La marcia

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Nikita non è in casa, mi viene in mente che ho dimenticato di avvisarlo, avrei potuto mandargli almeno un messaggio per dirgli che non tornavo a dormire, mi sento un'idiota.

Faccio il suo numero, squilla. Risponde appena prima che parta la segreteria.

«Buongiorno, stai bene? Io nel dubbio sono andato alla polizia, a domandare se avessero trovato un cadavere che ti somigliasse.»

«Eh?»

«Si ho portato con me una tua foto, quella in cui sei nuda.»

«Io non ho foto in cui sono nuda.»

«Peccato, poteva essere uno scherzo divertente. Sono al supermercato, nel frigorifero c'era la carestia. Ho visto una zucchina ammuffita sul fondo, sembrava chiedesse aiuto.»

«Ti raggiungo, aspettami lì!»

Non gli do il tempo di dirmi di no, che magari ha già quasi finito. Adoro andare al supermercato, guardare i prodotti in ordine sugli scaffali, scegliere cosa mettere nel carrello.

Nikita mi aspetta all'entrata, davanti ad un carrello completamente vuoto.

«Ho rimesso a posto tutto quello che avevo preso, tanto non ti sarebbe stato bene niente.»

«Bravo ragazzo, ottimo lavoro!»

Mentre cammino al suo fianco passa accanto a noi una coppia, avranno trentacinque, massimo quarant'anni. Con loro c'è una bambina con i capelli scuri indossa una tuta da ginnastica turchese. Ad occhio e croce frequenterà la terza elementare. Tira il padre per il braccio per portarlo in direzione del reparto giocattoli. Sorrido incrociando il suo sguardo. Lei immediatamente si volta.

«Sembra una piccola Ottavia»

In effetti quella bambina mi somiglia.

«Un po'.» Gli dico mettendo nel carrello due confezioni di cereali al miele per me e due al cioccolato per lui.

«Ho visto un bambino biondissimo l'altro giorno sul treno. Mi ha ricordato te da piccolo.»

Nikita mi sorride, mi abbraccia al centro della corsia del supermercato, tra lo scaffale dei cereali e quello delle barrette energetiche. Poi si stacca da me guardandomi negli occhi con fare diffidente. Come se avesse intuito qualcosa e la notte trascorsa con Rebecca si fosse rivelata in un fotogramma nella sua mente. Non dice nulla. Riempiamo il carrello compiendo il solito percorso, fino alle casse e poi fuori.

Siamo seduti sul divano, c'è un silenzio strano nell'aria, diverso dal solito, di quelli che si ha paura di rompere.

Non siamo mai stati a letto insieme, eppure entrambi abbiamo l'impressione che si sia compiuto un tradimento. È qualcosa che non diciamo, ma entrambi sappiamo che c'è questo nel nostro silenzio.

Le parole che non diciamo hanno il nome di Rebecca, il suo corpo e il suo odore.

Mi sembra di far troppo rumore respirando. Fisso le mie ginocchia, come se i miei occhi fossero stati incollati e non avessero modo di muoversi.

Il rumore di un singhiozzo mi fa trasalire. Le mie labbra scompaiono nella mia bocca, le mordo. Mi sembra d'avere il torace troppo piccolo, incapace d'accogliere un cuore che scoppia e due polmoni che non riescono più ad aprirsi. Il mio battito ha preso ogni cosa, lo sento nella gola e nello stomaco. Credo d'avere all'interno di me soltanto il cuore, che sta per rompersi.

Quell'oceano di gomma mi respinge, il mio cuore vibra sulla sua superficie impenetrabile. Nikita non è una persona come me, il suo pianto ha il peso specifico del piombo e la capacità di stordirmi rendendomi incapace di reagire.

Mimesi (Bianco caldo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora