30. L'angelo della morte.

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Non so cosa indossare.
Continuo a guardare il mio riflesso allo specchio e, davvero, non riesco a trovare l'outfit adeguato.
Dovrei indossare un vestitino? Dei jeans? Tacchi?
Sbuffo e lancio in aria l'ennesimo top, quindi afferro un vestitino rosso e lo indosso insieme a delle Converse.
Recupero la mia giacca di pelle nera e sbuffo.
Basta.
Esco così.
Non mi cambio più.

Esco dalla mia stanza con calma e vado a bussare alla porta della camera di Mattia.
Incrocio le braccia al petto mentre aspetto che il mio coinquilino venga ad aprire.
E mi si mozza il fiato in gola quando lo fa.

Indossa un paio di jeans chiari e rigira tra le mani una t-shirt nera. Il suo addome nudo e scolpito mi lascia senza fiato e boccheggio un po', senza riuscire a dire una parola.
Lui, del resto, lascia scorrere i suoi occhi scuri su tutto il mio corpo ed indugia un po' sulla scollatura a forma di cuore.
«Devi cambiarti», mi dice.
No, vabbè.
«Fammi capire: è da tre ore che cerco di trovare l'outfit adatto e ora arrivo qui e mi dici che non va bene? Che cos'ha che non va?», mi sta venendo il tic all'occhio.

Davanti al mio sclero, Mattia cerca di trattenere una risata: «Non c'è assolutamente niente che non va. Anzi, sei una Dea», afferra la mia mano e mi lascia fare un giro su me stessa, «Però dobbiamo fare una o due soste prima di scegliere dove andare. E non puoi venire così»
«Perché no?», mi sto arrabbiando.
Lui nota il mio disagio e ride, quindi mi abbraccia, prendendomi palesemente in giro: «Fai paura», bisbiglia, poi continua: «Ho dimenticato il cellulare in palestra ed il mio allenatore vuole scambiare due parole con me. Dobbiamo andarci  adesso e non puoi venire lì vestita in questo modo. È pieno di ragazzi e-»
«Ho sentito abbastanza», gli dico, allontanandomi dal suo corpo:  «Andiamo. Posso vestirmi come mi pare»
«Ma-»
«Andiamo», ripeto.

Mattia sorride e scuote la testa, quindi indossa la t-shirt e alza gli occhi al cielo: «Va bene», mormora, indicando la porta in fondo al corridoio, «Prego, da quella parte»
«Grazie», vado a recuperare la mia borsa e stiamo per andare via quando Martina esce dalla sua stanza e posa i suoi occhi su di noi.
Guarda prima me, poi lui.
E ancora me.
«Dove state andando?»
«Oh, uhm-», sono nel panico.
«Usciamo», taglia corto Mattia, «Non aspettarci per cena», detto questo, apre la porta e poggia la sua mano sulla mia schiena per incitarmi a raggiungere le scale.
Mi sembra di sentire le sue dita a diretto contatto con la mia pelle.

Scendiamo le scale in silenzio; io non dico una parola e Mattia continua a lanciarmi delle veloci occhiate.
«Il rosso ti dona», dice poi.
«Oh, grazie!»
«È anche il mio colore preferito», ammette ed io esulto interiormente.
Brava, Adele.
Ottima scelta.
Ogni tanto ne fai una giusta.

Raggiungiamo la palestra in davvero poco tempo.
Questo perché Mattia continua a fingere che il codice della strada non esista.
Lo ignora completamente, superando i limiti di velocità come se non ci fosse un domani.
Sistemo il vestitino sulle mie gambe e lancio un'occhiata all'insegna luminosa, poi mi ritrovo a deglutire rumorosamente quando Mattia afferra la mia mano e lascia intrecciare le nostre dita.
Il mio cuore potrebbe esplodere tra meno di due secondi.

Entriamo nell'edificio così, mano nella mano. Lui non sembra per niente in imbarazzo, a differenza mia che ho le guance a fuoco.
Saluta una signora che è all'ingresso, poi anche altri ragazzi che si stanno dirigendo verso gli spogliatoi.
«Aspetta qui», mormora poi, lasciandomi davanti alla porta aperta di una sala.
Lui entra lì dentro ed io allungo il collo per seguirlo con lo sguardo: c'è un ring, dei sacchi da boxe e diversi ragazzi che si colpiscono a vicenda.
Interessante.

Incrocio le braccia al petto e continuo ad osservare Mattia che cammina con disinvoltura, recupera il suo cellulare e poi comincia a parlare con quello che deve essere il suo allenatore.
Sto ancora fissando il mio coinquilino quando un ragazzo si ferma proprio davanti a me: «Cerchi qualcuno?».
Oddio.
Non si può apparire così all'improvviso.
Rido nervosamente e mi affretto a fare segno di no con la testa: «Nessuno», dico, «Sto aspettando una persona»
«Il tuo ragazzo?».
Ma i fatti tuoi?

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