11. Datti 'na svegliata.

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«Perché hai un bernoccolo sulla fronte?», con gli occhi ancora assonnati ed i capelli decisamente fuori posto, questa è la prima cosa che dice Luca non appena mi vede.
Inzuppo un biscotto nel latte e sospiro rumorosamente: «Mattia», ringhio.
«Ti ha dato una testata?», sbadiglia e si ferma davanti alla macchinetta del caffè.
«Stava cercando di tenermi ferma, mi sono mossa in fretta e sono andata a sbattere contro il tavolino»
«Perché stava...», sbadiglia ancora e scuote la testa, «Boh. Ho troppo sonno per fare un discorso di senso compiuto. Poi ne parliamo».

Annuisco con convinzione e continuo con calma la mia colazione.
Di Mattia non c'è nemmeno l'ombra.
Non che m'importi, eh.
«Hai sentito Mattia uscire stamattina presto? Le vostre stanze sono più vicine».
Il mio amico riempie un bicchiere con del succo di frutta e scuote la testa: «Non ho sentito niente. Ti piace Mattia, Adè?»
«Ma che dici?», scoppio a ridere, «Chiedevo e basta»
«Vabbè», risponde con poca convinzione.
Sto per aggiungere altro, ma il suono del campanello interrompe la nostra conversazione.
«Aspetti qualcuno?», domanda lui.
«No», mi stringo nelle spalle e vado a rispondere al citofono.
E l'agitazione mi colpisce come una pedata allo stomaco.

«Sono Marco, Adè. Apri».
Cerco di riprendermi dallo shock e boccheggio per qualche istante, poi stringo i pugni: «Ti conviene andartene. Il mio coinquilino sta ancora immaginando il momento in cui ti staccherà la testa a morsi. Non so se ricordi, ma è alto quasi due metri e fa boxe»
«Non m'importa niente di lui»
«A me non importa niente di te, fai un po' tu. Ciao», quindi rimetto la cornetta apposto e torno in cucina come se nulla fosse successo.
Ma le mie mani tremano.

Il campanello torna a suonare insistentemente e Luca mi fissa con un sopracciglio inarcato: «È Marco?»
«Tu continua a mangiare», borbotto, «Adesso smette».
Però non sembra intenzionato a staccarsi dal campanello.
Facciamo colazione in assoluto silenzio mentre Marco continua con la sua tortura.

Un improvviso botto mi fa sussultare e sgrano gli occhi quando vedo Mattia attraversare il corridoio a grandi passi, i pantaloncini di una tuta e l'addome nudo messo ben in mostra.
Si dirige verso il citofono e non faccio in tempo a fermarlo che tira su la cornetta: «Sali, se hai il coraggio. Sali che ti spacco la faccia. Coglione», quindi preme il tasto per aprire il portone e sia io che Luca rimaniamo paralizzati.
Lo ha fatto davvero?

Il mio amico si riprende dallo shock prima di me e corre verso Mattia: «Lascialo stare, Mattì. Per ora Marco non è in sé. È un bravo ragazzo. Ed è pure figlio di un avvocato con le palle, non vorrei dirtelo»
«Può essere pure figlio del Papa»
«So che ce l'hai con lui per il taglio in faccia, ma-», Luca sta cercando di farlo ragionare, ma il mio coinquilino non sembra voler sentire ragioni e apre anche la porta dell'appartamento.
«Mattia, per favore», la mia voce trema quando parlo, «Ti chiederà scusa, okay? Ci parlo io».

Lui finge di non sentirmi e raggiunge le scale, quindi torna indietro e scuote la testa: «Non è nemmeno entrato, cuor di Leone»
«Perché Marco è contro la violenza», farfuglio e vado ad affacciarmi alla finestra per vedere se il mio ex è andato via.
In giardino, di lui, non c'è più traccia.
«Perché è un caga sotto», risponde ed il modo in cui parla mi irrita un po'.
E mi odio perché, nonostante tutto, io a Marco voglio bene.
«Adesso smettila, okay? Cominci a darmi fastidio».

Mattia schiude le labbra, come se non si aspettasse una risposta del genere da parte mia.
Nemmeno io me lo aspettavo, ad essere sincera.
«Ma tu stai male se dopo quello che ti ha fatto lo difendi. Datti 'na svegliata»
«Fatti gli affari tuoi», detto questo, lo fulmino con lo sguardo e mi fiondo in camera mia dove, finalmente, posso mostrare le mie lacrime.

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