Sono passati cinque giorni dal mio incidente ed il dolore non sembra proprio volermi abbandonare.
Ogni movimento mi provoca sofferenza e faccio fatica anche a passare da una stanza all'altra dell'appartamento.
Oggi, però, ho deciso di uscire.
Ho bisogno di cambiare aria, vedere gente e riprendere la mia vita in mano.
Mi preparo lentamente, faccio colazione con altrettanta calma e poi, finalmente, raggiungo le scale.
Ohw.
Fine dell'avventura.Mi aggrappo alla ringhiera e scendo un gradino, poi un altro.
Soffio dell'aria fuori dalle labbra e cerco di non far uscire alcuna lacrima dai miei occhi.
Non devo rovinarmi il mascara.
Forza.
Ancora un gradino.
Procedo con questa lentezza fino al quinto piano, dove mi fermo con gli occhi appannati.
Ho fatto una cazzata.
Dove voglio arrivare in queste condizioni?Sto praticamente abbracciando la ringhiera, in preda al panico, quando sento la voce di Mattia alle mie spalle: «Adè, ma che stai facendo?».
Mi mancava solo lui.
Alzo lo sguardo e tiro su col naso: «Volevo andare a lezione!», sbraito, questa situazione mi rende piuttosto nervosa, «Ma la mia gamba non collabora, la mia costola mi tortura e tutti questi lividi mi stanno facendo diventare pazza! Adesso me ne torno a casa, comunque. Ignorami pure».Il moro sospira rumorosamente e serra le labbra: «Dai, ti porto io», tira su il mio corpo e allaccio le braccia attorno al suo collo: sto cercando di non fargli notare l'agitazione che mi provoca questo contatto.
Lui comincia a scendere con calma le scale: «A che ora finisci con le lezioni?»
«Alle sei», mormoro.
«Okay. Aula?»
«Aula due, perché me lo chiedi?»
«Così vengo a recuperare il tuo cadavere», sorride ed io scaccio via le farfalle nello stomaco.
Ti ha scaricata, Adele.
Ricordalo sempre.
Lo odi profondamente. Ricordalo.«Non c'è bisogno», sbotto, «Mi accompagnerà qualcun altro»
«Ci penso io, Adè»
«Avrai sicuramente altri impegni»
«Alle sei sarò in aula due, okay? Ci penso io», ripete ancora.
«Guarda che non sei obbligato a-»
«Adele, per favore, non discutiamo anche per queste sciocchezze. Chiudiamo l'argomento. Voglio un po' di pace»
«Va bene, va bene. Non ti scaldare»
«Non mi scaldo»
«Non si direbbe», osservo la sua faccia rossa a causa dello sforzo che sta compiendo in questo momento e decido di spostare con un dito il ciuffo di capelli che copre i suoi occhi scuri.«Grazie», sussurra.
«Grazie a te», gli dico, «Stai salvando la mia giornata»
«Sembravi disperata, sai, abbracciata alla ringhiera con le lacrime agli occhi. Perché non mi hai detto prima che volevi uscire? Ti avrei evitato la fatica»
«Perché non parliamo da giorni. Perché sei sempre arrogante, aggressivo, presuntuoso e bipolare»
«Giusto», commenta, «Mi dispiace. Mi dispiace per questa situazione. Non mi fa stare bene, Adè. Non volevo essere sgarbato, quella sera. Ero nervoso e me la sono presa con te. Non volevo arrivare a questo».Deglutisco e impongo a me stessa di assumere un'espressione indifferente: «Nemmeno io», dico, «Ma ci siamo arrivati»
«Possiamo rimediare, Adele. In fondo, viviamo nella stessa casa. Non ha senso non parlarsi a causa di due bacetti finiti male».
No, vabbè.
Ogni volta che apre bocca mi fa venire voglia di prenderlo a testate.
Due bacetti.
D U E.
BACETTI.
Scoppio a ridere nervosamente ed il mio torace s'infiamma di dolore, quindi smetto immediatamente.«Mattì, non tocchiamo più l'argomento, cortesemente. Ogni volta fai sempre peggio»
«Lo so», ammette, «Scusa. Non riesco ad esprimermi come vorrei»
«Ho comunque afferrato il concetto, non preoccuparti. In fin dei conti, c'è stato solo qualche bacetto», lo imito, mostrando una strafottenza che non mi appartiene.
La verità è che io a quei bacetti ci penso spesso e mi pare di sentirli ancora sulle labbra.
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SETTIMO PIANO.
ChickLitSOSPESA Immaginate un appartamento abitato da un gruppo di amici ed uno sconosciuto. Aggiungeteci un po' di baldoria, le lezioni, le sessioni d'esame, qualche tradimento, la gelosia, gli ex che ritornano ed un coinquilino tanto bello quanto odioso. ...