrambi a ridere fin quando non mi allunga una serie di fogli: "Prendetevi dieci minuti di pausa." Grida verso la stanza attirando l'attenzione di tutti: "Poi si ricomincia!"
"Aspetta, in che senso? Non era una scena perfetta?"
Il regista indica il copione: "Gireremo la scena delle torture, ripassa!"
Come risposta porto la mano destra di piatto sulla fronte a mo' di saluto militare: "Si, signore!"
A grandi passi e cercando di evitare come meglio posso i commenti e i complimenti di tutti quanti, corro verso il mio camerino, la prima cosa che faccio è buttare il copione sopra al piccolo tavolinetto utilizzato solamente dai truccatori.
Andiamo, recito da quando avevo sei anni! Non vedo perché dovrei ripassare il copione di una parte per cui sono famoso!
Mi guardo allo specchio portando le mani sotto al mento senza barba. Eccomi qui: Robert Alexander Shannon, trentadue anni, attore professionista, irlandese di nascita ma americano di adozione.
Recitare è sempre stato ciò che mi riusciva meglio, dalle scuole elementari in cui nella prima recita ero niente meno che Robin Hood, a quella di Amleto a quattrodici anni che ha praticamente consacrato la mia fama. Devo ammettere che la fortuna mi ha sempre tenuto a braccetto, il fratello di mamma, zio Paul, è infiltrato nel mondo di Hollywood e manager di tanti attori ormai diventati premi Oscar, quando tornò in Irlanda proponendo ai miei di portarmi con sé, fui eccitato all'idea! Certo mi dispiaceva (e mi dispiace tutt'ora) lasciare mamma e papà, i miei amici e la mia fidanzatina laggiù ma quando mi sarebbe mai ricapitata un'occasione simile? Col passare degli anni non me ne pentii. Prima erano solo apparizioni per pubblicità di vestiti per ragazzini, poi in sitcom come amico del protagonista, poi protagonista in una serie tv e infine vero e proprio professionista di horror e thriller. A quanto pare il mio fascino è letale ma allo stesso tempo attraente e la maggior parte dei registi del settore mi vorrebbe nel proprio cast, tanto che mi è stato affibbiato il soprannome di Rubacuori Assassino. Carino, eh?
Il trillo del cellulare mi risveglia da questo breve tuffo nel passato, mi succede spesso quando sono da solo e non ho altro a cui pensare, osservando lo schermo ritrovo il nome della persona che aspettavo.
"Ciao zio!" mi siedo sopra al tavolo prendendo in mano vari oggetti usati dalle truccatrici e mettendoli in ordine giusto per ingannare il tempo.
"Robert, come sta andando?"
Sempre la solita ansia di zio Paul, abbozzo un sorriso: "Bene, siamo un attimo in pausa."
"Che scena avete girato?"
"Il primo omicidio, ora dovrò torturare la seconda vittima."
"Dio mio, lo dici con una tranquillità da far rabbrividire!"
"Andiamo zio, sai meglio di me che è solo finzione!" salto giù dal tavolino stiracchiandomi un po', ora che ci penso avrei una voglia pazzesca di farmi una dormita di almeno mezza giornata! Non ricordo l'ultima volta in cui ho riposato sul serio.
"Perdonami se ti ho lasciato solo, ma avevo delle faccende in sospeso."
"Ho trentadue anni, sono abbastanza adulto."
"Si, ma resterai sempre una mia responsabilità."
Sorrido con tenerezza. Non gliel'ho mai confessato e non gliel'ho mai sentito dire, ma credo che zio si senta in colpa per avermi portato via di casa in un'età così giovane. Nessuno gliene ha mai fatto una colpa, anzi, eppure sembra sempre agitato quando si tratta di me.
Però ammetto che questo suo comportamento un po' mi rende felice, sotto sotto a tutti fa piacere quando qualcuno si preoccupa per noi. E' un po' come tornare bambini.
"Senti Robert." Ricomincia e dal cambio del tono di voce so già dove sta andando a parare, ovvero all'argomento che da ben sei mesi a questa parte mi sta torturando nel peggiore dei modi. "Mi ha richiamato il signor Bodow e..."
"No, non reciterò in un film romantico." Taglio corto interrompendolo sul nascere. "E no, non cambierò idea."
Certo, il lavoro di attore significa saper recitare qualsiasi ruolo ma non mi ci vedo proprio come latin lover che fa sospirare ancora di più le ragazzine e le donne di tutto il mondo illudendole con una pellicola. Ci sarà un motivo se sono single, no?
"Ma Robert, hai idea di cosa possa significare per te?" solita prassi, zio inizia ad agitarsi. "Della pubblicità in più che ti faresti!"
"Non ne ho bisogno! Ho un conto in banca con dieci cifre e riesco a mantenere mamma e papà senza che le mie azioni ne risentano in alcun modo, non voglio altri soldi!"
"Ma che soldi! Sai cosa intendo! Le ragazzine e le donne non guardano gli horror e i thriller."
"E invece si." Ribatto guardandomi allo specchio. "E lo sai perché? Perché ci sono io!"
Silenzio.
Zio sa benissimo che ho ragione.
Come io so benissimo che è un tipo che non sa arrendersi.
"Promettimi che ci penserai. Ormai è ora di voltare pagina, non credi?"
Sorvolo su quest'ultima frase, non posso e non voglio agitarmi prima di andare in scena.
"Sono sei mesi che ci penso, cosa credi possa farmi cambiare idea?" per sicurezza do un rapido occhio allo schermo del cellulare, i dieci minuti di pausa stanno passando più svelti del previsto e sento che li sto sprecando: "Dai zio, devo andare, ci risentiamo."
"Ok, buon lavoro."
"Anche a te."
Chiudiamo la conversazione nello stesso momento, resto imbambolato a guardare il faccione di Paul sotto al suo nome.
Io in un film romantico? Ma per favore...L'amore non esiste nella vita reale, figurarsi nei film.
"Che stronzata." Sbuffo uscendo dal camerino, tornando a quello che so fare veramente bene: uccidere.
Per finta, ovviamente.

All'improvviso come la Neve - Gerini AliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora