Flashback -La morte e il primo bacio-

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Luglio 2006. Sono sola al mondo. Mia madre è andata via di casa come un adolescente in preda agli ormoni. Piena di speranze, come chi pianifica una sommossa contro lo Stato. Mio padre ha resistito qualche mese, poi si è ucciso. Natacha è l'unico genitore che mi resta, forse da prima che i miei, quelli veri, venissero meno. Vorrei essere davvero figlia sua. Sentirle dire che le somiglio, essere la sorella di Nikita. Avere il suo stesso sangue. Mia nonna ha preso con sé mio fratello, ma io non voglio vivere con lei, la sua casa mi spaventa. Ho il terrore che i miei vestiti prendano il suo odore. Ho imparato a fare la lavatrice apposta per impedirlo. Ho detto cos'è accaduto soltanto a Nikita e sua madre, non voglio che la voce si diffonda, non voglio sentirne parlare. Ieri hanno sepolto mio padre in una buca scavata nella terra, avrei voluto ci fosse mia madre con lui. Invece lei vive a venti minuti da qui ed ho il terrore d'incontrarla. 

La morte di mio padre non è stata uno shock come chiunque crederebbe, in qualche modo mi ero preparata a questo evento. Mia madre continuava a ripetere quanto fosse debole, quanto non riuscisse a renderci felici. Quanto lei fosse stanca. Sapevo se ne sarebbe andata un giorno o l'altro, speravo soltanto mi portasse con lei.

Mia nonna, che di tanto in tanto viene a controllarmi, inorridisce quando vede che mi sto vestendo per andare ad una festa. Lei è vestita a lutto, con il viso distrutto dalle lacrime. Eppure non ha fatto mai nulla per salvare quel figlio che ora rimpiange. Mentre sbraita e mi insulta resto impassibile, passando più e più volte il mascara sulle mie ciglia. Mi sono infilata un tubino nero trovato durante il saccheggio all'armadio di mia madre. Mia nonna continua a sgolarsi, mi ripete quanto io sia ingrata e povera di spirito, quanto io sia una delusione per Nostro Signore, poi si accascia svuotata sul letto. Per un attimo mi illudo sia morta anche lei.

Rebecca passa a prendermi alle nove. Quando mi vede scende dal motorino e comincia a frugare nella borsa.

«Ci sei mai salita su uno scooter?»

Scuoto la testa.

«Beh mi pare evidente, altrimenti ti saresti legata i capelli.»

Mi porge un elastico appena riemerso dal fondo della sua pochette. Intreccio i miei capelli e li lego.

«Ci ho messo un'ora a piastrarli.»

Si toglie il casco dalla testa e mi dice di indossarlo.

«E tu?»

«Non ti preoccupare.»

Parcheggiamo in una via buia e sterrata, in un punto dove la strada si allarga leggermente. Ho le ginocchia ghiacciate e le dita delle mani indolenzite per come mi sono aggrappata al vestito di Rebecca. Lei ride guardando il suo abito completamente sgualcito. L'entrata della villa è qualche centinaio di metri più avanti, un'amica di una nostra conoscente festeggia il suo diciottesimo compleanno. Non dovremmo neppure essere qui.

Appena dentro prendiamo due cocktail a testa e ci allontaniamo. Ci sediamo sui gradini che danno verso la piscina.

Rebecca indossa un abito kimono con degli spacchi sui lati, lungo fino alle caviglie, color carta da zucchero. Amo il suo vestito, non riesco a staccare gli occhi da lei. Mi dice che l'ha cucito sua sorella che frequenta l'accademia di moda.

«Riesci a berlo tutto d'un fiato?»

Mi chiede indicando il mio bicchiere ancora pieno. Annuisco. Portiamo il bicchiere alle labbra e lo svuotiamo storcendo la bocca per il disgusto.

«Che cazzo di schifo è?»

«Non lo so, credo ci sia del rum.»

Mi sembra d'aver ingoiato un flacone di deodorante.

Ci guardiamo per qualche secondo e prosciughiamo anche il secondo bicchiere.

«Madre, se fa schifo.»

Rebecca comincia a ridere. Le sue guance sono diventate rosse.

«Adesso prova ad alzarti, Ottavia.»

Lo facciamo tenendoci per mano, ridendo come due idiote.

«Stendiamoci sul prato, sta arrivando un sacco di gente da questa parte.»

Ci togliamo le scarpe e camminiamo a piedi nudi sull'erba, barcollando. Mi sembra di vedere delle lucciole giù in fondo, vicino al canneto che delimita la proprietà. Seguo quei bagliori tenendo la mano di Rebecca. La musica si allontana da noi, così come le parole urlate per sovrastarla.

«Guarda, sembrano delle stelle cadute nel canneto.»

Mentre camminiamo Rebecca si siede tirandomi per il braccio, facendomi cadere all'indietro.

«Se ti avvicini troppo si sposteranno. Da qui possiamo vederle bene.»

L'erba è umida, credo sia stata innaffiata da poco. Riesco a sentire l'odore della terra. Sono seduta con le gambe incrociate sul prato fresco. Strappo una manciata di fili d'erba e li porto all'altezza del naso respirando profondamente.

«Ma sei pazza? Mica vorrai mangiarla?»

«No stupida, la sto annusando. Non ti piace l'odore dell'erba?»

Avvicina il suo naso al mio e respira a fondo.

«Non so se mi piace, ha uno strano odore.»

Rebecca si sdraia poggiando la testa sulle mie gambe. Le pettino i capelli all'indietro con le dita.

«Da quanto tempo state insieme?»

«Chi?»

«Tu e Nikita.»

«Non stiamo insieme, siamo cresciuti insieme. Ci siamo conosciuti alle elementari.»

«E tra voi non c'è stato niente, nemmeno un bacio?»

«Nemmeno un bacio.»

«Mah...»

Mi lascio cadere all'indietro. Rebecca mi tiene le mani, intrecciando le mie dita alle sue. Ora che gli occhi si sono abituati al buio riesco ad individuare qualche stella dispersa nell'oscurità. Il canto dei grilli riesce ad emergere dal tappeto di suoni che in lontananza lottano per il dominio.

«Vado a prendere qualcos'altro da bere.»

«Ma poi riuscirai a guidare?»

«Ho guidato in condizioni che tu non puoi nemmeno immaginare.»

Osservo il corpo di Rebecca rimpicciolirsi mentre s'allontana da me e ridiventare grande, tornando. Un'Alice nel paese delle meraviglie completamente ubriaca. Nel cielo non c'è la luna, neppure un minuscolo spicchio argentato.

Non sento più l'alcool mentre bevo dal bicchiere che mi ha appena passato. Comincia a canticchiare sottovoce una canzone che non ho mai sentito, si sente un rumore simile a quello di uno sparo ed il cielo si illumina riempiendosi di luci colorate, vedo le sue labbra muoversi e la sua testa ondeggiare nell'aria fresca della notte, non sento più la sua voce. I fuochi d'artificio si susseguono in alto e la loro luce colorata si riflette sul viso di Rebecca che sembra quasi addormentato. Continuo a fissare la sua bocca. Quando i colpi si susseguono sempre più vicini l'uno all'altro avvicino le mie labbra alle sue e lei immediatamente smette di cantare. In questo frastuono, illudendomi che questo bacio passi inosservato, nascondo la mia lingua nella bocca di Rebecca, cercando la sua. Ingoiando quella canzone di cui non conosco le parole. La bacio con gli occhi aperti, osservando i bagliori del cielo riflettersi sulla sua pelle.

Mimesi (Bianco caldo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora