43. Tu non piangere.

31.6K 1.8K 823
                                    

Sono confusa, scossa e spaventata.
In questo preciso istante, ferma davanti all'ingresso di un ospedale, vorrei solo un abbraccio.
Non uno qualsiasi.
Vorrei uno di quegli abbracci che ti scaldano il cuore, ti riempiono il vuoto dentro e non ti fanno sentire sola.
Fa male non riceverne uno.
E fa ancora più male vedere la persona da cui vorresti essere stretta mentre ti volta le spalle e si allontana.

Osservo la schiena di Mattia e deglutisco più volte, nella gola mi sembra di avere un nodo infuocato.
Lo seguo fino alla stanza di Edoardo, tra le mani tremanti ho ancora la busta con le nostre foto.
Non appena il poliziotto ci vede, corruga la fronte e scruta attentamente le nostre espressioni.
Io sono sconvolta.
Mattia lo sembra anche più di me.
Fissa il vuoto, prende posto su una sedia e continua ad evitare il mio sguardo.
Il suo volto è deformato da una strana smorfia.

A cosa pensi, Mattì?
Tu sai cosa sta succedendo?
«Cosa sono queste facce? E cos'è quella busta?».
Passo la mano sui miei occhi e sospiro, poi lancio una veloce occhiata a Mattia: «Potresti lasciarci soli?».
Il moro, finalmente, punta le sue iridi scure su di me e schiude le labbra prima di parlare: «Perché?»
«Lo conosci il perché. Non voglio vederti, in questo momento. E dato che a causa tua un mio amico è bloccato in ospedale, ti chiedo di andartene. Non ho intenzione di muovermi da qui»
«Nemmeno io»
«Per favore», imploro.

«Non me ne vado senza di te»
«Non mi sembravi della stessa idea, prima», stringo i pugni e mi avvicino di più a lui che è costretto a sollevare la testa per continuare a reggere il mio sguardo.
«Adè, non ti lascio qui da sola dopo quello che è successo», sibila, lanciando una veloce occhiata ad Edoardo.
È evidente che non vuole aggiungere altro davanti a lui.

«C'è Edoardo. Non sono sola»
«Ah, fantastico!», una risata nervosa sfugge dalle sue labbra, «Lui sì che potrebbe difenderti dal suo lettino d'ospedale!»
«Difenderla da cosa?»
«Non sono affari che ti riguardano», sbraita Mattia, passandosi una mano tra i capelli.
«Non voglio essere difesa», ribatto.
«Adè, mi stai facendo incazzare. Smettila»
«No. Vattene. Non voglio vederti»
«Penso che dovresti andartene», aggiunge Edoardo, l'espressione seria.

Il mio coinquilino, adesso, sembra perdere la pazienza e fulmina con lo sguardo il poliziotto: «Dimmi una cosa, Edoardo, qualcuno ha chiesto la tua opinione?»
«No, ma-»
«Allora vedi di chiudere quella bocca. Mi stai davvero facendo girare le-»
«Mattia», lo interrompo. Sono sfinita. «Potresti almeno uscire dalla stanza?».

Non mi risponde nemmeno. Muove nervosamente la bocca, stringe i pugni ed esce, sbattendo la porta alle sue spalle.
«Un ragazzo tranquillo», Edoardo commenta con sarcasmo, «Posso sapere cos'è successo?».
Passo il peso del mio corpo da una gamba all'altra, poi prendo posto e gli racconto tutto.
Gli mostro le foto, la scritta dietro ognuna di esse e riporto anche le parole che mi ha detto Mattia.
Tutto.
Lui rimane ad ascoltare attentamente, cercando di cogliere più informazioni utili: «Quindi ti ha lasciata?»
«Proprio così»
«Questo ci fa capire tre cose, Adele», sistema meglio la sua schiena contro il cuscino e comincia: «Punto primo, lui sa chi è lo stalker»
«Lo penso anch'io»
«Punto secondo, quest'uomo non ce l'ha con te, ma con lui»
«Esatto»
«Punto terzo, Mattia vuole solo proteggerti. Sta cercando di allontanarti. Per il tuo bene»

«Non ho assolutamente intenzione di stargli lontana», esce fuori come un ringhio, «Anzi, adesso che so che qualcuno lì fuori vuole, in qualche modo, fargli del male... Sento il bisogno di stargli attaccata e-»
«Proteggerlo?», si lascia sfuggire una risata.
«Beh, sì. Tu mi aiuterai», borbotto, «E anche i tuoi colleghi. Non hai una squadra o qualcosa del genere?».
Edoardo scuote la testa e accenna un sorrisetto divertito: «Stagli vicino», mi dice, «Al resto ci penso io».
E mi sento già più tranquilla.

SETTIMO PIANO. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora